Nobili natali, ottimi studi, è stato collaboratore di papi e imperatore, avvocato richiesto, poi religioso, prete e vescovo. Stiamo parlando del beato Paolo Burali, nato ad Itri presso Gaeta nel 1511 dal ramo dei nobili Burali di Arezzo. Al battesimo riceve il nome di Scipione che poi cambia quando fa la professione religiosa. A 25 anni si laurea brillantemente in diritto civile e canonico «con la sicurezza di un professore» dicono le autorità accademiche. Inizia così la sua attività di avvocato e giudice per dodici anni presso il Tribunale di Napoli: lo definiscono «amico della verità e padre dei poveri»: Scipione è un erudito uomo di legge, ma persona di profonda spiritualità e carità ardente.
Nonostante ciò, per un breve periodo lascia i tribunali, vorrebbe una vita più ritirata – forse sono i primi segnali della vocazione che l’attende – ma è costretto a riprendere la professione perché Carlo V lo promuove a regio consigliere: all’Imperatore non si può dire di no. È pure inviato presso il papa Paolo IV. Ma tali successi di carriera non offuscano il suo desiderio di santità. Si confronta col teatino Giovanni Marinoni, amico di san Gaetano, nel convento di San Paolo Maggiore a Napoli e poco alla volta, matura la sua scelta. A 46 anni, il 25 gennaio 1557, Scipione lascia definitivamente l’attività giudiziaria ed entra nell’Ordine dei Chierici Regolari (Teatini) prendendo il nome di Paolo. Chiede di essere fratello laico, ritenendosi degno solo di questo, ma i superiori insistono per ordinarlo sacerdote. Rifiuta i vescovadi di Castellammare, Crotone, Brindisi, ed è posto al governo della comunità teatina di San Paolo Maggiore a Napoli e di San Silvestro a Roma. Nel 1568, però, deve accettare la nomina a
vescovo di Piacenza voluta dal papa Pio V.
Qui il beato Paolo Burali si rivela un ottimo uomo di governo, un maestro di spiritualità, un apostolo instancabile e un promotore degli insegnamenti del grande Concilio di Trento, concluso pochi anni prima. Diventato cardinale, nel 1576 è arcivescovo a Napoli. Qui deve
confrontarsi con una realtà più complessa e dura da modellare, ma non arretra davanti alle difficoltà. Chiude il seminario e manda tutti a casa, perché né gli studi né la disciplina sono quelli richiesti dalle disposizioni conciliari: nomina nuovi professori e rettore. Ha il coraggio di chiudere pure i monasteri femminili di Sant’ Arcangelo a Baiano e Santa Maria degli Angeli nella città di Napoli, ormai fuori dalla disciplina religiosa. Si impegna per applicare le direttive del Concilio di Trento: purtroppo il Beato non potrà vedere i frutti della sua opera riformatrice, perché morirà il 17 giugno del 1578 a Torre del Greco, dove si era ritirato per un breve periodo di riposo. San Filippo Neri deplorò la sua morte come una perdita per tutto il mondo cristiano. Il suo corpo riposa in un urna nella cripta della Basilica di San Paolo Maggiore di Napoli.