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Sacra Scrittura, Concilio Vaticano II, Cammino sinodale firmano la scenografia tra passato, presente e futuro in cui si muove il messaggio per il Natale del vescovo di Nola, Francesco Marino, Testimoni di una rivoluzione. La scena dell’arrivo alla ‘grotta di Betlemme’, dopo il tempo dell’Avvento, apre la narrazione episcopale che, immediatamente, ricorda alla Chiesa di Nola che «ancora una volta quest’anno si rinnova per noi il memoriale: ridestati dall’annuncio natalizio nella ‘notte’ delle avversità e delle preoccupazioni per le tante emergenze attuali, siamo chiamati a rivivere un’esperienza spirituale che attraverso la liturgia della luce ci rischiara la bellezza di quell’umano nuovo, di quella speranza di liberazione, ormai redenta, che ha un nome e un volto: l’Emmanuele, il Dio-con-noi».
Non dimentica il vescovo che i tempi attuali si caratterizzano per un complicarsi della complessità quotidiana, ma non ha timore di gridare alla Chiesa di Nola: «Coraggio, dunque,
carissimi in Cristo, siamo chiamati a vivere, annunciare e testimoniare la logica rivoluzionaria dell’Incarnazione, che essenzialmente è messaggio di condivisione e comunione con tutti!». E, aggiunge: «Noi cristiani riconosciamo – sulla parola degli Apostoli – che la promessa si è compiuta nella persona di Gesù Cristo e per questo abbiamo un messaggio da portare a tutti. La Parola di Dio, contenuta nelle antiche Scritture e condivisa con i nostri ‘fratelli maggiori’ della Prima Alleanza, non è più per noi attesa di una promessa del Messia da realizzarsi, ma nel Verbo incarnato siamo in quell’attesa operosa di un compimento definitivo, come professiamo nel Credo: ‘aspetto… la vita del mondo che verrà’».
Nessuno è escluso da questo annuncio di speranza. E, facendo memoria delle principali questioni sociali, il vescovo di Nola ricorda i lavoratori, il mondo della cultura e della scienza, le famiglie.
Una parole di intensa paternità, il vescovo, la stessa che si ritrova nell’invito che chiude il messaggio, a rivivere la gioia natalizia nella Celebrazione eucaristica Pro Episcopo del prossimo 8 gennaio, in Cattedrale, alle 19: «Come diciassette anni fa, - scrive - proprio nei Primi Vespri della Solennità del Battesimo del Signore, renderò grazie al Buon Pastore per avermi chiamato a diventare, oltre ogni mio merito, successore degli Apostoli; in quella stessa santa Messa vi chiederò anche di continuare a pregare con me e per me alla vigilia del quinto anniversario del mio ingresso in diocesi».
Il testo integrale del Messaggio di Natale
Testimoni di una rivoluzione
Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Nola,
come Comunità diocesana in cammino sinodale, attraverso l’itinerario dell’Avvento, raggiungiamo “senza indugio” la grotta di Betlemme; sostiamo, come i pastori, in contemplazione del mistero della natività, compendio e compimento delle antiche profezie. Ancora una volta quest’anno si rinnova per noi il memoriale: ridestati dall’annuncio natalizio nella “notte” delle avversità e delle preoccupazioni per le tante emergenze attuali, siamo chiamati a rivivere un’esperienza spirituale che attraverso la liturgia della luce ci rischiara la bellezza di quell’umano nuovo, di quella speranza di liberazione, ormai redenta, che ha un nome e un volto: l’Emmanuele, il Dio-con-noi. È questa la “pienezza di quel tempo” in cui con San Paolo possiamo esclamare: «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Lettera ai Galati 4, 4-5).
Sì, fratelli e sorelle carissimi, siamo figli amati nel Figlio prediletto: questa è la certezza del Natale! Noi cristiani riconosciamo – sulla parola degli Apostoli – che la promessa si è compiuta nella persona di Gesù Cristo e per questo abbiamo un messaggio da portare a tutti. La Parola di Dio, contenuta nelle antiche Scritture e condivisa con i nostri “fratelli maggiori” della Prima Alleanza, non è più per noi attesa di una promessa del Messia da realizzarsi, ma nel Verbo incarnato siamo in quell’attesa operosa di un compimento definitivo, come professiamo nel Credo: «aspetto… la vita del mondo che verrà». È radicata in questa certezza la nostra Speranza, ed è animata da questa consapevolezza la nostra missione ecclesiale di promozione umana. Lo ricorda con parole belle il Concilio Vaticano II: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. […] Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. […] Soffrendo per noi non solo ci ha dato l’esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada; mentre noi la percorriamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato» (Gaudium et spes, 22).
