San Paolino, fonte di acqua viva per la nostra identità nolana in Cristo

Il messaggio del vescovo Francesco Marino per la Solennità di san Paolino, patrono della diocesi di Nola e patrono secondario della Regione ecclesiastica della Campania

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Il vescovo di Nola, Francesco Marino, come da tradizione, ha scritto alla città di Nola e alla diocesi tutta, il Messaggio per la Solennità di San Paolino, patrono della diocesi di Nola e patrono secondario della Regione ecclesiastica della Campania.

«Guardando a Paolino sogno che Nola ritorni ad essere crocevia dello spirito»

Un testo che inizia con la condivisione di un sogno: «Mi permetterete di dire che, proprio perché amo sinceramente Nola, come città e come diocesi, sogno che ritorni ad essere ancora oggi crocevia dello spirito e non vicolo cieco di ideologie e forse di contrapposizioni. Trovo veramente illuminante questa felice espressione di crocevia spirituale, coniata da mons. Andrea Ruggiero, di venerata memoria, al quale la nostra Chiesa diocesana è debitrice per la traduzione dei testi paoliniani e la loro analisi poetica e teologica. Mi è caro ricordare così questo nostro colto presbitero che come docente e preside del nostro Istituto vescovile ha formato generazioni di professionisti e dirigenti della nostra terra e della nostra città. È proprio così: Paolino rese Nola un “crocevia dello spirito”, ossia un passaggio obbligato di cultura e religiosità, di arte e di politica, di diplomazia e impegno per la pace. Seppe diventare punto di riferimento nelle vicende complesse delle eresie del V secolo e si adoperò per custodire il deposito della fede e della sacra Scrittura. La storia della Chiesa lo ricorda per le sue Lettere nelle quali appaiono delineati trattati teologici di spessore. In quegli anni passare per Nola significava imparare un modo di vivere e di credere che favorisse un ritorno consapevole alla purezza evangelica e all’autenticità della dottrina cristiana, alla giustizia e al bene comune. Non di meno egli seppe rendere Nola, per il particolare legame di vicinanza geografica con il Mar Mediterraneo, un significativo snodo tra Occidente ed Oriente. Il vescovo di Nola, dopo quello di Roma, come all’epoca affermavano in molti, era ricercato per i sapienti consigli e per districare casi complessi. Nota è l’amicizia con Agostino in Africa, il legame sacramentale con Ambrogio a Milano, l’affinità esegetica con Girolamo a Gerusalemme. Durante il suo episcopato, si veniva a Nola per apprendere l’arte della fede e non meno quelle doti di amministratore pubblico che avevano segnato la sua esperienza politica. Possiamo ben dire che Paolino, proprio perché aveva trovato la fede, era riconosciuto credibile nella sua lettura sull’autenticità dell’umano e del vissuto ecclesiale». 

«Non si può pensare Nola senza il riferimento primario e costante, direi singolare e unico, a Paolino»

Un sogno che è preceduto da una forte domanda che il vescovo Marino rivolge ai fedeli: «Siamo noi a dare onore a san Paolino, o piuttosto non è lui che ha dato onore a noi? Penso che a nome di tutti il vescovo possa affermare con certa consapevolezza e riconoscenza che, solo grazie a Paolino, Nola ha trovato il suo vero fondamento e lo scopo alto della sua testimonianza spirituale sul territorio; ne scaturisce che quanto più nell’oggi ne diventa consapevole, tanto più può rialzarsi e migliorare per il suo futuro. Per quanto illustri uomini e pensatori, letterati e poeti, filosofi e scienziati, possono vantare le loro origini nolane – e di loro siamo e dobbiamo essere pur orgogliosi e grati –, non si può pensare Nola senza il riferimento primario e costante, direi singolare e unico, a Paolino che ne ha forgiato l’identità nell’appartenenza a Cristo, alla chiesa, alla società umana. Basti ricordare che nel suo stesso nome di città sentiamo quasi i rintocchi di quella prima campanella della storia che, come voce di Cristo, l’Asceta volle innalzare sul campanile delle Basiliche. Mi piace, infatti, descrivere così la nostra stupenda Nola, che nella traduzione latina e in tutte le lingue del mondo significa quella “campana” a me divenuta tanto cara e che, trasferendomi in questa sede, ho voluto aggiungere al mio stemma episcopale per esprimere il mio profondo legame e amore alla città».

