Mettersi in auto e fare chilometri per accompagnare il proprio figlio ad un concerto. Il primo. Quando mia sorella mi ha dato questa notizia non ho potuto far altro che ammirarla, al netto dei gusti musicali di mia nipote Alice. Così come ammiro i miei tanti amici genitori, che si fanno compagni di viaggio per i propri figli.
Perché, forse, i giovani, adolescenti e non, hanno bisogno proprio di questo, di una compagnia lungo il cammino che li ponga a confronto con la propria libertà ma allo stesso tempo si faccia indicatrice del rischio di avvicinarsi troppo al ciglio stradale, a quel limite che è pericoloso oltrepassare perché confine con la libertà dell’altro.
Accompagnare i giovani non è, come ben ricorda il presidente diocesano di Ac, Vincenzo Formisano, nel suo contributo a questo numero, ‘attendere che siano perfetti’. E non vuol dire nemmeno rischiare per loro, al loro posto. Vuol dire rischiare con loro. Non facendo salti nel buio, ma guidandoli nell’orientarsi anche nel buio. Lasciandosi anche educare, come la volpe con il Piccolo principe, come la Cananea con Gesù.
Perché ‘andare’ ad un concerto con qualcuno è diverso dall’accompagnarvi qualcuno. La compagnia prevede comunione, prevede condivisione, comunicazione, apertura del proprio spazio di vita all’altro. Prevede ascolto.
I gusti musicali di mia nipote saranno pure opinabili, ma la sfida è comprendere i valori che attraverso quei gusti vengono richiamati e farsene carico per orientarli accompagnandola, perché siano vitali. I giovani non chiedono soluzioni, i giovani chiedono compagnia nell’affrontare le loro domande. E forse sanno più di noi, che non tutte le domande prevedono una risposta. Ma tutte necessitano di qualcuno pronto ad accoglierle.
