Ieri, 8 gennaio, nella Cattedrale di Nola, il vescovo Francesco Marino ha celebrato la Santa Messa Pro Episcopo in occasione del suo XIX anniversario di ordinazione episcopale, a sette anni dal suo ingresso in diocesi.
«Carissimi tutti, sono grato per la vostra presenza, questa sera, e per gli auguri che avete avuto la bontà di rivolgermi, particolarmente cordiali. È questa, prima di tutto, una giornata di preghiera, per il vescovo: voi pregate per me così come io prego per voi, per la Chiesa di Nola, che mi è stata affidata dal Signore. Una preghiera che diventa, ora, concreta, intorno alla mensa, a gloria di Dio e a nostra santificazione», ha detto il presule ad inizio omelia.
Uniti nella preghiera per un circolo di comunione che attraversi il quotidiano
«La preghiera è la consapevolezza che tutto parte dal cuore di Dio: tutto viene a noi dal Padre, in Cristo, nello Spirito e tutto al Padre ritorna attraverso la nostra partecipazione, in Cristo e nello Spirito. C'è un circolo di comunione che attraversa il quotidiano - ha continuato il presule della diocesi di Nola -. Come ci testimonia anche la Parola ascoltata, sulla quale desidero fermarmi, rimanendo in questo clima di intimità e affettuosità spirituale. Riprende oggi il cammino ordinario della Chiesa e questa ripresa avviene sotto il segno della "vocazione", come ascoltato nel vangelo (Mc 1 14-20), che trova il suo fondamento nella manifestazione del Signore Gesù all'inizio del suo ministero pubblico, dopo il Battesimo.
Gesù inizia il suo ministero e questo inizio è riassunto in 4 sue affermazioni che sono fondamentali per capire il Vangelo di Marco: " il tempo è compiuto", "il Regno di Dio è vicino", e si manifesta nella persona di Gesù ed è qui, "convertitevi", invitando ad un cambiamento radicale che trova la sua possibilità di essere proprio perché il Regno è qui, "credete al Vangelo", alla buona notizia che è quello che Gesù è.
Qui c'è tutta la sintesi della vita di Gesù e, in lui, del progetto di amore di Dio - ha aggiunto monsignor Marino -. A questo sussegue il bisogno di Gesù di associare alcuni a sé perché fossero testimoni per essere poi inviati. È la chiamata, la vocazione: evidentemente in questa vocazione c'è quella di tutti i credenti e manifesta la volontà di Cristo di rendere i credenti pescatori di uomini: mentre però i pesci vengono pescati dall'acqua per morire, gli uomini vengono pescati per entrare bella comunione con Dio.
La risposta degli apostoli ci colpisce perché è immediata, completa, totale. Non ci sono, nel racconto di Marco, risposte dialogiche, ma fattive, operative, emblematiche del modo in cui Gesù chiede di entrare nel Regno, per prendere parte con lui. In quella risposta ci siamo noi tutti, con la nostra corresponsabilità e il nostro impegno, come ci ricordava prima il vicario generale. Ed è bello pensare così la nostra vita, come risposta a una chiamata per il bene di tutti. Accogliamo l'invito del Vangelo, oggi. Anche perché il Vangelo di Marco ci dice che questi discepoli "abbandonarono tutto e lo seguirono" ricordando l'esigenza radicale che Gesù richiede: una richiesta che è possibile perchè lui è Dio, perché nessun uomo può chiedere questo, solo Dio e nessun altro uomo. E mi piace qui ricordare che l'evangelista Marco, quando narra della cattura di Gesù nell'Orto degli Ulivi, ricorda che i discepoli lo "abbandonarono e fuggirono", con la stessa velocità con cui lo avevano seguito. E questa è una tremenda possibilità della nostra vita che però non segna la fine della nostra esperienza di fede. Il Signore risorto, infatti inviterà i discepoli qui ma a ritornare al momento del sì iniziale, attendendoli in Galilea. Vocazione è appunto invito a ritornare continuamente al momento iniziale che ridona forza e entusiasmo, a tornare alla Galilea, all'incontro rigenerante con Gesù. Ringraziamo il Signore Gesù per la nostra vocazione che ci portiamo dentro anche quando facciamo fatica. Amen».
Un presbiterio in comunione linfa per l'annuncio del Vangelo
Ad inizio celebrazione, il vicario generale della diocesi di Nola, monsignor Pasquale Capasso, ha portato il suo saluto al vescovo Marino.
«Ecc.za Rev.ma a Voi il saluto della Chiesa di Nola affidata alla custodia e alla premura del Vostro ministero episcopale. È un giorno questo diventato a noi familiare non tanto per sottolineare una data quanto per rinsaldare una relazione fondata su vincoli sacramentali: è la festa della Chiesa di Nola, qui presente con i presbiteri, diaconi, religiosi/e, consacrati/e, il popolo tutto di Dio in comunione con il Vescovo.
Come Chiesa diocesana in sintonia con il Cammino sinodale della Chiesa italiana in questo anno pastorale stiamo portando avanti la riflessione iniziata nel Convegno pastorale di settembre: “ripensare la parrocchia”: partecipazione e corresponsabilità. Essa è il luogo visibile e quotidiano della realtà ecclesiale ma soffre più di tutti la difficoltà di annunciare il Vangelo, di raggiungere le persone e le situazioni.
Le riflessioni del Convegno e gli incontri zonali successivi hanno evidenziato la necessità della corresponsabilità tra le componenti ecclesiali, responsabilità, e non concessioni, che dipendono dalla comune dignità di battezzati, tutti membri dell’unico popolo di Dio. Il ripensare la parrocchia chiede innanzitutto un ripensare il modo di essere di noi presbiteri: la comunione ecclesiale è l’humus per la partecipazione e la corresponsabilità. Soltanto da una convinta comunione, affettiva ed effettiva, nel presbiterio e tra i presbiteri e il vescovo può garantire una rinnovata esperienza ecclesiale per ridare entusiasmo alla testimonianza del vangelo.
Una comunione da coltivare e custodire, una comunione che si nutre di atteggiamenti concreti: una parola accogliente da preferire a un pettegolezzo o chiacchiericcio; magari una correzione fraterna da preferire alla diffusione di critiche o lamentele; fare spazio alla nobiltà del cuore evitando pregiudizi o sentito dire; fare il primo passo senza aspettare sulla sponda del fiume il passaggio del nemico.
Una tale comunione eviterebbe iniziative solitarie ed espressioni personalistiche di apostolato, darebbe linfa ed energia alla preziosa testimonianza laicale.
Affidiamo in questa solenne celebrazione questo “progetto” di vita ecclesiale al Buon Pastore. Affidiamo la Vostra persona alla custodia premurosa di S. Giuseppe e della Vergine Maria. I Santi Patroni Felice e Paolino intercedano per la nostra Chiesa».