«Nola torni ad essere acquedotto di vera umanità e autentica fede per l'Europa»

E ha aggiunto ancora il presule: «La festa dei Gigli è in un certo senso l’esame annuale del nostro DNA ecclesiale e civile: siamo ancora quel crocevia dello spirito? Siamo ancora ospitali? Siamo ancora capaci di relazioni amicali significative? Siamo ancora capaci di religiosità autentica o solo affezionati a festeggiamenti mondani? [...]  Lavoriamo dunque insieme, comunità cristiana e società civile, nel rispetto reciproco della diversità dei ruoli e delle competenze, a servizio della nostra Nola per renderla ancor più bella e vivibile. Carissimi fratelli e sorelle è questo il messaggio che come successore di san Paolino sento di raccogliere e trasmettere dal nostro amato Patrono: Nola continui ad essere crocevia dello spirito! Bagnata dal sangue del vescovo martire Felice, rinfrescata dalla brezza di Paolino, ha avuto in dono la grazia di essere “acquedotto” di vera umanità e di autentica fede per tutta la diocesi, la Campania, l’Italia, l’Europa. Non chiudiamo questa fontana vivace di grazia, ritorniamo a rendere la nostra città un punto di riferimento culturale e artistico. Ci stia a cuore la cura per l’amicizia che deve prendere sempre più la forma e lo stile dell’ospitalità verso quanti da altri paesi vengono ad abitare le nostre strade e le nostre case. Ci appassioni l’arte che nei suoi prevalenti motivi religiosi ci ricorda che il legame tra il nostro territorio e la fede è inscindibile. Ci provochi la solidarietà che come nelle basiliche diventa accoglienza dei poveri e dei migranti».

Messaggio per la Solennità di San Paolino 2024

Il testo del Messaggio

San Paolino, fonte di acqua viva per la nostra identità nolana in Cristo

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Nola, la pace sia con voi tutti!

Avvicinandosi la data del 22 giugno, pietra miliare nel calendario liturgico e nel cammino pastorale della nostra chiesa diocesana, mi sento partecipe di quella stessa gioia che san Paolino similmente nell’anno 398 cantava nel Carme XV composto in prossimità del giorno natalizio di san Felice: «Al ritorno della festa annuale si ripresenta per me anche l’annuale debito della lode. È il tuo giorno natalizio, o Felice gloriosissimo in Cristo, a me più caro di quello che ricorda la mia nascita».

È vero, carissimi fratelli e sorelle, come Paolino sentiva un debito di lode verso Felice, così anche noi abbiamo coltiviamo la riconoscenza verso il nostro Patrono che ci ha resi noti nel mondo con la sua fama di santità tramandataci anche dalle innumerevoli opere artistiche e letterarie che ancora oggi contempliamo nella nostra amata città e nelle Basiliche di Cimitile. Allora, debitore al suo illuminato magistero, anche quest’anno desidero attingere alla miniera dei suoi scritti per cogliere qualche perla preziosa da offrire a tutti per il cammino della nostra vita spirituale e civile. Prendo spunto nella mia meditazione dal Carme XXI composto nel 406, in un anno di relativa serenità sociale e di letizia personale perché in quei giorni Paolino aveva ricevuto nel suo cenobio molti amici in occasione della festa di Felice. Forse, proprio questo cospicuo numero di ospiti, più degli altri anni, rallegrò in maniera particolare l’animo del santo vescovo. In quel clima amicale e di relazioni che si era creato, come spesso accade anche a noi nella settimana della nostra bella festa, Paolino parla direttamente a Nola, quasi personificandola; da un lato le riconosce il grande fascino che attira verso la città, del quale egli stesso si stupisce, e dall’altro constata con certo dolore la carenza di gratitudine dei suoi abitanti verso chi l’ha resa così famosa. Sarà stato per questo che le chiede come un vero innamorato: «Guarda il tuo volto, con cui rinnovata risplendesti, per conoscere se tu hai dato qualche cosa alla gloria di Felice, o piuttosto, sei stata tu tanto arricchita da Felice» (XXI, 820-825). Egli percepisce e denuncia un evidente paradosso. È come se volesse dire: hai tante qualità, cara Nola, tutti ti cercano e ti stimano, arriva gente da ogni luogo, perché non riesci a spiccare di più il volo e non fai tesoro del tuo passato glorioso benedetto dal Signore? È questa domanda che ancora una volta può e dovrebbe sanamente inquietarci: siamo noi a dare onore a san Paolino, o piuttosto non è lui che ha dato onore a noi? Penso che a nome di tutti il vescovo possa affermare con certa consapevolezza e riconoscenza che, solo grazie a Paolino, Nola ha trovato il suo vero fondamento e lo scopo alto della sua testimonianza spirituale sul territorio; ne scaturisce che quanto più nell’oggi ne diventa consapevole, tanto più può rialzarsi e migliorare per il suo futuro. Per quanto illustri uomini e pensatori, letterati e poeti, filosofi e scienziati, possono vantare le loro origini nolane – e di loro siamo e dobbiamo essere pur orgogliosi e grati –, non si può pensare Nola senza il riferimento primario e costante, direi singolare e unico, a Paolino che ne ha forgiato l’identità nell’appartenenza a Cristo, alla chiesa, alla società umana. Basti ricordare che nel suo stesso nome di città sentiamo quasi i rintocchi di quella prima campanella della storia che, come voce di Cristo, l’Asceta volle innalzare sul campanile delle Basiliche. Mi piace, infatti, descrivere così la nostra stupenda Nola, che nella traduzione latina e in tutte le lingue del mondo significa quella “campana” a me divenuta tanto cara e che, trasferendomi in questa sede, ho voluto aggiungere al mio stemma episcopale per esprimere il mio profondo legame e amore alla città.

