L' Evangelii Gaudium, al n.259, afferma che senza lo Spirito Santo non esiste la missione dell’annuncio del Vangelo. Infatti, la missione evangelizzatrice non è un prodotto della Chiesa, è una azione santificatrice che scaturisce dall’effusione del Paraclito, di colui che è mandato nel mondo dal Padre e dal Figlio, per portare a compimento l’opera consolatrice del Cristo. La Chiesa è serva della missione dell’annuncio del Regno, è bisognosa di evangelizzatori che si aprano «senza paura all’azione dello Spirito Santo» che «infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia, a voce alta» in tempo opportuno e inopportuno e su tutte le frontiere umane, anche controcorrente, da martiri. Lo Spirito Santo necessita di evangelizzatori consapevoli che «la missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo» (EG 268). Cristo vuole «che tocchiamo la carne sofferente degli altri» (EG 270).
«Nel nostro rapporto col mondo siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano» (EG 271), ma come amanti appassionati anche di colui che può perseguitare e uccidere. «Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri» (EG 272); «Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita» (EG 274). Benedetto XVI ha insegnato che «chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio», e che l’amore è in fondo l’unica luce che «rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire». Pertanto, dobbiamo vivere la mistica dell’avvicinarci agli altri con l’intento di volere la loro gioia e allargare la nostra interiorità per ricevere i doni dello Spirito per donare senza stancarci.
L’incontro di un essere umano nell’amore deve mettere nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere Dio. Se vogliamo essere alla sequela di Cristo per crescere nella vita spirituale, non possiamo rinunciare ad essere missionari della gioia. L’impegno dell’evangelizzazione deve arricchire la mente ed il cuore, aprire orizzonti spirituali, rendere più sensibili a riconoscere l’azione dello Spirito e far uscire dagli schemi spirituali palettati. Un araldo del Vangelo pienamente dedito al suo lavoro deve essere una sorgente che straripa e rinfresca l’umanità. Il missionario è solo chi è felice nel cercare il sommo bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri, avere quell’apertura di cuore che fa scaturire sul mondo tutti i frutti dello Spirito, avendo come unico conforto che «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Questo nostro tempo lusinga insinuando che si vive meglio fuggendo dagli altri, nascondendosi, mettendosi in quarantena, negandosi alla condivisione, che la comodità e il piacere sono l’unica via alla felicità. Invece, chi ha scelto il Cristo, per divenire suo discepolo missionario, gioisce nell’annunciare: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra a gioia sia piena» (Gv 15,11).