l dono del suo Spirito e l’imposizione delle mani del vescovo, vi vuole rendere persone nuove, uomini capaci di costruire la civiltà dell'amore, dove il perdono vince la vendetta, la ragione prevale sulla forza, la solidarietà infrange la logica del tornaconto egoistico, la corrente della vita distrugge la cultura della morte. E Dio solo sa quanto oggi questo sia particolarmente urgente! La Chiesa vi affida due libri. Il primo è l’Evangelo di Gesù che oggi chiede di essere ridetto in tutta la sua semplicità senza troppi commenti. Il secondo libro è la Liturgia delle ore, il libro di preghiera della Chiesa. Insegnare la fede non è cosa diversa dall’insegnare la preghiera.
Oggi è anche il giorno delle promesse. Farete infatti la promessa di vivere nel celibato. Non deve meravigliarci se l’amore vincola, non c’è nulla di più vincolante dell’amore. Una vita verginale non è una pura rinuncia, ma un donarsi totalmente nell’amore, anche nella corporeità, a Cristo e quindi alla sua Chiesa, in particolar modo a una comunità. Farete anche la promessa di obbedienza nelle mani del vescovo. Si obbedisce alla voce di Dio perché non c’è fede senza obbedienza. La volontà di Dio passa attraverso le mediazioni umane che ci proteggono dal rischio di scambiare la volontà divina con le proiezioni del nostro desiderio. Vorrei, però, che vi ricordaste soprattutto questo aspetto: è vero che voi oggi fate una promessa solenne a Dio e alla Chiesa – e ciò che promettete è “per sempre”, non vale per un giorno – tuttavia non puntate sulla vostra fedeltà incerta, piuttosto ricordatevi le parole del salmo: “Il Signore è buono. Il suo amore è per sempre!”.
Giovanni, Salvatore e Alfonso, la vostra ordinazione susciti in tutti noi una speranza nuova, animata dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spinga anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci. La nostra Chiesa, confidando fiduciosamente nei doni di Dio ricevuti, possa essere attenta a suscitare e promuovere vocazioni educative, favorendo la loro formazione, a discernere e prendersi cura degli educatori. Promuova e accompagni la consapevolezza della missione educativa di ogni famiglia, il soggetto insostituibile di evangelizzazione nella vita quotidiana. Ogni comunità ecclesiale possa diventare, perciò, punto di riferimento autorevole della vita buona, formata in Cristo dallo Spirito!".
Il testo completo dell'omelia
Carissimi confratelli vescovi, presbiteri e diaconi, fratelli e sorelle amati dal Signore,
nella festa dell’evangelista san Luca, lo “scriba della mansuetudine di Cristo” come l’ha definito Dante, accogliamo con gioia la grazia dell’ordinazione diaconale per la nostra santa chiesa di Nola degli accoliti Giovanni, Alfonso e Salvatore a cui vanno da subito le espressioni dell’amore fraterno e l’augurio orante della santità, dono dello Spirito.
Carissimi, le nostre comunità vi hanno amato, generato alla fede, accompagnato nella vocazione; oggi vi vedono nascere come ministri e vi attendono con il Vangelo in mano e il segno del grembiule ai fianchi. Sono molto grato al Signore per le vostre vocazioni, frutto della sua elezione e dell’amore di tanti. La gratitudine è alle vostre famiglie che vi hanno offerto per l’opera del Signore, al presbiterio perché ogni vocazione si appoggia sulle vocazioni di sacerdoti appassionati che appassionano altri al servizio della Chiesa, al nostro Seminario di Nola e di Posillipo e agli educatori, qui rappresentati da don Gennaro Romano e da p. Franco Beneduce SJ, che vi hanno seguito in questi anni. Un grazie speciale ai vostri amici più giovani. Con la loro presenza vogliono dirvi che hanno capito e apprezzano il passo che fate oggi. È un passo che fate con loro, grazie a loro e soprattutto per loro. Spero che ai giovani presenti arrivi dritto al cuore il messaggio che se non si vive per servire, serve a poco vivere.
È proprio l’evangelista Luca a introdurci al mistero di Gesù Cristo con affetto e passione. Egli ha scritto il suo vangelo raccogliendolo da Paolo, il suo evangelizzatore. È il vangelo di chi, come noi, non ha mai visto Gesù in faccia ma è stato iniziato alla fede da qualcun altro. Questo dice quanto da sempre sia importante, anzi costitutiva per la vita della chiesa la formazione. Il suo vangelo è pieno di sfumature, di positività, di luce. In esso traspare tutta la bontà e la misericordia di Gesù, presentato come Maestro di preghiera, ripieno dello Spirito Santo in cammino verso Gerusalemme.
