Preti santi, padri fedeli, profeti di Dio

L'intensa omelia tenuta dal vescovo Francesco in occasione dell'ordinazione sacerdotale dello scorso 19 marzo

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Lunedì 19 marzo, il vescovo di Nola, Francesco Marino, ha conferito l'ordinazione sacerdotale ai diaconi Ciro Toscano ed Enzo Tramontano. Riportiamo di seguito il testo della intensa omelia tenuta durante la celebrazione. 

Questo il testo:

Cari fratelli e sorelle, l'ordinazione sacerdotale che tra poco conferirò ai nostri diaconi don Ciro e don Enzo coincide con la solennità di San Giuseppe, sposo della beata Vergine Maria, portando con sé lo spessore della provvidenza di Dio, presente in ogni vicenda umana e da vivere come grazia e benedizione.

La Parola di Dio che accompagna questa liturgia ci aiuta a vivere bene questo momento di  grazia, con gli insegnamenti contenuti nella Lettera ai Romani di San Paolo, nel riferimento alla fede di Abramo, con quelli del racconto del Secondo Libro di Samuele, relativo alla promessa di Dio a Davide di una discendenza e di un regno stabile, attuata in Gesù, Re e Messia, quelli infine del Vangelo di Matteo, con il racconto su Giuseppe di Nazareth, sposo e padre, nel quale, in un certo modo, le figure di Abramo e Davide trovano compimento in relazione a Gesù, alla Chiesa e a noi.

In Abramo vediamo la docilità intrepida ed eroica dell’ordinarietà della vita dell’uomo di fede. San Paolo ci ha descritto la sua statura spirituale, quasi si affanna a dire che la salvezza gli uomini l’hanno ottenuta non per autosalvezza, attraverso l’osservanza della Legge, in base alle opere, bensì per grazia, in forza della loro fede, come Abramo, credente saldo nella speranza contro ogni speranza. La sua fede porta dentro di sé la speranza della risurrezione e la fecondità della discendenza eterna. È un esodo. La liturgia ci insegna che la missione di san Giuseppe, padre di Gesù secondo la Legge, continua la missione di Abramo.

La seconda figura è Davide: grande perché piccolo. Potremmo descrivere la sua fede a partire dalla sua persona. È piccolo, il più piccolo tra i figli di Jesse ma scelto da Dio piccolo davanti al gigante Golia, piccolo ma vincente. Nel testo ascoltato emerge il suo desiderio di fare un grande tempio a Dio. Ma sarà suo figlio Salomone a costruire il grande tempio. A Davide convengono le cose piccole, perché è piccolo: nel sentirsi piccoli davanti a Dio risiede tutta forza della fede. Davide affronta le situazioni della vita consapevole che la forza gli viene dall’alto. Ma il Regno di Dio non è forse come un chicco di grano che deve sparire e crescere?

Infine, Giuseppe, il sognatore, l’uomo che sogna, come il Giuseppe del Libro della Genesi, schernito dai fratelli. Anche Giuseppe sogna molto, come ci racconta il Vangelo di Matteo. È in sogno che ascolta il Signore. Si fida di Dio e si butta. Ma non a poco prezzo. A caro prezzo. Lo mette in luce l’episodio di Gesù dodicenne ritrovato nel tempio di Gerusalemme. Le parole di Maria, “tue padre ed io ti cercavamo” e la risposta di Gesù, “perché mi cercate, non sapete che devo fare le cose del padre mio”, ne rivelano la maturità. C’è una tensione profonda con il padre e la madre. Suo padre è qualcun Altro rispetto a ciò che essi dicono. Giuseppe ha accettato di essere un padre-non-padre, anche il Vangelo non chiama mai Giuseppe padre. Giuseppe è padre-non-padre. In piena consapevolezza accetta il disegno di Dio. Un padre che ha permesso a Gesù tutta la sua crescita. In qualche modo Gesù, ci ricordano alcuni commentatori del Vangelo, è un figlio senza padre, perché ha un altro padre. Grazie alla presenza non invasiva, ma essenziale, quale sposo di Maria e perno della famiglia, senza occupare un posto che non è suo, Giuseppe accompagna Gesù - e anche questo è un grande mistero - in tutta la sua ricerca, in tutta la sua lotta, in tutte le sue domande sulla sua origine, sul suo vero padre. È stato Giuseppe accanto, in silenzio, ma presente. Giuseppe ha assistito al cammino di grandezza di Gesù che ad un certo punto scopre la sua origine divina, scoprendo colui che chiamerà come Abbà: una scoperta che cambierà tutto e di cui ci farà comprendere la gioia. Gesù scopre e offre a tutti lo sguardo del padre, sui buoni e sui malvagi, sui giusti e sugli ingiusti, che veste i gigli dei campi e nutre gli uccelli del cielo. E in questa scoperta Giuseppe c’è, è accanto a Gesù. Singolarissima presenza.  Come non sottolineare la similitudine tra quello che voi ordinandi state per vivere e la missione di Giuseppe.

