La cura è la nostra stoffa

Un'articolata riflessione del seminarista Italo Prisco sul 'prendersi cura'


a cura di Italo Prisco

seminarista

…così è l’uomo, di ogni tempo, nelle mani della Cura. Essenziale, irrinunciabile nel campo dell’esperienza umana, perché senza di Essa la vita non può fiorire. Poiché la debolezza è costituiva della condizione umana, l’esercizio della cura non può non accompagnare la vita intera: non lascia respiro, non consente soste; è una pratica che riempie ogni attimo del tempo, coltivando le possibilità sane per un esistere autentico, originale.

«Fare pratica di cura è mettersi in contatto con il cuore della vita»! (L. Mortari)

L’uomo è un nucleo d’essere in costante divenire, mosso da un’energia – la Cura – che lo spinge continuamente ad andare oltre il modo in cui viene a essere. In eterno stato di bisogno, non è (mai) intero e autosufficiente: nel raccogliersi per trovarsi, nel dispiegarsi per arricchirsi e ancora ritrovarsi, la vita della persona è la ricerca fino alla morte di un’unità presentita, desiderata e mai realizzata. Nessuno ha da sé il potere di passare dal niente all’essere e nella nostra essenza siamo qualcosa che può essere, e in questo “può” c’è tutto il rischio di non venire a essere. Siamo gettati nel paradosso dell’e-sistenza: sentire il proprio essere fragile, tenuto nel tempo di momento in momento, senza disporre di alcuna sovranità sul proprio divenire, e insieme trovarsi vincolati alla responsabilità di rispondere alla chiamata di darci una forma, con la dedizione di cercare la migliore qualità di vita possibile.

«Aver cura dell’esistenza è fare della vita un’unità viva» (L. Mortari) perché l’uomo, che è pura “disseminazione” (J. Deridda), sempre corre il rischio di vivere un’esistenza frammentata.

La Cura, dunque, dà forma alla possibilità del nostro essere autentico e ci “possiede” fintanto che viviamo. Costituisce la cifra del nostro vivere, la scelta attraverso la quale può dispiegarsi il nostro agire quotidiano, l’orientamento di fondo della nostra relazionalità – necessità intrinseca al nostro divenire umani – con il mondo che abitiamo, con gli altri con cui viviamo e con noi stessi, nella possibilità di decifrare il linguaggio della vita per comprenderci. «Ognuno è quello che fa e di cui si cura», diceva Heidegger con un sano pragmatismo, perché la cura non è un’idea o un sentimento, né tantomeno un puro 'fare' autoreferenziale, ma è la pratica umanamente vitale, mossa dall’intenzione di procurare beneficio all’altro. La Cura è innanzitutto un esserci, 'unzione di vicinanza e tenerezza'; l’Esserci stesso dell’uomo, un prodotto gratuito e incondizionato della Cura. Siamo della forma della Cura!

L’uomo, tuttavia, può non riconoscere che è un miracolo della Cura e può vivere prigioniero dei propri appetiti, in un mondo che lo distrae. Una vita immediata, senza memoria, senza progetti, senza controlli. La vera vita personale, dunque, comincia con la capacità di rompere il contatto con l’ambiente, di ripossedersi, per riportarsi ad un centro. È il movimento della Cura. Un cammino di raccoglimento – che è sempre una conquista attiva – per sprofondare al fondo di sé stessi, nello spazio in cui cerco la tiepidezza della vita inautentica – dove incontro la coscienza che è 'chiamata della Cura' – e, non fermandomi alla quiete dei primi ripari, decido di condurre l’avventura fino in fondo, per rintracciare quell’angoscia essenziale legata alla propria esistenza, al mistero tremendo della propria libertà.

La cura della propria interiorità è, inoltre, sempre uno sguardo profetico di speranza sul mondo:

la presa di coscienza di star conducendo una vita anonima e la rivolta contro la degradazione che essa rappresenta, ha un forte riverbero sociale. Così, non ci sarà più il «mondo del Sì» (Heidegger), in cui ci lasciamo agglomerare quando rinunciamo ad essere dei soggetti responsabili, con la coscienza sonnolenta, istinti senza volto, opinioni vaghe, mediocrità morale e relazioni mondane e impareremo a sentirci e viverci come “fratelli tutti”, con la consapevolezza che “la mia vita vale come la tua”!

Siamo della stoffa della Cura: in potenza custodiamo tutte le possibilità per un’autentica fioritura dell’umano e una “rivoluzione della tenerezza”. Nel transito dall’homo spectans all’homo particeps (come posso diventare chi sono mettendo quello che sono al sevizio dell’umanità?) c’è ancora tutto il seme di speranza che può fiorire, annaffiato dai gesti di Cura che riceviamo e siamo capaci di ri-donare.

 




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