Spalanchiamo la porta sul futuro

L’emergenza sanitaria ci sta facendo comprendere quanto siano interdipendenti il sistema economico e la salvaguardia della salute: la riflessione del direttore dell'Ufficio per la Pastorale Sociale e il Lavoro


a cura di don Giuseppe Autorino

direttore dell'Ufficio per la Pastorale Sociale e il Lavoro

 

Il Covid-19 ci ha messo davanti alle porte delle nostre case, vedendole come un varco difficile, ma non impossibile da imboccare, perché è quella la strada della responsabilità, e anche della liberazione, o meglio dell’uscita verso una vita nuova. La porta è una apertura che ci permette di entrare in una casa, in un castello, in una città, ma ci consente anche di poterne uscire; questa duplice funzione è necessaria poiché se potessimo solo entrare saremmo prigionieri nell’interno, e se potessimo solo uscire saremmo isolati e senza la sicurezza del nostro rifugio.

Nella nostra vita incontriamo diverse porte che non sempre abbiamo la forza di aprire e passare: un senso di paura, di mistero ci prende e ci fa mancare il respiro. La prima è quella della Vita a cui dare significato e valore di bellezza, di bene, nei vari ambiti del vivere. C’è poi la porta della Fede che ci fa accogliere Gesù, il Cristo, come sintesi di ogni valore e che dà il senso profondo a tutto ciò che la vita ci fa vivere. Questa porta della fede non è un comodo portone, ma una porta stretta che ci abilita a tanti dimagrimenti. L’ultima porta della nostra vita è quella della Morte che tutti dobbiamo varcare, la porta della morta terrena, a cui ci dobbiamo preparare non con tristezza, rimpianto e disperazione, ma convinti che uscendo da quest’ultima porta ci ritroveremo nella luminosità della gloria di Dio. E allora attraversiamo questo momento con il continuo discernimento sociale che deve Seminare Speranza nel oggi della vita, e non pensare al futuro come una porta chiusa.  L’emergenza sanitaria ci sta facendo comprendere quanto siano interdipendenti il sistema economico e la salvaguardia della salute. Se in passato la salute era diritto di beneficenza, oggi appartiene al criterio della giustizia sociale. Il Covid-19 è stato in grado di mettere in ginocchio sanità ed economia insieme. Ciò significa che bisogna imparare a ragionare in termini di complessità e di saggia prevenzione. Una forte economia senza un’adeguata sanità pubblica è come un gigante con delle gambe deboli. Rischia di saltare all’aria da un momento all’altro.

Appare una profezia l’insegnamento di papa Francesco, quando ricorda che «tutto è connesso» e che «le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d’ignoranza se fanno resistenza a integrarsi in una visione più ampia della realtà» (Laudatosi’, 138).

La scena di papa Francesco solo in una piazza san Pietro deserta è una di quelle immagini che resteranno nella storia dell’anima di molti di noi. Chi non si è commosso è solo perché non ha capito cosa significhi abitare l’umanità, condividerne il destino. Francesco ha scelto la strada più evangelica: farsi intercessore presso Dio. Il suo appello è stato il grido di tutta l’umanità: la tempesta ha smascherato le falsità di cui ci siamo riempiti. Nel suo discorso il Papa ha ricordato che è tempo di fare discernimento, perché non abbiamo ascoltato i segnali che ci provenivano dai popoli e dalla creazione.

Continueremo a dare priorità alla corsa agli armamenti piuttosto che garantirci un solido sistema sanitario in grado di reggere alle bufere? Continueremo a togliere investimenti nella ricerca scientifica guardando con tristezza i nostri giovani lasciare il Paese? Continueremo a pensare che le università di medicina o di infermieristica debbano rimanere a numero chiuso? Continueremo a ritenere che i lavori di cura siano di serie B rispetto ai commentatori televisivi e ai calciatori? Continueremo a illuderci che l’Italia possa farcela da sola, dopo aver assistito al generoso soccorso del personale sanitario cinese, albanese, cubano… nelle nostre città? Cosa dobbiamo capire ancora? La conversione sta dentro un saggio discernimento per scrivere sulle pagine bianche del futuro, ed entrare nella Porta della Vita Nuova che Cristo risorto ci ha donato nella Pasqua. Come Chiesa dobbiamo continuare a stare accanto all’umanità lacerata e disperata per donare Speranza  che riaccende i cuori con la vittoria della luce sulle tenebre.





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