Ci vuole parecchio coraggio per trasformare il triste rituale del triage anti-Covid in un momento di gioco. A Scafati, la giornata all’oratorio estivo della parrocchia San Francesco di Paola comincia cercando di alleggerire l’attesa delle precauzioni: dopo aver sanificato i locali, i responsabili e i volontari misurano la temperatura a tutti, tra il suono delle risate e gli squillanti «Buongiorno!» dei bambini che non vedono l’ora di iniziare le attività. I giovani volontari li accompagnano, uno alla volta, dall’ampio atrio del palazzo, su per le scale, fino alla sede dell’associazione Opificio delle Teste Dure, dove durante l’anno si tiene il laboratorio teatrale della parrocchia ed altri percorsi artistico-culturali.
«Nonostante le difficoltà - spiega il parroco don Giuseppe De Luca - dal punto di vista legislativo delle misure anti-Covid, abbiamo deciso di organizzare l’oratorio per dare un segno di ripresa e di speranza, e soprattutto c’è il bisogno di rivolgere l’attenzione ai bambini, che hanno pagato il prezzo più alto in questi mesi, completamente trascurati dai vari decreti». Non è stato facile adattare l’esperienza dell’oratorio alle nuove norme: tre sanificazioni giornaliere, numero ridotto di bambini (sette per sala) e poiché, legalmente, non è possibile consumare cibo nei locali, i bambini sono stati divisi in due fasce orari in modo da non trattenerli a lungo, senza fare merenda per tutta la mattinata. «Più che un servizio alle famiglie, è soprattutto un servizio ai bambini, per accompagnarli non solo nel loro ritorno alla socialità, ma anche per cercare di prepararli alla nuova modalità di relazionarsi in questo tempo» ci racconta Valeria Impagliazzo, attrice e responsabile dell’Opificio.
La settimana all’oratorio inizia proprio con Valeria e con Tommaso Setaro, anche lui attoree responsabile dell’associazione culturale. Il lunedì è dedicato al laboratorio teatrale, mentre negli altri giorni si alternano laboratori di arti figurative, di percussioni, di giocoleria ed arti circensi. Ancor di più, rispetto agli altri anni, la proposta dell’oratorio punta sull’arte e la creatività, non solo come occasione di aggregazione ma come vera e propria terapia. Si comincia con l’igienizzazione delle mani, ci si toglie le scarpe e si entra nel mondo del teatro. Quest’anno, i bambini si stanno confrontando con Gianni Rodari e la sua opera Favole a telefono. Dopo la lettura collettiva, sono pronti ad entrare in scena ed interpretare La donna che contava gli starnuti e, al turno successivo, Il regno di Mangionia.
«Occupate bene lo spazio» dice Valeria. Le parole sono importanti, e bisogna saperle usare. Dopo mesi di 'terrorismo' mediatico e di fredde terminologie, i bambini hanno la possibilità di approcciarsi all’emergenza attraverso il 'gioco' teatrale. «Alcuni di questi bambini partecipano al laboratorio teatrale durante l’anno. Li ho educati all’affetto e al contatto fra di loro ed ora mi sembra di doverli diseducare. È un tasto dolente: con quale coraggio dico ad una bambina di 6 anni 'Non mi toccare, non mi abbracciare?'. Come artisti, abbiamo il compito di prenderli per mano e condurli in questo nuovo mondo per esplorarlo insieme, con la creatività». Allora la ben nota 'distanza di sicurezza' non viene mai nominata, ma è inserita nel percorso teatrale che insegna a distribuirsi bene nello spazio e a saperlo condividere. L’obiettivo del laboratorio è riabilitarli alla socialità attraverso la poesia, e preparare un piccolo spettacolo integrando in maniera creativa, e non come sterile imposizione, le nuove norme. «Il divertimento e l’entusiasmo non mancano. I ragazzi hanno voglia di stare insieme, inventano scene e situazioni davvero sorprendenti, nonostante la fatica della mascherina» aggiunge Tommaso.
Il martedì tocca alle arti figurative. Pur non potendo condividere pennelli, tempere o pennarelli come sono abituati a fare di solito, i bambini condividono parole ed emozioni attraverso il disegno. In queste prime settimane, Roberto Izzo - artista e volontario al campo - ha proposto loro alcune semplici parole che i ragazzi potevano interpretare a modo loro grazie al disegno, dando vita ad un mondo di significati ed espressioni diverse. È un viaggio attraverso l’immaginazione: «L’intento è di tirare fuori la creatività e la sensibilità di ognuno di loro per far risaltare la ricchezza della diversità. Proveremo a fare un gioco surrealista: su una grande tela, ognuno a turno può dare il suo contributo con un piccolo disegno e, man mano, con le diverse pennellate prenderà vita un’unica opera».
Il mercoledì, invece, le sale dell’Opificio si riempiono delle note della samba di Rio de Janeiro con il laboratorio di percussioni, con strumenti musicali ottenuti da materiali riciclati. I ragazzi stanno imparando ad ascoltarsi l’un l’altro per tenere il ritmo e sono attenti a seguire il movimento del compagno per evitare di andare fuori tempo. «Si legge nei loro occhi il bisogno di tornare alla 'normalità' e credo fermamente che porre loro un obiettivo comune stimoli il loro interesse verso la musica che oggi è vista più come arte da sviluppare individualmente. Inoltre, l’utilizzo di materiali riciclati li educa a vedere in un oggetto qualsiasi, che normalmente verrebbe cestinato, un potenziale strumento» ci racconta Enzo Ambrosio, musicoterapeuta del laboratorio.
Tra birilli, palline ed esercizi di equilibrismo comincia la mattinata del giovedì con il laboratorio di giocoleria. Nelle prossime settimane, continueranno la scoperta delle arti circensi: i ragazzi impareranno i segreti dei trucchi di magia e la ricetta per le bolle di sapone, utilizzando gli attrezzi che hanno costruito. Anche il responsabile Tommaso Sorrentino vede negli oratori un’occasione importante: «Dopo mesi di sofferenza, lontani dagli amici, i bambini desiderano tornare alla normalità e per loro, questo significa gioia, amicizia, gioco e questi tipi di percorsi sono fondamentali, soprattutto nei nostri territori».
Questo tempo vissuto e condiviso insieme nelle sale dell’oratorio segna, per don Giuseppe, un nuovo punto di partenza per la comunità: «Il senso di smarrimento e la paura per il futuro, con cui ci confrontiamo ogni giorno, spinge gli animatori e la comunità parrocchiale a riprendere il cammino, immaginando nuove strade, e a ritrovare la forza di rimettere al centro dell’esistenza il rapporto con il Signore che cerchiamo e ritroviamo quotidianamente nella nostra esperienza umana».