Luca è l'evangelista della parabola del figlio prodigo, della pecora perduta e ritrovata, del buon samaritano e del povero Lazzaro. Egli parla dell'amore di Gesù per i poveri con accenti più teneri degli altri: ci presenta il Signore che si commuove davanti al dolore della vedova di Nain; che accoglie la peccatrice in casa di Simone il fariseo con tanta delicatezza assicurandole il perdono di Dio; che accoglie Zaccheo con tanta bontà da cambiare il suo duro cuore di pubblicano in un cuore pentito e generoso.
Egli è dunque l'evangelista della fiducia, della pace, della gioia, dell’universalità della salvezza; è l'evangelista dello Spirito Santo. Negli Atti degli Apostoli è lui che ha trovato la formula tanto cara alle comunità cristiane: "formare un cuor solo e un'anima sola", che è ripresa anche dall'orazione della Colletta di oggi. Forse più degli altri è colui che ci presenta la comunità strutturata dal ministero, come ci ha raccontato oggi il brano dell’istituzione dei Sette, dedicati al servizio delle mense, accanto ai Dodici, dedicati all’evangelizzazione e alla preghiera.
Nell'epilogo della seconda lettera a Timoteo, per l’Apostolo Paolo, in catene per Cristo, Luca, si mostra solidale e vicino alle sofferenze dell'Apostolo, che vuole portare a compimento la missione di annunziare il vangelo a tutte le genti. Ed è bello fare memoria di questa sua presenza premurosa accanto all'anziano "testimone di Cristo".
Nel vangelo Luca ci parla dei discepoli, che sono stati incaricati e inviati dal Signore ad annunciare il Regno di Dio. È la missione cristiana rivolta a tutti i popoli indicati simbolicamente nel numero dei Settantadue discepoli, che evoca la totalità delle nazioni come sono segnalate dal libro della Genesi dopo il diluvio universale. Essa scaturisce dall'iniziativa divina e non da un'autonoma decisione umana, si fonda e si alimenta sulla preghiera che riconosce il primato di Dio che è capace di colmare la sproporzione fra l'abbondanza della mèsse e la penuria degli operai. È l’invio ad annunciare l’amore gratuito e premuroso di Dio per ogni uomo, a portare la sua pace, la sua tenerezza e a rendere tutti partecipi del suo Regno.
“Pace a questa casa!”. La «pace», come pienezza di vita e di gioia; è il dono che precede e accompagna la missione, che viene accolto dai figli della pace. La pace messianica, qualcosa di molto concreto: l’amore di Dio per tutti gli uomini, che instaura la pace e la giustizia, la solidarietà e la condivisione, la non violenza e il servizio, la povertà e la disponibilità, l’accettazione del diverso e la dedizione al prossimo.
La missione è un annuncio di pace in un ambiente ostile, che ha come metodo non la violenza del lupo che uccide e disperde, ma la mitezza dell'agnello che si dona volontariamente per essere immolato.
Gesù si presenta come il modello dell'autentico missionario che manda i suoi discepoli, come pecore in mezzo ai lupi. Egli è l'agnello-servo di Dio che prende su di sé i peccati del mondo e che sulla croce si mostrerà come l'agnello immolato e vittorioso sulle potenze del male.
Questa missione non riguarda solo alcuni, ma tutti i cristiani. Dobbiamo sentirci impegnati con la preghiera, con l'annuncio della Parola e con la testimonianza della vita a proclamare il vangelo dell'amore di Dio che si manifesta nella croce di Cristo. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire dal nostro recinto e ci guida fino alle periferie dell’umanità. La missione è fondata su mezzi poveri perché presuppone la libertà dai condizionamenti umani, dalla ricchezza, dalle amicizie influenti fondate sulla simpatia.
«La povertà, per noi cristiani, - ha detto papa Francesco - non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua Incarnazione». È bella una notazione di san Gregorio Magno a questo brano che abbiamo letto nell’Ufficio delle Letture di oggi: “Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri” (Om. 17, 1-3; PL 76, 1139). Una suggestione per tutti noi, in particolare oggi per voi Ordinandi!
Infatti, carissimi Ordinandi, se questo vale per tutti i cristiani, il mandato del Maestro s’incarna oggi in maniera particolare per voi in questa liturgia di ordinazione. Nel mese di ottobre, che quest’anno per volontà di papa Francesco richiama in maniera straordinaria l'impegno missionario della Chiesa, è il Signore che definitivamente vi invita a seguirlo e vi invia a risvegliare nel cuore e nella mente dei vostri fratelli la vita della fede. Siete chiamati e inviati come servi del Signore a testimoniare con la parola e la vita la gioia e la bellezza del vangelo di Cristo, ad avere occhi limpidi e cuore generoso e fedele per annunciare la misericordia di Dio, affinché tutti, credendo e amando, possano essere nella chiesa “un cuor solo ed un’anima sola”.
