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Questa mattina, presso la Basilica Cattedrale di Nola il vescovo Francesco Marino ha presieduto la Santa Messa Crismale, celebrazione del Giovedì Santo durante la quale i sacerdoti rinnovano le promesse fatte nel giorno dell'Ordinazione e vengono consacrati gli Oli santi: il Crisma, l’Olio dei Catecumeni e l’Olio degli Infermi.
Cuore dell'omelia del vescovo è stato il ministero sacerdotale: "La liturgia odierna - ha detto il vescovo durante l'omelia - ci fa ancora una volta sperimentare come è dal Signore risorto, partecipe della vita del Padre, che viene il dono della grazia, dello Spirito, che edifica la Chiesa come corpo di Cristo e la fa crescere fino alla misura della piena maturità dell’amore [...]. Per ogni uomo vivere significa rinnovarsi e crescere verso la maturità intellettuale, etica, sociale; per il cristiano tutte le diverse forme di maturità si saldano tra loro e culminano nella carità, nella conformità a Cristo; per il prete la carità prende anzitutto la forma del servizio pastorale [...]. Proprio attraverso l’esercizio del ministero dobbiamo costruire l’edificio della nostra santificazione".
Il vescovo ha ricordato come intorno alla vocazione del Signore ogni prete abbia condensato tanti sogni: "Eravamo convinti che, seguendo questi desideri, la nostra vita sarebbe diventata bella, degna; con dei sacrifici, certo, ma sacrifici che davano gusto alla vita, che permettevano di tendere in alto, verso mete nobili: per aspera ad astra! Così iniziano le vocazioni [...]. Come cavalieri generosi, ci siamo gettati all’inseguimento della gloria; della gloria di Dio, s’intende!". Ma non sono mancati poi le durezze del percorso: prima in Seminario, poi in parrocchia: "I sogni cominciano a realizzarsi; ma siccome il mondo non è stato pensato in funzione dei nostri desideri, i sogni non si realizzano mai come erano stati sognati. Bisogna fare i conti col parroco o, rispettivamente, col vice – nessuno dei quali – guarda caso! – corrisponde al manuale del bravo prete; ciascuno di loro ha una personalità ben squadrata con desideri propri, abitudini inveterate, schemi mentali irrigiditi; poi bisogna fare i conti con i laici che a volte sono restii a impegnarsi, a volte sono troppo invadenti; poi bisogna fare i conti con le strutture materiali che esigono attenzione cura responsabilità, creano preoccupazioni, impegnano tempo ed energie. Insomma, il ministero concreto non è solo l’annuncio appassionante del vangelo che immaginavamo".
Ed è a questo punto che si pone la scelta tra i propri sogni e "la comunità che servo con la sua storia, le sue tradizioni, i suoi limiti".
"Imparare ad amare - ha ricordato monsignor Marino - richiede questo sacrificio. [...] Quanto è difficile questa conversione: uscire dall’egocentrismo, dal narcisismo, dall’elefantiasi dell’io e gioire della crescita dell’altro, gioire proprio quando l’altro si allontana da noi per diventare se stesso. Ma quanto è necessario questo passaggio! L’affabilità, la dolcezza, il rispetto, la capacità di collaborazione, la fraternità, il senso di famiglia dipendono da questo. Ma non ci possiamo fare illusioni: si raggiunge questa meta solo accettando anche di essere feriti: ascoltare una critica senza reagire subito con risentimento, sospendere un progetto perché le persone non lo hanno ancora capito o accettato, trattare con dolcezza chi ha parlato male di te, non allontanare nessuno, anzi andare a cercare chi si è allontanato… è un cammino pieno di spine; ma è anche un cammino di liberazione: orgoglio, gelosia, supponenza, irritabilità, aggressività verbale, giudizi impietosi, questo e tante altre asprezze debbono sciogliersi e lasciare il posto alla bontà. Così s’impara ad amare; così il ministero diventa via di maturità e di santificazione".
Quindi monsignor Marino ha sottolineato l'importanza per il prete di acquisire "una sincera conoscenza dei nostri sentimenti, un certo spirito autocritico e anche una buona dose di autoironia: quando ci estasiamo davanti a un bello ornamento liturgico, forse ci serve saper sorridere di noi stessi – siamo ancora adolescenti; quando abbiamo desiderio di carriera, forse ci serve una sincera autocritica – siamo i discepoli di un crocifisso; quando usiamo parole offensive verso qualcuno, dobbiamo piangere amaramente davanti al Signore che quando era oltraggiato non rispondeva con oltraggi; siamo partiti con l’entusiasmo di fare noi qualcosa di grande e ci troviamo a dover diventare 'gli ultimi di tutti e i servi di tutti' (Mc 9,35). L’amore, scrive san Paolo, 'Non cerca il proprio interesse', ma il testo è più esigente e dice: 'Non cerca ciò che è suo. La vita del prete diventa pian piano vera oblazione, sotto diverse forme. C’è quella di un ministero arido e poco gratificante; c’è quella dei giudizi impietosi da sopportare. C’è anche, credo, quella che accompagna la fine delle responsabilità nel ministero quando siamo chiamati a sperimentare il distacco – come un piccolo anticipo della morte. Anche questo fa parte dell’amore. Impariamo così, con fatica, a dire di sì anche alla morte sapendo che la morte è il sigillo necessario posto a un’esistenza di amore – quella del nostro presbiterato".
Il testo dell'Omelia
Il saluto del vicario generale
All'inizio della celebrazione, il vescovo Marino ha rivolto il proprio saluto al vescovo emerito Beniamino Depalma, ai presbiteri, ai diaconi, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici tutti: "Possiamo tutti sperimentare oggi - ha detto - la bellezza e la grazia del nostro essere chiesa, sposa e corpo di Cristo, e la gioia di ritrovarci riuniti nel sacrificio di lode".
Ha inoltre rivolto gli auguri a don Salvatore Bianco e don Domenico Iervolino per il 25° di Ordinazione presbiterale (15.10.1994) e a don Sebastiano Bonavolontà e don Giovanni Mercogliano (29.6.1969), come anche padre Gabriele Meccariello, dei Servi di Maria per il 50°; a don Giovanni Picariello, don Aniello Marone e don Michele Napolitano per il 60° e a monsignor Girolamo Noviello per il 70°. "Nel clima singolare di questa celebrazione - ha poi aggiunto - sentiamo con noi i preti e diaconi ammalati e anziani e sentiamo vicini nella comunione dei santi anche i confratelli la cui memoria è in benedizione".