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Il vescovo Marino scrive alla Città di Nola per la Solennità di San Paolino, nel giorno in cui avrebbe dovuto esserci la Festa dei Gigli.
«Oggi - scrive - non ci sono i festeggiamenti, ma oggi è festa. In realtà, se il nostro cuore è davvero vicino a quello di Paolino, è festa ogni giorno, perché, come il suo, anche il nostro cuore nella vita di fede è vicino quello di Cristo. Questa pandemia ci ha messo e ci mette a dura prova. Lo stop dei festeggiamenti è una prova. Sono giorni difficili, cari fratelli e sorelle, lo so. Percepisco il vostro dolore, che mi arriva forte anche attraverso il racconto dei vostri parroci. Ma non scoraggiamoci, impariamo da Paolino, e facciamo fiorire questo momento di deserto. È questo un momento che può rafforzare la nostra fede, far emergere domande di senso sul perché San Paolino ci attiri così tanto: qual è il suo segreto? Perché la sua testimonianza sembra intramontabile? Perché il cuore soffre nel non poter far festa in occasione della sua memoria liturgica? Ricordiamo che lo scorso anno la festa non è stata delle più belle; d’altronde ogni anno - da quando sono qui - sento dire che la festa ‘deve cambiare’, così come sento dire che la città deve cambiare, che da troppo tempo attende con ansia la propria rinascita, la valorizzazione delle sue risorse materiali e umane, autentica e non promozionale. Ma non c’è cambiamento senza discernimento. La festa da sola non cambia, perché il Signore ci ha detto che “il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato” (Mt 2,27). La festa arriva per il cuore dell’uomo, è un momento per risposare dalle fatiche e verificare se il nostro cuore stia battendo per ciò che ha davvero valore. Ecco perché vi dico: oggi è festa anche se non ci sono i festeggiamenti».
Pubblichiamo il testo completo
“Come il Signore stesso ha detto, noi non possiamo far nulla senza di lui. Perché lui è la vera vite e noi i suoi tralci”. Così scriveva San Paolino di Nola a Severo (Lettera 24). Il suo cuore era sempre lì: accanto a quello del Signore, accanto al Signore di Felice, al Signore di Agostino, al Signore di Ambrogio, al Signore dei tanti pellegrini e poveri che Paolino accoglieva e accudiva. La sua casa era aperta per curare lo spirito e anche per nutrire il corpo, ospitare e alleviare le ferite, proprio perché la Chiesa è chiamata a svolgere appieno la sua missione integrale verso l’uomo. La chiesa di Paolino è efficacemente corpo di Cristo, vero Dio e vero uomo, che sul fondamento dell’Eucarestia, nel Pane e nel Vino condiviso, pone le basi per costruire la carità sociale e la nuova civiltà dell’amore.
Oggi non ci sono i festeggiamenti, ma oggi è festa. In realtà, se il nostro cuore è davvero vicino a quello di Paolino, è festa ogni giorno, perché, come il suo, anche il nostro cuore nella vita di fede è vicino quello di Cristo. Questa pandemia ci ha messo e ci mette a dura prova. Lo stop dei festeggiamenti è una prova. Sono giorni difficili, cari fratelli e sorelle, lo so. Percepisco il vostro dolore, che mi arriva forte anche attraverso il racconto dei vostri parroci. Ma non scoraggiamoci, impariamo da Paolino, e facciamo fiorire questo momento di deserto. È questo un momento che può rafforzare la nostra fede, far emergere domande di senso sul perché San Paolino ci attiri così tanto: qual è il suo segreto? Perché la sua testimonianza sembra intramontabile? Perché il cuore soffre nel non poter far festa in occasione della sua memoria liturgica? Ricordiamo che lo scorso anno la festa non è stata delle più belle; d’altronde ogni anno - da quando sono qui - sento dire che la festa ‘deve cambiare’, così come sento dire che la città deve cambiare, che da troppo tempo attende con ansia la propria rinascita, la valorizzazione delle sue risorse materiali e umane, autentica e non promozionale. Ma non c’è cambiamento senza discernimento. La festa da sola non cambia, perché il Signore ci ha detto che “il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato” (Mt 2,27). La festa arriva per il cuore dell’uomo, è un momento per risposare dalle fatiche e verificare se il nostro cuore stia battendo per ciò che ha davvero valore. Ecco perché vi dico: oggi è festa anche se non ci sono i festeggiamenti.
Il virus ci ha costretti alla sosta lunga. Ma approfittiamone e impariamo da Paolino, fermandoci davvero presso di lui, con il nostro cuore povero e pellegrino. Non è forse ora il momento di ricentrare il cuore? Dove arriva la nostra fede? Va oltre la punta dei gigli o si ferma sul sagrato della Cattedrale accontentandosi del passaggio del busto del Santo amato? Sale sulla barca per navigare con la Chiesa verso l'orizzonte segnato da Dio o si ferma alla punta della sciabola del 'turco'? Che fede è la nostra? Chiediamocelo e proviamo a dare risposte, per poter così cambiare la festa. È la quarta festa questa che vivo da vescovo di Nola, e non vi nascondo che quest'anno manca anche a me la manifestazione dei Gigli. Ma ancor di più mi manca non poter passare tra di voi questa mattina e guardare i vostri occhi commossi, vedervi come figli che anelano all'abbraccio del loro padre e maestro nella fede, San Paolino. Quale successore di Paolino, però, vi dico: quell'abbraccio è ancora possibile, quell'abbraccio è quotidianamente possibile, quell’abbraccio è a portata di mano, quando noi ogni giorno viviamo la fede in Gesù Cristo, il suo vangelo di perdono e di pace, la concordia e la giustizia, l’amore ai più poveri, ai ‘piccoli’, ai sofferenti abbandonati nella solitudine.
Al nostro amato compatrono, che ‘benigno’ ci sorride dal Paradiso, affido il cuore di tutti, il nostro desiderio di festa, il nostro desiderio di rinnovamento nella vita sociale centrato sull’uguaglianza nel bene, le nostre preghiere. Noi in cambio, fidiamoci della sua storia di vita e delle sue parole, soprattutto di quelle rivolte a Severo, e pensando alle punte dei nostri gigli, ricordiamoci che potranno incantare ancora il mondo con la loro bellezza se noi, seguendo Paolino, ci ricorderemo che la vera ‘borda’ è Cristo.