L’Azione cattolica della diocesi di Nola ha un nuovo Consiglio diocesano. La proclamazione dei nuovi eletti è avvenuta ieri, 28 gennaio, al termine della giornata che ha visto l’associazione riunita presso il Seminario vescovile per la XVIII Assemblea diocesana elettiva.
Azione cattolica Nola: eletto il nuovo Consiglio diocesano
Sono 21 i membri del nuovo Consiglio dell'Azione cattolica della diocesi di Nola, per il trienni 2024-2027.
Per l’Azione cattolica ragazzi: Amitrano Rachele (parrocchia Sant’Alfonso Maria de’ Liguori – Torre Annunziata); Cirillo Pasquale (parrocchia San Pietro apostolo – Scafati); De Cicco Martina (parrocchia San Michele arcangelo – Saviano); Della Pia Alessandro (parrocchia Santa Maria del Suffragio – Pomigliano d’Arco); Dono Chiara (parrocchia San Sebastiano – Marigliano); Masucci Francesca (parrocchia Santo Stefano – Baiano); Parmarosa Tagliaferro Luca (San Francesco d’Assisi – San Giuseppe Vesuviano).
Per il settore Giovani: Esposito Giovanna (parrocchia San Sebastiano – Marigliano); Giugliano Marilena (parrocchia Maria SS. della Stella – Nola); Guadagno Francesco (San Francesco d’Assisi – Sant’Anastasia); Napolitano Enea (parrocchia San Michele arcangelo – Saviano); Parmarosa Tagliaferro Franco (San Francesco d’Assisi – San Giuseppe Vesuviano); Rocchino Clelia (parrocchia Sant’Alfonso Maria de’ Liguori – Torre Annunziata); Viscardi Enrico (parrocchia Santa Maria delle Vergini – Scafati).
Per il settore Adulti: Formisano Vincenzo (parrocchia San Francesco d’Assisi – Pomigliano d’Arco); Iannicelli Salvatore (parrocchia Santa Maria Assunta in Cielo – Visciano); Lisanti Assunta (parrocchia SS. Rosario e Corpo di Cristo – Palma Campania); Martiello Carmine (parrocchia Santa Maria delle Vergini – Scafati); Moro Antonio (San Francesco d’Assisi – San Giuseppe Vesuviano); Sartore Rita (parrocchia Immacolata – Saviano); Scognamiglio Mariarosa ((San Francesco d’Assisi – Sant’Anastasia).
Sarà il nuovo Consiglio a indicare i tre nomi da presentare al vescovo Francesco Marino per la nomina del nuovo presidente diocesano. Il consiglio è convocato domenica 4 febbraio alle 16.10 per l’elezione della terna da proporre al vescovo per la nomina del presidente diocesano.
Secondo regolamento: se il presidente fa già parte del Consiglio, dopo la nomina gli subentrerà il primo non eletto della lista di cui il presidente era consigliere (lista settore adulti). Successivamente (non nello stesso giorno) ci sarà il consiglio che eleggerà il resto della presidenza diocesana. In quella occasione, se i membri della presidenza fanno parte del consiglio, scatteranno le varie surroghe e il consiglio raggiungerà la sua forma “definitiva”.
Oltre ai 21 consiglieri eletti, il consiglio è formato anche dagli assistenti, dai segretari e vicesegretari del Msac e Mlac (movimenti interni) e dai presidenti del Meic e Mieac (movimenti esterni).
Il vescovo Marino: «Sia l'Azione cattolica espressione di una fede verginale, di una fede integrale»
Ad aprire i lavori, ieri mattina, è stata la Celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo diocesano, Francesco Marino che ha iniziato la sua omelia ricordando la sua esperienza di assistente diocesano dell’Azione cattolica di Aversa per 10 anni: «Ripenso a quei momenti come tempo di grande gioia, spensieratezza e profonda amicizia. A voi auguro di vivere questi stessi sentimenti con la stessa intensità che ho provato io».