Carissimi don Ciro e don Enzo, oggi con l’imposizione delle mie mani voi venite inseriti nell’, espressione questa che dà il titolo al decreto conciliare sul ministero sacerdotale e che mette in risalto la dimensione comunitaria in cui dovete collocare voi stessi, per vivere in maniera giusta e fede il ministero. Non è certo casuale che il decreto parli dei sacerdoti quasi sempre al plurale e sin dall’inizio presenti i presbiteri quali collaboratori dell’ordine dei vescovi legati gli uni agli altri nell’ordine del presbiterato. I presbiteri, precisa il Concilio, costituiti nell’ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono tutti tra loro uniti da un’intima fraternità sacramentale. Formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono assegnati. Ciascun presbitero è unito agli altri da particolari vincoli di carità, di ministero e di fraternità. In quanto membri dell’ordine dei presbiteri, questi hanno un legame intimo e sacramentale che tocca profondamente tutta la loro personalità, struttura tutta la loro vita e trasforma la loro esistenza. L’insegnamento del Concilio Vaticano II focalizza, in maniera efficace, l’attività e la missione del presbitero soprattutto sull’annuncio della Parola di Dio, la cui missione è strettamente collegata alla chiamata dei presbiteri alla perfezione spirituale e al dovere di tendervi. Perché l’esercizio della funzione presbiterale esige e favorisce la santità.

A voi, cari ordinandi, lascio il compito di riflettere ancora di più sulla modalità di vivere la propria missione come quella di Giuseppe. Una vita di padre-non- padre, accanto ad un figlio che sperimenta la dimensione del figlio-senza-padre. Una tensione simile a quella della nostra realtà di ministri del Signore: esiste nella vita del prete questa tensione, nella sua condizione casta e di un amore celibe, nel servizio obbediente e libero, nella fecondità spirituale senza possesso, nella dedizione incondizionata al regno di Dio.

Ricordatevi, inoltre, che l'esperienza di Giuseppe insegna a tradurre precetti e comandamenti in stile di vita. L’educazione non può fare a meno dell’autorevolezza della coerenza della propria vita. Il prete è educatore, con le sue fragilità e i suoi limiti. Ma, nonostante questi, è chiamato alla testimonianza, alla coerenza della vita, senza sconto. Voglio rivolgere a voi, alcune parole del filosofo e scrittore francese Jean Guitton, amico di Paolo VI: “Voi perderete sempre, se vorrete uguagliarvi a noi o guidarci sul nostro terreno laico. Voi vincerete sempre, se vi stabilirete con gioia, con forza, con una semplicità radiosa in ciò che è il vostro proprio ed incomunicabile dominio: il sacerdozio. Vi domandiamo innanzi tutto e al di sopra di tutto di dare a noi Dio, soprattutto con quei poteri che solo voi avete: assolvere e consacrare. Vi domandiamo di essere gli "uomini di Dio", ish Elohim, come i profeti, i portatori della Parola intemporale, i distributori del Pane della vita, i rappresentanti dell'Eterno fra di noi, gli ambasciatori dell'Assoluto! E senza l'Assoluto che ci avviluppa noi non potremmo neanche godere del relativo. Or dunque, avendo fame e sete d'assoluto e non trovandolo in nessun posto allo stato puro, noi abbiamo bisogno di avere vicino a noi un essere simile a noi che, anche nella sua mediocrità e nella sua miseria, incarni l'idea dell'Assoluto e ci provi con la sua presenza che può esistere, che è anche più presso noi di quanto noi stessi non pensiamo".

Impegnatevi ad essere veri cercatori di Dio, sempre, veri testimoni dell’assoluto di Dio, consapevoli della vostra fragilità, ma mai travolti dall’assenza della fede: sarebbe un venire meno della ragion d’essere della vostra stessa vita. Impegnatevi a vivere con quella grazia a caro prezzo testimoniata da San Giuseppe, al quale vi affido, così come vi affido ai nostri santi vescovi Felice e Paolino.

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