Un pezzo di storia del Mezzogiorno: la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Somma Vesuviana è un gioiello architettonico e non solo. É difficile non restare rapiti dai tappeti maiolicati che ricoprono il pavimento delle sei cappelle, dalla volta maestosa e dalle tele che adornano l’edificio religioso.
A farci da Cicerone c’è il parroco don Nicola De Sena che ripercorre, passo dopo passo, le vicende storiche della chiesa: «É sorta alla fine del ‘200 per volere del sovrano Carlo d’Angiò ed è da sempre un grande scrigno di opere d’arte. Vivere la celebrazione qui è suggestivo perché si santifica la festa del Signore mentre si è avvolti dall’arte. La grande storia è transitata in questo edificio, nel corso dei secoli ha infatti ospitato diversi ordini come i domenicani, i carmelitani e infine i redentoristi intorno al XIX secolo. Ognuno di questi ordini ha lasciato la sua impronta indelebile con le opere d’arte che custodiamo e speriamo di riuscire di trasmettere».
Don Nicola deve congedarci perché a breve inizia la messa e deve raccogliersi. La sua omelia parte dalla vicenda di Giona e del mostro antropofago che restituisce un uomo alla riva. Una riva che ritorna anche nel vangelo domenicale e che corrisponde a «una zona della Galilea quasi totalmente pagana e che bisogna attraversare mentre infuria la tempesta. I discepoli come Giona dicono di sì, ma malvolentieri. Anche noi siamo così davanti alla richiesta del Signore di attraversare verso l'altra riva, di andare oltre i nostri limiti. E quando ci troviamo nella tempesta, anche noi tendiamo a chiedere: 'Signore, ma non ti importa?'. Il Signore c'è, siamo noi che non ci fidiamo di lui, non gli consentiamo di guidarci verso una vita diversa. Siamo noi a non credere che il suo amore ci protegge, che seda le tempeste che attraversiamo. Un amore che rafforza il nostro impegno al cambiamento, un amore che è grazia».
Al termine della celebrazione c’è spazio per incontrare Emanuel ed Emanuela, una coppia che, come tante, ha dovuto rinviare il matrimonio nel 2020 e che si sposerà in settimana. In questo chiostro silenzioso che la Chiesa sembra proteggere, ci suggeriscono due parole sulle quali riflettere. Per Emanuel è 'speranza': «Non ci aspettavamo, certo un evento come la pandemia. Abbiamo dovuto rinviare i nostri progetti. Però non abbiamo mai perso la speranza e la data del matrimonio rappresenta qualcosa che volevamo con tutta la nostra forza». Emanuela sceglie invece la parola 'famiglia': «un valore nel quale crediamo tantissimo e che, grazie all’aiuto di don Nicola, abbiamo cementato giorno dopo giorno».
Lasciamo la parrocchia di San Michele Arcangelo con la sensazione di aver vissuto una splendida domenica mattina nella fede, nell’arte e nell’amore di Emanuel ed Emanuela.
Sulla strada del ritorno, pensiamo già alla prossima tappa. Ormai, non c’è più bisogno di rivolgervi la domanda: domenica 4 luglio scoprirete dove andremo.