Il nuovo contesto comunicativo, caratterizzato fortemente dalla continua mutevolezza, pone sfide pastorali all’evangelizzazione molto interessanti che richiedono una riflessione complessa che non ha trovato finora un adeguato modello teorico–pratico di riferimento. A nulla sono serviti gli sforzi di definire le nuove dinamiche comunicative poste in essere da un’umanità che si rifiuta di essere definita «cittadina» di un contesto o di un ambiente mediale, peggio ancora virtuale. Mi sembra per questo motivo convincente, o se non altro interessante, e non solo per fini pastorali, la riflessione che il Prof. Filippo Carlo Ceretti sviluppa, e che approda al concetto di «Umanità Mediale».
La pastorale attuale non può prescindere dal tenere in considerazione il doppio versante entro cui oggi è obbligata ad agire. Da un lato la natura umana con tutte le sue dinamiche antropologiche, sociologiche, psicologiche e culturali, e per questo il pastore può far riferimento al ricco deposito sapienziale maturato nel corso dei secoli dalla Chiesa. Dall’altro lato bisogna tenere in considerazione le coordinate tecno–logiche (relative alle modalità comunicative e rappresentative) che richiedono una riflessione attenta sull’umanità che vive in questo contesto fortemente caratterizzato dalla medialità.
I media digitali assumono significati diversi nella complessa questione della pastorale mediale.
Per questo motivo Ceretti suggerisce uno sguardo ampio sulla questione che tenga presente 4 direttrici: dimensione strumentale, dimensione informativa, dimensione relazionale e dimensione culturale. Ritengo che solo uno sguardo ampio sulla questione, solo una considerazione olistica del fenomeno può far luce, solo considerando la questione come la risultante delle componenti e non la somma delle parti che è possibile fare delle considerazioni serie per la pastorale.
Attiene direttamente alla dimensione strumentale il contributo tecnico dei media, che nelle sue innumerevoli forme può rendere più efficace l’azione pastorale. L’attenzione del pastore qui è rivolta a selezionare lo strumento
mediale che è ritenuto più utile. È di competenze della dimensione informativa l’attenzione alla vastità delle forme testuali, delle grammatiche comunicative, che vanno a costituire un deposito multimediale prezioso per le attività pastorali. Per quest’asse è richiesta all’operatore pastorale una competenza mediale che gli dà la possibilità di discriminare tra i contenuti mediali e di insegnare a farlo. La dimensione relazione, di natura più sociologica, si occupa del tessuto relazionale (relazioni personali, gruppi, community) posto in essere nella prospettiva preferibilmente della reciprocità. Infine la dimensione culturale, di natura più squisitamente antropologica, che evidenza il concetto nuovo di umanità mediale. L’umanità che non vive in maniera dissociata il suo rapporto con i media; un’umanità che invece proietta sé stessa, si rappresenta nelle sue contraddizioni e mette a tema le sue paure o le sue necessità. In questa prospettiva risulta interessante vedere in che modo l’esperienza mediale diventa stile di vita e modalità di espressione della creatività umana *.
*inDialogo. Mensile della Chiesa di Nola, Dorso di Avvenire 23 settembre 2018, p.6