Quindi, monsignor Marino, si è soffermato sulla seconda Lettura proposta dalla liturgia domenicale: «San Paolo, nel passo della Lettera ai Corinti che abbiamo letto (1Cor 7,32-35), dà delle indicazioni pratiche però profondamente cristiane, radicate nell’esperienza cristiana che scaturisce dall’annuncio del Vangelo. Fa riferimento condizioni di vita concrete: come il matrimonio ma anche la verginità per il Regno di Dio. A me pare che l’Azione cattolica deve essere, all’interno del vissuto della Chiesa, come una vergine, una donna non sposata, che si preoccupa di ciò che è essenziale, del rapporto con il Signore nella dimensione ecclesiale. Un compito che il Signore ha affidato alla Chiesa nella sua interezza, Chiesa che è vergine e madre. Quando si parla della Chiesa come madre e vergine si rimanda alla fecondità battesimale e alla purezza della fede, una fede non contaminata, pura, autentica, integrale - e non integralista - che è primato nella relazione con Signore. All’interno delle varie esperienze cristiane, voi dell’Ac dovete "essere di più" espressione della fede pura, autentica, integrale. Una fede dunque verginale».
La seconda suggestione offerta dal vescovo è poi derivata dal Vangelo ascoltato (Mc 1,21-28): «Vediamo Gesù in azione. Prima di tutto opera una guarigione, attraverso un esorcismo: interviene a sanare il cuore dell’uomo e la realtà umana perché c’è il peccato, che è proprio l’avversione a Dio. Ma Gesù opera anche con la parola: insegna con autorità, non come gli scribi. Il suo insegnamento scaturisce da un essere che lasciava stupiti e faceva sorgere la domanda fondamentale, che è fondamento anche della nostra testimonianza. oggi: “Chi è costui?”. Noi abbiamo conosciuto Gesù Cristo nella fede e facciamo esperienza di Gesù nella nostra associazione, nella Chiesa, nella vita e continuamente siamo interrogati da questo interrogativo: “Chi è Gesù Cristo per me?”. Una domanda che tocca prima il nostro essere e poi il nostro fare. L’autorità di Gesù veniva da suo rapporto intimo con il Padre, un rapporto che, in Lui, qualifica noi personalmente che insieme. Dobbiamo tornare a questo rapporto che ci qualifica e ci libera e segna la nostra missionarietà, il nostro impegno per la pace e la giustizia. È faticoso ed è un lavoro ma io vi auguro di vivere così la vostra missionarietà, la vostra vita di Azione cattolica, ricordando che che dopo Gesù, siamo tutti profeti nel nome di Dio».
Il presidente Formisano: «C'è un di più nell'essere associazione e nell'essere Chiesa»
Prima dell’apertura dei seggi, i delegati si sono ritrovati per confrontarsi sul Documento assembleare contenente l’orizzonte di riferimento per il cammino del prossimo triennio: «Testimoni di tutte le cose da lui compiute (At 10,39)». Un confronto aperto dagli interventi dell'assistente ecclesiastico diocesano, don Luigi Vitale, della vicepresidente nazionale del settore giovani di Azione cattolica, Emanuela Gitto, e del presidente diocesano uscente, Vincenzo Formisano.
«Ce lo siamo detti più volte, è evidente, sono stati anni complessi, ma non siamo stati travolti. Senza stare a fare l’elenco delle difficoltà affrontate, posso dire che siamo contenti perché nonostante tutto - penso di parlare a nome della Presidenza - non abbiamo rimpianti. Dal punto di vista numerico, è giusto darvene atto, l’associazione ha retto l’ondata della pandemia e di tutto ciò che ne è derivato: ad oggi rispetto alla scorsa assemblea (2020) siamo in 5437 quindi 93 in meno. Il dato - di ieri - è parziale perché non tutti hanno terminato l’aggiornamento dei dati, ma dovrebbero esserci drammi in atto quindi forse a fine aggiornamento - visto che in tanti avete fatto le disdette ma non ancora inserito i nuovi - dovremmo arrivare un po’ sotto i 550,0 socio in più o socio in meno», ha esordito Formisano, ponendo poi alcune domande: «Ha senso celebrare l’assemblea? Ha ancora senso nel 2024, in un’epoca in cui ogni cosa si consuma velocemente, in cui si può comunicare con tutti in un attimo, in cui si vive alla giornata e in cui non sappiamo dove saremo domani - non per motivi escatologici, ma perché ormai la stabilità lavorativa e di vita è merce rara - ritrovarci qui tutti insieme una domenica mattina a metà di un percorso lunghissimo iniziato a ottobre e che terminerà a maggio? Il percorso assembleare è occasione bella di riflessione e rilancio o un rito da sepolcri imbiancati? È un di più importante o un dente da tirare prima possibile?».
