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Di seguito il messaggio che il vescovo di Nola, Francesco Marino, ha rivolto questa mattina alla città di Nola, in occasione della Festa dei Gigli in onore del Santo Patrono della Diocesi Paolino.
Per san Paolino, Cristo viene prima di tutto
Appena un anno fa, cari fratelli e sorelle, durante l'omelia per il Pontificale nella Solennità del Santo vescovo Paolino, ricordavo l'eredità che egli ci ha lasciato, quella di essere testimoni di Cristo. Perché è Lui la stella alla quale san Paolino richiama ogni suo interlocutore, è Lui la persona verso cui converge l’unità del popolo cristiano attraverso il tempo e quindi il vero punto d’incontro significativo tra la parola e l’azione illuminate del grande Pastore della Chiesa di Nola e il suo tessuto comunitario in cui la sua testimonianza di vita santa continua a suscitare e a rendere salda l’amicizia in Cristo e tra noi.
Per il nostro santo vescovo, è Cristo che viene prima di tutto. A leggere i suoi scritti, si è condotti con la mente all'incipit della Costituzione dogmatica Lumen Gentium, la quale, nel confessare che «Cristo è la luce delle genti...che risplende sul volto della Chiesa» la definisce anche «il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano», in quanto tale intimamente missionaria, annunciatrice e portatrice della Buona Notizia, seme del Regno di Dio tra gli uomini, madre e maestra esperta in umanità. In realtà essa manifesta che il disegno di Dio è proprio quello di unificare tutti gli uomini in Cristo, via verità e vita. Secoli e secoli separano gli scritti di paoliniani dall’insegnamento del Concilio Vaticano II sulla Chiesa, eppure il sentire è lo stesso, perché la fede è una. E se Cristo è per san Paolino il bene più prezioso, la perla per cui ha venduto tutto, per noi Cristo cosa rappresenta? Anzi chi è? Dall’insegnamento di Paolino è necessario imparare a far riferimento a Cristo in ogni dimensione della realtà umana. Personale, ecclesiale e sociale, a partire dalla famiglia, bene da custodire.
Amare il patrono della propria città è amare la propria città, è sperare per essa giorni di pace, per i suoi abitanti serenità e prosperità. Occorre, per questo, prendere consapevolezza che il bene comune costa sacrificio, richiede impegno, lavoro, richiede capacità di mettersi in gioco con umiltà, di rimboccarsi le maniche con generosità e senza tornaconto, perché solo dalla solidarietà e dalla comunione può nascere il bene per tutti. Paolino questo lo aveva capito e vissuto con coerenza, in Cristo aveva trovato il senso delle sue scelte di vita, il senso del suo operare, che in lui sempre più scaturiva dal suo essere in Cristo: «Abitiamo in lui - scrive a Severo - poiché egli è anche la città...la famosa casa non costruita dalla mano dell'uomo; se noi abitiamo in essa per mezzo di quelle opere che dobbiamo compiere per meritare il diventare cittadini dei santi, la nostra opera non brucerà nel fuoco...». E potremo vedere i riflessi della presenza di Dio. Le alte cime dei gigli, d'altronde, non portano il nostro sguardo verso il Cielo, nella direzione del Santo e oltre lui? Attraverso essi, san Paolino ci conduce a Cristo; in Lui non riconosciamo il volto del nostro unico Padre, con Lui non gridiamo da figli adottivi «Abbà, Padre»? In realtà la festa dei Gigli con i suoi aspetti culturali folcloristici e popolari, ma anche il suo riferimento imprescindibile a San Paolino e alla sua testimonianza di fede in Cristo e al suo vangelo ci rimanda alla profondità della nostra fede cristiana.
Credere è sempre difficile, in ogni tempo, perché ogni momento storico ha le sue difficoltà. Ma dire che credere è difficile, non vuol dire che sia impossibile. Dio ci ha fatti tali che possiamo conoscerlo e in Cristo ci ha rivelato il suo volto d’amore. Un Amore che chiama a responsabilità, esige una imitazione. Per questo, seguiamo Paolino e l'invito che lui scrisse a Pammachio: «Facciamo quello che Cristo ha comandato, per ottenere ciò che Cristo ha promesso...A nessuno egli chiude in faccia il suo Regno».