Nel cantiere di Betlemme, per un Natale sinodale

Il Messaggio di Natale del vescovo Francesco

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Il messaggio di Natale come occasione per incoraggiare tutti gli uomini e le donne di buona volontà, le associazioni ecclesiali e i movimenti, i cammini e le parrocchie tutte, a proseguire nell'impegno a costruire una Chiesa tutta sinodale, «aperta all’ascolto, capace di relazioni e prossimità, e soprattutto consapevole che in ogni passaggio della storia e periferia della nostra società siamo chiamati a generare Cristo, pienezza di umanità e risposta sensata ad ogni interrogativo esistenziale».

Da Betania a Betlemme

Così scrive il vescovo di Nola, Francesco Marino, nel messaggio che ha voluto indirizzare alla Chiesa di Nola, in occasione del Natale. Un testo che nasce dal desiderio di condividere alcune semplici riflessioni, «frutto della mia meditazione  - scrive - che a partire dalla scena evangelica di Betania, spiritualmente, mi riporta indietro agli avvenimenti di Betlemme» in un certo senso si prefigura la casa di Betania, quale cantiere di ascolto e di nuova umanità».

«La grotta di Betlemme - continua monsignor Marino - con la sua povertà ci stimola a ripensare anche il senso delle dinamiche del nostro annuncio che, come costatiamo, non si avvantaggiano più dell’immediatezza di un luogo nel quale identificarsi e neanche su di una condivisa cultura cristiana dalla quale partire, piuttosto bisogna trovare condivisioni e sinergie su di un’esperienza di umanità autentica e nella ricerca del bene comune con tutti quelli che hanno a cuore il desiderio di riscatto dei deboli. Lo stiamo scoprendo nei tavoli e nelle riflessioni sinodali: è urgente passare da una pastorale strutturata in forme e circostanze predefinite, in luoghi fisici circoscritti, ad una vicinanza “in uscita” verso le periferie esistenziali. Non si tratterà di rifiutare le strutture ecclesiali o di abbandonarle, piuttosto di renderle sempre più abitabili, elastiche, permettendo a tutti coloro che vivono povertà di ogni genere, di entrarvi dopo essere andati loro incontro. Bisogna sperare certamente che si superino le diffidenze degli abitanti di Betlemme di oggigiorno, ma anche per noi credenti evitare di essere “distolti” dai molti servizi come Marta di Betania che pur organizzando tutto per l’accoglienza, finisce per non accogliere realmente». 

E aggiunge: «A questo proposito mi preme sottolineare che una delle più grandi povertà del nostro tempo è determinata da un’antropologia chiusa alla trascendenza, all’ulteriorità, all’eternità; in altri termini stiamo costruendo un’idea di uomo nella quale non c’è posto per Dio. Non a caso Gesù a Betania loda Maria, che differentemente dalla sorella Marta, sa scegliere la “parte migliore”, quella realtà di ascolto della Parola che non esclude i servizi di assistenza, ma tuttavia fa attenzione a non lasciarsi distogliere da quell’Essenziale che dà significato ad ogni cosa da fare».

L'invito è dunque a compiere una scelta come quella di Maria. Non solo di Maria di Betania ma prima di tutto come quella di Maria di Nazareth: «Prima ancora della sorella di Marta e Lazzaro è la Vergine di Nazareth a scegliere il “meglio” al cospetto di Gesù. Custodire e meditare nel cuore è la dinamica del discernimento, l’arte di vivere quella spiritualità dell’ascolto e dell’impegno cristiano autentico. Il Cristianesimo si fonda su una logica integrativa, inclusiva, mai assolutizzante di un aspetto o disprezzandone altri necessari; il cristiano è, dunque, colui che nel suo agire sa scegliere il “meglio” per vivere il “tutto” in maniera consapevole e libera». Per questo, conclude monsignor Marino: «Custodiamo quello che vedremo in questi giorni, le persone che incontreremo, gli auguri che ci scambieremo e meditiamo nel nostro cuore perché anche la Betlemme di quest’anno diventi un “cantiere sinodale” per una chiesa che desidera generare Cristo in ogni epoca dell’umanità».

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Per un Natale sinodale

Il messaggio completo del vescovo Marino


Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Nola
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ci prepariamo a vivere il Tempo di Natale in questo secondo anno del cammino sinodale, nel quale ci è stata offerta dalla Conferenza Episcopale Italiana l’icona evangelica dell’incontro tra Gesù, Marta e Maria (cfr. Lc 10, 38-42) come riferimento per proseguire nel percorso di ascolto e discernimento. La scelta di questo brano è originata delle sintesi diocesane pervenute al Comitato centrale nel maggio 2022, nelle quali si sono addensate espressioni come: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione… È emerso, pertanto, quasi un glossario del Sinodo che ci ha consegnato le parole chiave per interagire nei vari tavoli sinodali e disegnare così sempre più il sogno di una Chiesa come “casa di Betania”, aperta a tutti ed impegnata nei cantieri di nuova umanità per la vita del Mondo. Parole importanti che non possono farci dimenticare la difficile situazione che stiamo vivendo in Europa e ci offrono anche la speranza di un vocabolario di Pace per favorire ancora il dialogo tra Russia e Ucraina e così far tacere definitivamente il frastuono di questa assurda guerra. Non stanchiamoci di pregare e invocare il dono della pace nel mondo e tra di noi!

