Da ‘animatori’ a educatori il passo da fare non è così breve, ma apre nuovi orizzonti. Cinque ragazzi dell’oratorio Carlo Acutis della parrocchia San Francesco di Paola a Scafati, ci raccontano come hanno vissuto il campo estivo Emozioni-Amo 2020, per la prima volta in veste di organizzatori ed educatori. Una responsabilità nuova, nata da una dura rinuncia: ridurre numeri e spazi per adeguarsi alle norme anti-Covid, infatti, non ha permesso a tutti gli abituali volontari di prendere parte all’oratorio estivo dedicato ai ragazzi fino ai 12 anni.
«Ci dispiaceva rinunciare all’esperienza estiva e allora, insieme a don Peppino, abbiamo pensato ad un’alternativa: organizzare un campo dedicato agli adolescenti dai 13 ai 17 anni. L’esigenza è nata, soprattutto, pensando anche a quei ragazzi che hanno frequentato l’oratorio estivo fin da piccoli e che crescendo, hanno deciso di restare, dandoci una mano coi bambini» ci racconta Irene.
«L’attività formativa della parrocchia non si ferma per pause estive, e a questi ragazzi - che già durante l’anno sono impegnati nell’oratorio parrocchiale - ho proposto di assumersi la responsabilità di un campo, lasciandoli autonomi nell’organizzazione e nella gestione di questo percorso estivo alla scoperta delle emozioni - ci spiega il parroco don Peppino De Luca - Alla fine, per loro, ci sarà un importante momento di verifica finale per prendere consapevolezza del loro cammino di crescita».
I ragazzi ci raccontano con entusiasmo il loro percorso attraverso le emozioni. Di settimana in settimana (lunedì, martedì e venerdì), - dal 29 giugno fino al 23 luglio - hanno esplorato le emozioni fondamentali: rabbia, felicità, sorpresa e paura, facendone emergere i lati positivi e negativi. Attraverso attività e giochi, i ragazzi imparano a dare un nome alle emozioni che provano (che non è affatto scontato) e a tirare fuori il meglio anche da quelle che spesso si ha difficoltà a controllare o di fronte alle quali ci si blocca.
«Per noi, l’oratorio estivo era una bella abitudine. Queste settimane sono state davvero una sorpresa e ci stanno facendo crescere perché, di volta in volta, ci misuriamo con modi di pensare molto diversi da nostri. Eppure tra noi e loro non c’è troppa differenza d’età: la più grande tra i partecipanti ha 17 anni, noi educatori tra i 21 e i 23» ci dice Amalia.
Grazie agli oratori estivi precedenti, gli educatori ed i ragazzi che hanno preso parte al campo già si conoscevano, ma in quest’esperienza Pasquale vede un grande cambiamento: «In questa nuova esperienza, abbiamo capito la differenza tra essere animatori ed essere educatori. Sono ragazzi che già conoscevamo e con cui avevamo un bel rapporto, ma ora abbiamo imparato a comprenderli, a sostenerli, a camminare insieme. Alla fine di ogni mattinata, c’è un momento di condivisione che ci aiuta molto a crescere, a capire le difficoltà e a gioire quando sentiamo che la giornata è servita sia a noi che a loro»
Questa prima volta come educatori per gli adolescenti è stata colta come una bella sfida per mettere in campo le competenze acquisite durante gli anni dell’oratorio parrocchiale. È ciò che ci racconta Luisa: «Mi sono lanciata in questa esperienza per la curiosità di mettere alla prova il mio percorso da educatrice. All’oratorio Carlo Acutis partecipo principalmente alla formazione per i bambini, ma andare incontro alle esigenze educative dei più grandi è complicato. È stato un bell’inizio, ma abbiamo capito che c’è ancora tanta strada da fare per crescere in questa direzione». Una difficoltà condivisa anche da Gianluca: «Anche io sono educatore per i bambini ed accettare di organizzare il percorso e le attività rivolte agli adolescenti è stata una sfida con me stesso. Ci sono state delle difficoltà perché non sempre le modalità che abbiamo scelto hanno intercettato i loro interessi e bisogni, ma vedere che i ragazzi riescono a percepire le emozioni che volevo trasmettere è impagabile».
Questo tempo di emergenza non ha vinto sulla voglia di impegnarsi e sulla passione di chi ha a cuore la formazione dei ragazzi e allora, anche se con molta più fatica, una rinuncia può trasformarsi in una grande opportunità: «A differenza degli altri, già mi occupo della formazione dei ragazzi più grandi all’oratorio. Ho apprezzato molto che siano riusciti ad aprirsi con noi e mi ha colpito vedere i loro occhi lucidi mentre parlavamo di emozioni profonde come la paura e la rabbia, soprattutto in questo momento di difficoltà per tutti. Sono contenta del nostro lavoro di squadra. A volte non sono stata soddisfatta delle attività proposte: in alcuni momenti avevamo l’impressione di non essere stati capaci di dare il massimo, ma i ragazzi hanno sempre apprezzato e quindi ci siamo conto di dare un peso eccessivo ai piccoli errori» conclude Irene.
Nel percorso della formazione alla vita cristiana, il pericolo di cadere nell’ ansia da perfezione è sempre dietro l’angolo: si vorrebbe sempre vedere l’attività riuscita perfettamente o che tutto vada esattamente come ci si aspetta. In questo modo, rischiamo di perdere di vista l’essenziale: stabilire un contatto, costruire una relazione, mettersi l’uno accanto all’altro durante il cammino. È quanto testimoniano gli adolescenti che hanno preso parte al campo: «All’inizio eravamo contenti soprattutto di stare con gli amici ed uscire finalmente di casa. Ora che siamo quasi al termine, siamo felici perché abbiamo imparato a conoscere meglio gli altri e a conoscerci più a fondo, ad accettare le emozioni che abbiamo affrontato. Per noi, la parrocchia è diventata un posto sicuro dove poterci esprimere liberamente».