Mi permetterete di dire che, proprio perché amo sinceramente Nola, come città e come diocesi, sogno che ritorni ad essere ancora oggi crocevia dello spirito e non vicolo cieco di ideologie e forse di contrapposizioni. Trovo veramente illuminante questa felice espressione di crocevia spirituale, coniata da mons. Andrea Ruggiero, di venerata memoria, al quale la nostra Chiesa diocesana è debitrice per la traduzione dei testi paoliniani e la loro analisi poetica e teologica. Mi è caro ricordare così questo nostro colto presbitero che come docente e preside del nostro Istituto vescovile ha formato generazioni di professionisti e dirigenti della nostra terra e della nostra città. È proprio così: Paolino rese Nola un “crocevia dello spirito”, ossia un passaggio obbligato di cultura e religiosità, di arte e di politica, di diplomazia e impegno per la pace. Seppe diventare punto di riferimento nelle vicende complesse delle eresie del V secolo e si adoperò per custodire il deposito della fede e della sacra Scrittura. La storia della Chiesa lo ricorda per le sue Lettere nelle quali appaiono delineati trattati teologici di spessore. In quegli anni passare per Nola significava imparare un modo di vivere e di credere che favorisse un ritorno consapevole alla purezza evangelica e all’autenticità della dottrina cristiana, alla giustizia e al bene comune. Non di meno egli seppe rendere Nola, per il particolare legame di vicinanza geografica con il Mar Mediterraneo, un significativo snodo tra Occidente ed Oriente. Il vescovo di Nola, dopo quello di Roma, come all’epoca affermavano in molti, era ricercato per i sapienti consigli e per districare casi complessi. Nota è l’amicizia con Agostino in Africa, il legame sacramentale con Ambrogio a Milano, l’affinità esegetica con Girolamo a Gerusalemme. Durante il suo episcopato, si veniva a Nola per apprendere l’arte della fede e non meno quelle doti di amministratore pubblico che avevano segnato la sua esperienza politica. Possiamo ben dire che Paolino, proprio perché aveva trovato la fede, era riconosciuto credibile nella sua lettura sull’autenticità dell’umano e del vissuto ecclesiale. 

Quanto abbiamo ancora bisogno di ravvivare questa consapevolezza in un tempo in cui gli effetti di una certa secolarizzazione, l’appiattimento sugli interessi materiali e di parte, l’indifferenza ai valori alti del pensiero e dello spirito umano trascendente, la confusione tra l’autentica laicità e il laicismo ideologico, il progressivo scollamento dalla concezione credente della vita ci fa correre il rischio di misconoscere e a tratti rinnegare le nostre origini profondamente cristiane.