Tre i passaggi in cui, il presidente uscente, ha fatto emergere l'"importante di più".
Il “di più” di essere associazione
«Il percorso assembleare è occasione formativa perché l’essere associazione non è solo una forma giuridica. Non è semplicemente la modalità che abbiamo scelto per stare insieme. L’essere associazione è metodo. Vorrei che facessimo attenzione a questa cosa. Abbiamo lavorato molto in questi anni sul senso e valore dei luoghi associativi, a partire dal consiglio parrocchiale a cui abbiamo dedicato dei momenti formativi con i presidenti e un entusiasmante tour […]. Ecco, retrospettivamente, mi è sembrato che quel passaggio dicesse qualcosa anche a noi. Se la pandemia non ci ha travolto è perché l’abbiamo affrontata come associazione e non come singoli e lo abbiamo fatto non per strategia, ma perché era la cosa più normale da fare. La responsabilità è diversa dal servizio e ognuno di voi non ha mai smesso di custodire l’associazione al di là dei ruoli. Grazie di cuore a voi e a tutti: la catastrofe non avrebbe mai potuto prevalere su di noi, perché non abbiamo mai smesso di essere un “noi” in relazione ad un Padre […] Il tema dell’essere associazione e del valore intrinseco che ha questa scelta mi pare un elemento importante su cui riflettere anche per un altro motivo. Durante il tempo che stiamo vivendo mi sembra che stiano emergendo - anche all’interno Chiesa attraverso il cammino sinodale - tre grandi sfide: quella dell’individualismo, di una scarsa disponibilità all’impegno e un po’ di mancanza di senso ecclesiale e una lamentazione di fondo: siamo pochi. Ecco, allora, che rimarcare il senso di una sana e vera scelta associativa è opportuno anche per assumere una dose di antidoto efficace contro l’individualismo con cui si prova a cercare soluzioni semplici e rapide a problemi complessi e radicati. Il tempo che stiamo vivendo è un tempo che rilancia domande nuove e complesse, in cui davvero è quanto mai necessario fare rete a tutti i livelli», ha sottolineato il presidente Formisano.
Il “di più” dell’essere popolari
Ha poi aggiunto: «Non è possibile tenere insieme la dimensione della sinodalità e quella del messia salvatore che ha la bacchetta magica e che dice “fatevi da parte, sono l’eroe con i superpoteri e risolvo tutto io da solo”. E quando parlo di sinodalità parlo di stile e senso profondo, al di là delle scelte operative e delle modalità. Se diciamo che la Chiesa è sinodale per la sua natura (possiamo ormai dare assodata questa cosa nella fase del discernimento, non voglio impelagarmi in un dibattito sul rapporto tra sinodalità e decisioni) stiamo dicendo che i battitori liberi non possono essere la soluzione. Se il Papa ricorda a tutti che l’Ac è palestra di sinodalità sta indicando una strada precisa: fare bene l’associazione aiuta, perché il problema dell’individualismo sta nel pensarmi da solo. Anche in questo caso, c’è una scelta di fondo dell’associazione che è stata lungimirante, quella della popolarità. Siamo popolari perché siamo un’associazione fatta di persone e non di leader, aperta davvero a tutti, in ogni condizione di vita ed età, coraggiosa nell’ “uscire”, che deve essere capace di parlare i linguaggi ordinari e quotidiani e di interpretare le domande profonde di ogni persona. […] Dire che siamo per tutti significa dire che siamo consapevoli che nel cuore di tutti c’è un desiderio di bellezza e felicità, quella bellezza e felicità che vengono da una vita spesa per gli altri e per il Signore. Sono convinto - ve lo ripeto anche oggi - che l’Ac abbia la possibilità di raggiungere il cuore di ogni persona per far scoprire loro che sono amati dal Signore, che ci sono persone a cui stanno a cuore per quello che sono. Essere amati a prescindere non significa essere perfetti, ma che l’essere amato definisce la mia natura e non dipende dalle mie azioni. Ed è questo che ci permette - come Ac - di essere casa accogliente per tutti».
