Siamo ormai vicini al prossimo Sinodo dei vescovi e nella nostra mente restano vivide le immagini e le parole che Papa Francesco ha rivolto ai giovani italiani, in un caldo pomeriggio romano al Circo Massimo. Nei discorsi pontifici rivolti ai giovani, ricorre spesso la tematica del sogno; a volte, il Papa sembra ripetersi, quasi fosse una nenia, ma centrando sempre la prospettiva di fondo nel cuore giovane dei suoi ascoltatori.
Il Papa è un uomo molto pragmatico, per questo non avrebbe mai parlato ai giovani dei sogni, se non avesse avuto la certezza che essi sono capaci di realizzarli, di operare un processo divino: dal solo sogno passato per la mente, alla sua incarnazione concreta nella vita quotidiana. Il messaggio che il Pontefice vuole lasciare a tutti i giovani è molto semplice: essere cristiani non è per gli oziosi, per gli sfigati o tantomeno per coloro che hanno deciso di consacrarsi al Signore.
La gioventù e il cristianesimo non sono contrapposti, né binari paralleli che non si incontrano mai.
Credere in un Dio incarnato è possibilità seria di custodire i propri sogni giovanili perché siano realtà, avendo la certezza di non essere soli, ma di avere una compagnia di amici (la Chiesa), terreno fertile perché questa singolare «incarnazione» possa avvenire. I sogni non sono per i disincantati, ma per gli «incarnati» nel mondo; i sogni non appartengono agli illusi, ma a tutti coloro che non temono di uscire da se stessi perché ciò che hanno nel cuore sia materialmente possibile. Ancora una volta, un giovane ottantenne vestito di bianco tende la mano a tutti i giovani e mostra loro i suoi personali sogni da Papa: una Chiesa libera perché unita a Gesù, una Chiesa povera perché ricca del Signore, una Chiesa giovane e sognante perché incarnata nel mondo *.
*inDialogo. Mensile della Chiesa di Nola, Dorso di Avvenire 23 settembre 2018, p.6