Vale forse anche per noi l’amorevole rimprovero che nel Carme XXI rivolge alla città di Nola che in anni addietro gli aveva negato l’acqua per le Basiliche di Cimitile temendo che venisse meno il flusso per i suoi abitanti: «O Nola, a me che chiedevo la giusta partecipazione al tuo acquedotto, per quale timore con durezza negavi la concessione dell’acqua comune? Dimenticando di guardare alla legge di Dio, pensavi, che i miei desideri fossero ispirati dalla ricerca della utilità degli uomini; non pensando a Felice, credevi che tu l’avresti data a me, preoccupata, ti lamentavi che se l’avessi concessa a me, perdendo il flusso dell’acqua, la tua terra sarebbe rimasta inaridita» (Carme XXI, vv. 755-760). Come non vedere in questi versi l’incoraggiamento del padre che, lungi dal presentare semplicemente un conto salato per un diniego o umiliare i suoi figli, vuole spronare a non rimanere nelle secche di un atteggiamento di paura e di chiusura umana e allo stesso tempo vuole ravvivare quella fede che diventa il vero motivo per il quale il Signore ha voluto la Città. Quanto ancora oggi queste paure, l’egoismo, l’autoreferenzialità divisiva che riemerge, la rivendicazione ideologica di alcuni, la prevaricazione di parte ci fanno perdere occasioni d’oro? Penso in questo momento a quelle volte in cui ancora oggi la città appare chiusa nel proprio perimetro, perdendo quello slancio di solidarietà, di inclusività e quell’apertura a tutti che dice intelligenza e duttilità. Nola deve ritornare ad essere il centro della fede dell’intera nostra diocesi e lo può fare solo se la città, anche nella sua componente civile e culturale oltre che religiosa e associativa, riscopre le sue radici essenzialmente cristiane. Le particolari grazie e i doni che ha ricevuto chiedono di non chiudersi in una sorta di embargo protezionista, ma di aprirci sempre alla cultura dell’incontro e delle ampie alleanze a servizio di tutti.

La festa dei Gigli è in un certo senso l’esame annuale del nostro DNA ecclesiale e civile: siamo ancora quel crocevia dello spirito? Siamo ancora ospitali? Siamo ancora capaci di relazioni amicali significative? Siamo ancora capaci di religiosità autentica o solo affezionati a festeggiamenti mondani?

Continuando il discorso, Paolino nel Carme che ho citato sottolinea che questo rifiuto dell’acqua era stato espresso dai nolani con tumulti e proteste di strada. Egli tuttavia con il suo metodo poetico e spirituale aiuta a comprendere che l’aggressività delle critiche nella vita civile e gli atteggiamenti contrapposti non rendono mai onore alla grandezza di Nola. Quanto attuali anche queste sue parole! Egli non cadde nella trappola delle provocazioni o negli umori delle piazze, ma si adoperò nel correggere con la bellezza gli abbrutimenti delle grettezze ideologiche e dei populismi che, oggi come allora, fanno tanto male al bene comune. È questa la strada anche per noi: quando tutto sembra crollare, costruiamo il futuro lavorando insieme. Paolino ci chiede il coraggio di fidarsi di Dio e di capire che riscoprire le origini cristiane non toglie nulla all’uomo ma lo impreziosisce. Infatti, afferma: «Nello stesso tempo in cui tante volte, pur essendo padrone della tua acqua, solevi restarne privo, poiché Dio ha moltiplicato ciò che aveva preso da te, in abbondanza l’acqua corse per la tua sete e i tuoi lavacri» (v. 785). Quando ci si fida di Dio, quando ci si affida a Lui, tutto sovrabbonda in una perenne “pesca miracolosa”. Lavoriamo dunque insieme, comunità cristiana e società civile, nel rispetto reciproco della diversità dei ruoli e delle competenze, a servizio della nostra Nola per renderla ancor più bella e vivibile.

Carissimi fratelli e sorelle è questo il messaggio che come successore di san Paolino sento di raccogliere e trasmettere dal nostro amato Patrono: Nola continui ad essere crocevia dello spirito! Bagnata dal sangue del vescovo martire Felice, rinfrescata dalla brezza di Paolino, ha avuto in dono la grazia di essere “acquedotto” di vera umanità e di autentica fede per tutta la diocesi, la Campania, l’Italia, l’Europa. Non chiudiamo questa fontana vivace di grazia, ritorniamo a rendere la nostra città un punto di riferimento culturale e artistico. Ci stia a cuore la cura per l’amicizia che deve prendere sempre più la forma e lo stile dell’ospitalità verso quanti da altri paesi vengono ad abitare le nostre strade e le nostre case. Ci appassioni l’arte che nei suoi prevalenti motivi religiosi ci ricorda che il legame tra il nostro territorio e la fede è inscindibile. Ci provochi la solidarietà che come nelle basiliche diventa accoglienza dei poveri e dei migranti.

La nostra città negò l’acqua a Paolino, e questo pesa, ma, come egli seppe perdonarci con cuore di padre, noi ora non neghiamogli il merito di riconoscenza che ci fa sentire perennemente orgogliosi e responsabili di essere un fiume che scaturisce nel tempo dalla sua unica fonte.

Buona festa, città di Nola! Viva San Paolino!  

+ Francesco Marino

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