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Domani in edicola e in parrocchia, con l'Avvenire, un nuovo, ricco numero di inDialogo. Anticipiamo come sempre l'editoriale che dice qualcosa di quello che racconteremo ma soprattutto delle persone che abbiamo incontrato.
Il tema del mese "Curare la mente" prende spunto da quanto accaduto a Vincenzina Clementi e a Ylenia Lombardi, due donne uccise da soggetti con forte disagio psichico. Abbiamo provato a capire qualcosa in più della realtà sanitaria campana nell'ambito della salute mentale: emerge con forza che si deve fare di più, che le famiglie sono sole.
Ricchissima la vita ecclesiale: segnaliamo lo speciale dedicato al domenicani di Sant'Anastasia, per l'anno giubilare a ottocento anni dalla morte di san Domenico; le riflessioni dell'Azione cattolica diocesana a margine dell'assemblea nazionale; tante news dalle parrocchie.
E poi: chi si occupa in diocesi di lavoro e creato? Questo è il numero per scoprirlo!
Infine, la terza pagina dedicata a San Paolino e al suo carisma, che non smette di stupire
l'editoriale
Dentro le famiglie per essere davvero comunità sananti
Quanto accaduto a Brusciano e a San Paolo Belsito nelle ultime settimane ha fatto emergere, credo con forza, quanto, nell’era dell’iperconnessione, siamo sempre più isolati. Riusciamo a sapere, oggi, tutti, tutto di tutti eppure l’essenziale per ciascuno, nel bene e nel male, ci sfugge. O comunque a notarlo sono in pochi, come proprio le storie, non a lieto fine, di Vincenzina e Ylenia ci hanno raccontato e raccontano. Pochi come i parroci delle due cittadine che hanno provato a fare quanto in loro ‘potere’, hanno provato a far scattare la forza sanante della comunità che quando agisce è in grado di fare miracoli. E, in parte, seppure per brevi lassi di tempo, questa forza ha operato, attraverso l’accoglienza presso la mensa della Caritas parrocchiale o attraverso il coinvolgimento in attività che potessero impegnare la mente: accoglienza per le vittime e anche per le mani che hanno ucciso; accoglienza prima, prima che le situazioni degenerassero. Ma non è stato sufficiente. Quella forza ha soffiato solo per poco. Vincenza e Ylenia si sono poi trovate sole. I loro carnefici risultano entrambi affetti da disturbi psichici e le voci che inDialogo ha raccolto questo mese presentano la questione della cura della disabilità mentale come urgenza. Un’urgenza che si inserisce in altre urgenze perché le famiglie si trovano sole davanti ad ogni tipo di disabilità, davanti alla necessità di prendersi cura di ogni familiare non autosufficiente. Anche per gli anziani è così. C’è un doppio carico - come spiega bene il medico psichiatra Auriemma nell’intervista in apertura - che i familiari si trovano a ‘sopportare’, con grande coraggio: oggettivo e soggettivo. Ci sono infatti i costi materiali diretti della malattia e quelli indiretti, tra cui rientra anche la rinuncia al lavoro, in particolare per le donne; e ci sono poi i costi soggettivi che portano a vivere la disabilità curata come ‘lutto’. Non è difficile immaginare quanto la speranza fatichi a farsi spazio in queste situazioni, quanto la stessa capacità di amare sia messa a dura prova. Un pasto alla Caritas, la visita di un ministro dell’eucaristia o del parroco, l’offerta di saltuari lavoretti, pur necessari, non sono però sufficienti ad alleggerire oggettivamente tali carichi. Serve un’azione comune, serve la forza di quelle che la lettera Samaritanus bonus - della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita - chiama ‘comunità sananti’: il poter sapere, oggi, tutti, tutto di tutti diventi assunzione di responsabilità di tutti verso ogni membro bisognoso di cura. Responsabilità che chiama in causa prima di tutto le comunità cristiane ma che interpella con forza ogni istituzione coinvolta nel garantire, a tutti, il diritto alla salute. Nella nota dei vescovi dello scorso 21 maggio, relativa al prossimo Sinodo, si legge che esso «non è solo un evento, ma un processo che coinvolge in sinergia il Popolo di Dio, il Collegio episcopale e il Vescovo di Roma, ciascuno secondo la propria funzione». Parole che aprono orizzonti, che potrebbero suggerire, anche per la cura dei malati, un carattere di ‘sinodalità’, permanente. (di Mariangela Parisi)
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