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"Nel Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 12, 32-34) Gesù incoraggia i discepoli e li invita a non temere: 'Perché dov’è il vostro tesoro, lì è il vostro cuore'. Chiediamoci insieme come Chiesa: Dov’è il tuo tesoro, popolo di Nola? Dov’è il tuo tesoro, vescovo Francesco? Dov’è il tuo tesoro, presbiterio? Chi è il nostro tesoro?".
Queste le domande che il vescovo Marino ha rivolto al popolo di Nola durante l'omelia per la Solennità di San Paolino vescovo. Il vescovo ha infatti presieduto questa mattina il pontificale presso la Basilica Cattedredale di Nola.
Di seguito il testo dell'omelia.
Carissimi, gustiamo la gioia che la liturgia della Chiesa, nella Festa di San Paolino, ci dona e ci propone anche come compito di vita, la gioia cristiana, alla gioia della nostra fede, la gioia del Vangelo. E vorrei sottolineare quanto la parola di Dio, incarnata nella vita di San Paolino e che la liturgia recepisce, propone alla nostra contemplazione di fede.
Abbiamo ascoltato il racconto di Isaia (Is 6,1-8) il racconto della sua vocazione profetica e questo racconto ci prone l’insegnamento sulla santità di Dio, sulla sua trascendenza, e anche sulla sua vicinanza cordiale verso il profeta e attraverso di lui al popolo. “Santo Santo Santo è il Signore Dio degli eserciti”, abbiamo ascoltato queste parole, che noi ripetiamo nella celebrazione eucaristica quando ci accingiamo a dare il nostro rendimento di grazie al Signore per il sacrificio pasquale di Gesù e per la comunione che attraverso il sacrificio di Gesù Cristi noi abbiamo proprio con il Dio tre volte Santo. Ebbene carissimi il Dio tre volte Santo chiede al profeta, all’uomo, di rendersi disponibile per un’opera di salvezza verso il suo popolo, verso l’umanità: è l’opera profetica di chi porta la parola di Dio che è parola di vita, di grazia, di impegno, è parola che conduce alla salvezza.
E il Signore si esprime come abbiamo ascoltato: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. “Eccomi manda me” risponde il profeta. Una risposta che abbiamo anche noi ripetuto quando nel ritornello del salmo (Sal 39) abbiamo detto “ecco io vengo Signore per fare la tua volontà”. Il compito profetico che Dio chiede - e per il quale il profeta va ad annunciare la buona notizia, liberazione degli schiavi, il messaggio di salvezza ed esprimere nelle opere, come poi farà Gesù nella sinagoga di Nazareth, la venuta del Regno di Dio, l’adempimento di tutte le promesse del Signore - non è di un uomo solo ma è dell’intero popolo: annunciare la buona novella, la salvezza che è opera di Dio e alla quale noi apriamo il cuore.
La liturgia carissimi ci dice che tutto questo si è compiuto in maniera esemplare nella figura di San Paolino, un uomo di Dio, profetico per il suo tempo, pastore di questa Chiesa, la cui testimonianza ha attraversato i tempi e raggiunge noi. È bello vedervi gioiosi oggi, e con voi anch’io. Gioiosi perché c’è fede nei nostri cuori, perché l’eredità che San Paolino ci ha lasciato è un’eredità che rimane. Ma questa stessa eredità, carissimi, siamo oggi chiamati ad incarnarla, ognuno di noi secondo la sua responsabilità, il ministero, il carisma, l’esperienza di fede che portiamo nel cuore.
Ieri ho incontrato papa Francesco, intervenuto ad un convegno sulla teologia a Napoli. Lui ha ricordato che compito di chi studia e insegna la teologia è evangelizzare, non fare proselitismo ma annunciare il Vangelo non con le parole ma con la vita. Il Vangelo è innanzitutto la parola di Dio incarnata nella vita. E ha aggiunto che questo è un compito di tutti, dell’intero popolo di Dio. Quando avviene questo, davvero si verifica il miracolo del rinnovamento personale e sociale.
Ecco, san Paolino ci insegna questo. Pastore, uomo di Dio, che nell’esercizio delle sue responsabilità ci insegna ad essere uomini e donne del Vangelo, capaci di rivelare la santità di Dio come amore e come dono, come comunicazione di Dio. Cogliamo questo insegnamento di cui siamo eredi, che questa gioia sia gioia della fede, della riscoperta della vocazione che c’è nella nostra fede: “Eccomi manda me”.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 12, 32-34) Gesù incoraggia i discepoli e li invita a non temere: “Perché dov’è il vostro tesoro, lì è il vostro cuore”. Chiediamoci insieme come Chiesa: “Dov’è il tuo tesoro, popolo di Nola? Dov’è il tuo tesoro, vescovo Francesco? Dov’è il tuo tesoro, presbiterio? Chi è il nostro tesoro?”. Certamente alla luce della Parola di Dio possiamo dire che il nostro tesoro è la Fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. La Fede in Dio che ci manda, aperta agli altri, che ci apre al dialogo, alla comunione, alla comunicazione al dono di noi stessi. Qui è il nostro tesoro, carissimi fratelli e sorelle. Riflettiamoci. Chiediamoci quanto tempo dedichiamo al rapporto con il Dio vivente, tre volte Santo: la preghiera, nella nostra vita concreta, che è espressione di quel tesoro che sta al centro del nostro cuore. E poi interroghiamoci sulla responsabilità e la cura che abbiamo verso i nostri fratelli, a partire dalla famiglia.
Carissimi, il Signore Gesù ci indica questa via, san Paolino l’ha testimoniato con la sua esistenza, il suo insegnamento ci raggiunge ancora oggi e ci dà la gioia della festa e la nostra festa sia veramente profonda e tocchi il nostro cuore. Sul suo insegnamento noi possiamo dire che il nostro tesoro è il nostro Dio, la nostra fede in Lui, la Carità con cui Dio ci manda ai fratelli.