Coraggio, dunque, carissimi in Cristo, siamo chiamati a vivere, annunciare e testimoniare la logica rivoluzionaria dell’Incarnazione, che essenzialmente è messaggio di condivisione e comunione con tutti! Ci attendono le aspirazioni più segrete del cuore di tanti nostri contemporanei ai quali siamo mandati, come i Pastori di Betlemme, a ravvivare e riorganizzare la speranza. La pandemia ci ha ridotti nei numeri, contingentati negli spazi, forse anche assopiti nell’entusiasmo missionario e impigriti nella creatività pastorale. Il tempo del sinodo ci incoraggi sempre più a camminare insieme tra di noi e con tutti, al di là di ogni cultura, religione, appartenenza e condizione sociale, consapevoli che la logica e lo stile dell’incarnazione «non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la Grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS, 22). È per questo che non si può essere cristiani solo all’interno delle mura parrocchiali: comunione, partecipazione e missione restano le coordinate fondamentali di ogni attività pastorale che sia efficace per la vita del mondo.
Abbiamo un messaggio di speranza da portare ai tanti lavoratori e lavoratrici costretti a “braccia conserti” dalla cassa integrazione. Nel mio cuore di pastore sento il dolore delle famiglie in difficoltà, in particolare dei tanti giovani in cerca di lavoro e di quanti sono vittime dalla crisi occupazionale. Cristo che “ha lavorato con mani d’uomo” conosce la vostra fatica, comprende la vostra sofferenza e abbracciandovi nel suo amore, in un certo senso costringe tutti noi a riscoprire la bellezza di un ambiente umano e naturale da proteggere da ogni forma di inquinamento e asservimento alle sole logiche economiche. Sentite sempre il Vescovo e la comunità diocesana al vostro fianco in quell’impegno a chiedere il lavoro quale strumento di dignità e condizione indispensabile per rispondere alla propria vocazione familiare.
Abbiamo un messaggio di speranza da portare al mondo della cultura e della scienza. Non lasci indifferenti la manipolazione operata da un pensiero unico, espressione di una cultura relativistica e consumistica, che restringe le potenzialità di quella intelligenza umana con la quale Cristo stesso ha pensato. L’uomo non può ridursi ai suoi bisogni, è creato capace di grandi sogni e di sovraumane aspettative da non mortificare. Dobbiamo tornare a immaginare una nuova cultura, un nuovo umanesimo, realmente inclusivo, aperto alla diversità, attento alle migrazioni dei popoli, capace di intercettare le domande di senso e le aspirazioni profonde di giustizia e di salvaguardia del Creato. È tempo di una rinnovata esperienza di dialogo interculturale, a livello nazionale ed europeo, che non estrometta la parola “Natale” ma che sappia riconoscere ai cristiani un contributo bimillenario di promozione umana, di valori morali, di criteri di vita contenuti in quella Parola che si fa carne.
Abbiamo un messaggio di speranza da portare alle famiglie in quest’anno a loro dedicato. Non riduciamo la grazia del Natale ad un apparato di simboli esteriori: è la tentazione di un natale espropriato dal vero protagonista; lo ha ricordato Papa Francesco nella Catechesi del mercoledì. Non vogliamo una festa senza il Festeggiato, ma un avvenimento spirituale che sappia incarnare e testimoniare una dinamica di umanità autentica da vivere oggi e tramandare alle future generazioni. Non lo dimentichiamo: non si tratta solo di un generico natale delle tradizioni culinarie e sociali, ma del Natale del Signore così come la Tradizione cristiana ci chiede di custodirlo. Questo Natale è il mistero di Dio che assume e libera la nostra umanità. Seguendo Cristo che “ha amato con cuore d’uomo”, educate in famiglia al superamento di tutte quelle forme di odio, di sopraffazione, di abuso e di violenza che a volte si verificano anche all’interno delle nostre case e comunità. Torniamo a proteggere – già a partire dalle nostre abitazioni e dal nostro vicinato – gli ammalati, i bambini, gli anziani, i fragili, le persone vulnerabili, gli immigrati e quanti hanno perso la fiducia in un futuro migliore. Cristo ha amato con amore umano e lo ha elevato alle altezze del suo stesso amore eterno. Seguire la logica dell’incarnazione significa fare spazio nel nostro cuore ad ogni forma di povertà e disagio. L’esercizio concreto della carità, la prossimità ospitale è fare posto a Colui che nella fredda notte della nascita non trovava un alloggio.
Auguro a tutti che le festività natalizie ci immergano sempre più nel mistero di Cristo: «Il suo messaggio non toglie alcunché all’uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso, e all’infuori di esso, niente può soddisfare il cuore dell'uomo» (GS, 21).
Rivivremo insieme anche la gioia natalizia nella Celebrazione eucaristica Pro Episcopo del prossimo 8 gennaio. Come diciassette anni fa, proprio nei Primi Vespri della Solennità del Battesimo del Signore, renderò grazie al Buon Pastore per avermi chiamato a diventare, oltre ogni mio merito, successore degli Apostoli; in quella stessa santa Messa vi chiederò anche di continuare a pregare con me e per me alla vigilia del quinto anniversario del mio ingresso in Diocesi.
Tutti voi affido all’intercessione di Maria santissima, Madre di Dio e Madre della Chiesa, augurandovi buon natale! Vi benedico di cuore, con vivo senso di paternità spirituale.
+ Francesco
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