Il “di più” dell’essere radicati
«La seconda sfida di questo tempo è quella della disponibilità all’impegno. L’essere associazione popolare e numerosa ci permette - pur con qualche difficoltà che ci ha toccato, proprio perché non siamo fuori dal mondo - di essere un’associazione di persone generose e capaci di dire di sì. È una disponibilità al servizio - a tutti i livelli, in tutti gli ambiti di vita, dalla Chiesa alla società civile - che è possibile per diversi fattori: la cura dell’interiorità come detto poco fa, la cura della formazione (che in Ac ha un fine oblativo, non a caso), ma anche perché siamo radicati. Permettetemi una battuta degna di Martiello, Paco e Franco: in questa diocesi il radicamento lo abbiamo nel nome. No-là, Ma-qui. Siamo per queste persone, per questa terra. Siamo nello spazio e nel tempo che ci è stato dato. Abbiamo il dovere - non la possibilità, ma il dovere - di fare nostre “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”. E per farlo dobbiamo essere contemporaneamente qui e altrove. In un altrove che non sa di distanza (come nell’incipit di American Psycho), ma di profezia. Un Oltre più che un altrove. Ed è radicato solo chi si sente parte e chi sente che qualcosa fa parte di sé. Perciò solo chi è radicato ha le motivazioni per impegnarsi per gli altri, altrimenti va fujenno per dirla come direbbero ad Oxford. Essere parte, sentirsi parte e sentire che gli altri fanno parte di noi ci permette di dire “sì” con gioia al servizio perché sappiamo che diciamo “sì” o “no” non ad impegni e idee astratte, ma a persone reali che camminano accanto a noi», ha continuato Formisano.
Il “di più” di essere Chiesa
«Infine, e chiudo, l’ultima sfida di questo tempo, quella del senso ecclesiale - ha concluso il presidente dell'Ac di Nola - La cosa che mi è stata più a cuore in questi anni è permettere alle persone, a tutte le persone, di fare una bella esperienza di Chiesa. Non le tessere, non le cose da fare e da organizzare al meglio, le questioni da risolvere, i discorsi da preparare, ma permettere a tutti di fare una bella esperienza di Chiesa. Una Chiesa vera, reale e bella. Perché guardate, l'Ac è luogo in cui crescere alla scuola del Signore. Ma ce ne sono anche altri simili. È luogo in cui impegnarsi per gli altri e per il bene comune. Ma ce ne sono anche altri simili. È luogo in cui trovare amici e costruire legami di vita vera, relazioni sincere, in cui - in qualche caso - trovare l'amore della propria vita. Ma ce ne sono anche altri simili. È luogo in cui crescere come persone consapevoli, in cui formarsi per essere cittadini, discepoli missionari, in cui diventare "brave persone". Ma ce ne sono anche altri simili. È luogo in cui vivere insieme tutte queste dimensioni, in un cammino organico e che accompagna ognuno nelle varie stagioni della vita. Ma ce ne sono anche altri simili. Pochi, ma ce ne sono. Almeno credo. Ma è anche luogo in cui fare esperienza vera di Chiesa. E penso che questo sia molto difficile trovarlo altrove. Nel tempo mi sono andato convincendo, perché ho avuto modo di toccarlo con mano, che sia l'ecclesialità la cifra dell'associazione, la scelta che più di tutte la differenzia. L'Azione cattolica è quel luogo in cui noi tutti abbiamo imparato - e/o stiamo imparando - ad amare la Chiesa sempre di più e così com'è. Perché amiamo la Chiesa per quello che già è, pur sognando che diventi sempre più simile al suo Sposo».
Qui la relazione integrale del presidente Formisano