Perciò Gesù Cristo, con il dono del suo Spirito e l’imposizione delle mani del vescovo, vi vuole rendere persone nuove, uomini capaci di costruire la civiltà dell'amore, dove il perdono vince la vendetta, la ragione prevale sulla forza, la solidarietà infrange la logica del tornaconto egoistico, la corrente della vita distrugge la cultura della morte. E Dio solo sa quanto oggi questo sia particolarmente urgente!
La Chiesa vi affida due libri. Il primo è l’Evangelo di Gesù che oggi chiede di essere ridetto in tutta la sua semplicità senza troppi commenti. Il vangelo è la forza dirompente della Chiesa. Il vescovo vi metterà tra le mani il libro dei Vangeli: è il nostro programma pastorale fondamentale. Userà un verbo: “Ricevilo”. Quasi a dire: “assorbilo, assimilalo, diventa ciò che annunci”. A me rallegra potervi dire oggi: “Voi siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente” e inviata alla nostra diocesi (cf 2Cor 3,3).
Il secondo libro è la Liturgia delle ore, il libro di preghiera della Chiesa. Insegnare la fede non è cosa diversa dall’insegnare la preghiera. Siate maestri di preghiera, insegnando alle persone come si sta in relazione con Dio, sia nel cuore, che nella celebrazione comunitaria. Affidandovi l’impegno della Liturgia delle ore la Chiesa conta su di voi come intercessori pubblici. Le vostre labbra appartengono al popolo di Dio, custoditele santamente. Oggi anch’esse sono consacrate, cioè “messe a parte” per servire le “fragranti parole del Vangelo” – come diceva il diacono Francesco di Assisi – e la preghiera dell’universo. Siete fatti voce di ogni creatura: pregate con chi prega, pregate per chi non sa pregare, pregate per chi non vuole pregare.
Oggi è anche il giorno delle promesse. Farete infatti la promessa di vivere nel celibato. Non deve meravigliarci se l’amore vincola, non c’è nulla di più vincolante dell’amore. Una vita verginale non è una pura rinuncia, ma un donarsi totalmente nell’amore, anche nella corporeità, a Cristo e quindi alla sua Chiesa, in particolar modo a una comunità.
Farete anche la promessa di obbedienza nelle mani del vescovo. Si obbedisce alla voce di Dio perché non c’è fede senza obbedienza. La volontà di Dio passa attraverso le mediazioni umane che ci proteggono dal rischio di scambiare la volontà divina con le proiezioni del nostro desiderio. Vorrei, però, che vi ricordaste soprattutto questo aspetto: è vero che voi oggi fate una promessa solenne a Dio e alla Chiesa – e ciò che promettete è “per sempre”, non vale per un giorno – tuttavia non puntate sulla vostra fedeltà incerta, piuttosto ricordatevi le parole del salmo: “Il Signore è buono. Il suo amore è per sempre!”.
Sulla scia del nostro Convegno Pastorale diocesano dello scorso settembre, mentre siamo grati al Padre, datore di ogni dono, della vostra consacrazione e missione, preghiamo perché queste siano per tutti noi un segno e un richiamo alla responsabilità e a un impegno comune che ci riporti all’essenziale, che sia ben centrato sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo. Infatti, non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli come Lui ci ha amato. Un incontro con Cristo che è anche adorazione, parola poco usata: adorare Cristo.
Giovanni, Salvatore e Alfonso, la vostra ordinazione susciti in tutti noi una speranza nuova, animata dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spinga anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci. La nostra Chiesa, confidando fiduciosamente nei doni di Dio ricevuti, possa essere attenta a suscitare e promuovere vocazioni educative, favorendo la loro formazione, a discernere e prendersi cura degli educatori. Promuova e accompagni la consapevolezza della missione educativa di ogni famiglia, il soggetto insostituibile di evangelizzazione nella vita quotidiana. Ogni comunità ecclesiale possa diventare, perciò, punto di riferimento autorevole della vita buona, formata in Cristo dallo Spirito!
Carissimi figli, l’ordinazione che riceverete è un segno dell’amore di predilezione che il Signore vi ha manifestato. Rispondetegli con tutto l’amore di cui è capace il vostro cuore. Maria, Serva obbediente del Signore, immagine e modello della Chiesa orante, che nel cenacolo si unì agli apostoli in preghiera nell’attesa dello Spirito Santo, e San Paolino vescovo intercedano una Sua abbondante effusione su voi ordinandi diaconi e su tutta la nostra Chiesa. Amen