Alla luce di questo cammino delle chiese italiane e verso una società sempre più riconciliata nell’amore, che anche la nostra diocesi sta vivendo in maniera intensa e proficua, è desiderio del Vescovo ora cogliere l’occasione degli auguri natalizi per incoraggiare tutti gli uomini e le donne di buona volontà, le associazioni ecclesiali e i movimenti, i cammini e le parrocchie tutte, a proseguire in quest’impegno a costruire una Chiesa tutta sinodale, aperta all’ascolto, capace di relazioni e prossimità, e soprattutto consapevole che in ogni passaggio della storia e periferia della nostra società siamo chiamati a generare Cristo, pienezza di umanità e risposta sensata ad ogni interrogativo esistenziale.

Un collegamento ideale

Mi piace, dunque, condividere con voi alcune semplici riflessioni, frutto della mia meditazione che a partire dalla scena evangelica di Betania, spiritualmente, mi riporta indietro agli avvenimenti di Betlemme. Sì, fratelli e sorelle, nella mia preghiera mi è sembrato quasi di assumere la tecnica cinematografica del flashback: dalla casa di Betania, interrompendo per un attimo le sequenze cronologiche della narrazione, sono tornato indietro con gli occhi del cuore alle prime immagini del Vangelo di Luca, nello scenario della notte della natività a Betlemme. Una dinamica espressiva che non è estranea al genere letterario dei vangeli: Luca stesso, infatti, presentando i racconti del Natale, nei primi due capitoli della sua narrazione ci offre da subito quasi “un’anteprima cinematografica” della storia messianica. In chiave parabolica e facendo uso di simboli, rimandi e allusioni fa intravedere al lettore il Cristo Risorto nel Bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia (cfr. Lc 2, 7). Senza forzare i testi biblici e con le debite differenze semantiche e teologiche, mi pare si possa trovare un collegamento ideale anche tra la difficile ospitalità della grotta di Betlemme e l’accoglienza amicale nella casa di Betania. Nella grotta di Betlemme, in quella stalla intrisa di profumi forti e caratterizzata dalla precarietà, che nonostante tutto per una notte si trasforma in casa accogliente, in un certo senso si prefigura la casa di Betania, quale cantiere di ascolto e di nuova umanità, proprio mentre Gesù – come ci racconta il terzo vangelo – è decisamente in cammino verso la passione e morte a Gerusalemme: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51).

La sfida di attraversare i villaggi del nostro tempo

All’inizio come alla fine della vita di Gesù, c’è sempre un cammino da decidere e attraversare! Maria e Giuseppe si trovano a bussare a molte porte in quel cantiere della strada e del villaggio che li conduce ad interagire con paure e difficoltà, indifferenza e resistenza degli uomini del loro tempo. Una domanda d’aiuto che trova inizialmente freddezza, chiusure, perplessità. Tuttavia, non manca chi mette a disposizione quel poco che possiede: una stalla e poveri panni per il parto. È vero che attraversare i “villaggi” del nostro tempo non è cosa facile per una Chiesa che come Maria deve generare Cristo: le porte e i portali da bussare sono molteplici, i canali nei quali entrare sono innumerevoli e spesso prevale l’indifferenza e la chiusura; tuttavia, anche nel nostro tempo – per grazia di Dio - c’è chi si apre all’accoglienza reciproca e ne accetta la sfida. Anche per la comunità cristiana deve realizzarsi questa sfida di attraversare la strada della povertà e della precarietà dei mezzi pur di non perdere l’occasione di presentarsi al mondo. In altri termini, significa per noi imparare ad essenzializzare le nostre strutture ecclesiali, abitando le tante difficoltà e i numerosi disagi dell’epoca presente come luogo per mostrare ancora l’epifania di Cristo nella storia. Realizzare il cantiere dell’ospitalità, dunque, significa per noi riscoprire che la “casa” da abitare è la prossimità con quanti vivono oggi le grandi sfide dell’esistenza. La grotta di Betlemme con la sua povertà ci stimola a ripensare anche il senso delle dinamiche del nostro annuncio che - come costatiamo - non si avvantaggiano più dell’immediatezza di un luogo nel quale identificarsi e neanche su di una condivisa cultura cristiana dalla quale partire, piuttosto bisogna trovare condivisioni e sinergie su di un’esperienza di umanità autentica e nella ricerca del bene comune con tutti quelli che hanno a cuore il desiderio di riscatto dei deboli.

Da una pastorale strutturata a una vicinanza in uscita

Lo stiamo scoprendo nei tavoli e nelle riflessioni sinodali: è urgente passare da una pastorale strutturata in forme e circostanze predefinite, in luoghi fisici circoscritti, ad una vicinanza “in uscita” verso le periferie esistenziali. Non si tratterà di rifiutare le strutture ecclesiali o di abbandonarle, piuttosto di renderle sempre più abitabili, elastiche, permettendo a tutti coloro che vivono povertà di ogni genere, di entrarvi dopo essere andati loro incontro. Bisogna sperare certamente che si superino le diffidenze degli abitanti di Betlemme di oggigiorno, ma anche per noi credenti evitare di essere “distolti” dai molti servizi come Marta di Betania che pur organizzando tutto per l’accoglienza, finisce per non accogliere realmente.

È a questo livello che si comprende l’esigenza di un rinnovamento della stessa parrocchia perché diventi permanentemente cantiere della casa e dell’ospitalità. La cultura dell’incontro, come vado affermando spesso, dovrà essere più il contesto necessario a promuovere il dialogo, la solidarietà e l’apertura verso tutti: in tal modo, le comunità parrocchiali potranno sviluppare una vera e propria arte della vicinanza. Lo ricorda in diverse occasioni anche Papa Francesco quando condivide con noi il suo sogno di “una chiesa povera per i poveri”. Il Sinodo di conseguenza non prevede che l’ascolto e l’accoglienza siano semplicemente un’ulteriore iniziativa parrocchiale, un evento circoscritto nell’anno pastorale, ma che diventi sempre più uno stile assunto dai vari gruppi e movimenti che ripensano il loro servizio nella logica del cantiere delle diaconie e della formazione spirituale. Abbiamo bisogno per questo di riscoprire che il nostro impegno di servizio si radica primariamente in quella dimensione caritativa che rappresenta un costitutivo dell’essere Chiesa. La diaconia della carità chiede molto di più del semplice “pacco assistenziale”! È l’arte di intercettare i veri bisogni delle famiglie disagiate e dei poveri ai quali non può bastare solo qualche pur necessario aiuto alimentare. Si tratta di conoscere, studiare, approfondire e cercare insieme risposte adeguate alle nuove povertà che si affiancano e si sovrappongono a quelle di sempre. Non a caso la formazione spirituale nel terzo cantiere di Betania è accostata alle diaconie, proprio per aiutarci a comprendere l’esigenza di una spiritualità sempre più incarnata nella concretezza dell’umano e un’umanità che non si riduca ai semplici bisogni primari da soddisfare, ma che sappia riscoprire l’apertura alla trascendenza. A questo proposito mi preme sottolineare che una delle più grandi povertà del nostro tempo è determinata da un’antropologia chiusa alla trascendenza, all’ulteriorità, all’eternità; in altri termini stiamo costruendo un’idea di uomo nella quale non c’è posto per Dio. Non a caso Gesù a Betania loda Maria, che differentemente dalla sorella Marta, sa scegliere la “parte migliore”, quella realtà di ascolto della Parola che non esclude i servizi di assistenza, ma tuttavia fa attenzione a non lasciarsi distogliere da quell’Essenziale che dà significato ad ogni cosa da fare.

Come Maria di Nazareth, custodiamo il Natale

Anche nella grotta di Betlemme come non vedere nella Madre di Gesù quel fondamento di dedizione all’ascolto e alla meditazione: «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Luca 2, 18-19). Prima ancora della sorella di Marta e Lazzaro è la Vergine di Nazareth a scegliere il “meglio” al cospetto di Gesù. Custodire e meditare nel cuore è la dinamica del discernimento, l’arte di vivere quella spiritualità dell’ascolto e dell’impegno cristiano autentico. Il Cristianesimo si fonda su una logica integrativa, inclusiva, mai assolutizzante di un aspetto o disprezzandone altri necessari; il cristiano è, dunque, colui che nel suo agire sa scegliere il “meglio” per vivere il “tutto” in maniera consapevole e libera.

Sì, cari fratelli e sorelle, come Maria a Betlemme, anche noi siamo chiamati a non perdere l’occasione della celebrazione del Natale che in qualche modo stupisce tutti, credenti e non credenti. Custodiamo quello che vedremo in questi giorni, le persone che incontreremo, gli auguri che ci scambieremo e meditiamo nel nostro cuore perché anche la Betlemme di quest’anno diventi un “cantiere sinodale” per una chiesa che desidera generare Cristo in ogni epoca dell’umanità.

Buon Natale a voi e alle vostre famiglie.   

X   Francesco, vescovo



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