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Il numero di Aprile di inDialogo è pronto per uscire domani e raggiungere le vostre case.

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Vi aspettiamo numerosi!

In anteprima, l'editoriale diMariangela Parisi

In silenziosa carità, la testimonianza della nostra fede

Quest’uscita d’aprile di inDialogo dedica due pagine ai segni di bene, quelli compiuti nel silenzio del quotidiano, tenendo a distanza di un metro la mano destra dalla sinistra, perchè l’una non si vanti con l’altra. Segni di bene nati nei terreni delle parrocchie o dai semi gettati dalla comunità cristiana lungo le strade cittadine, e fioriti, anche inaspettatamente. Nei racconti riportati, caratterizzati dalla citazione dei protagonisti in modalità anonima, spicca la gioia dei sacerdoti, orgogliosi di tanta risposta agli appelli alla solidarietà, che arriva per loro come ‘una pacca sulla spalla’, una carezza ai loro cuori che hanno fatto davvero fatica a stare ‘ad un metro di distanza’ quando giorno dopo giorno aumentavano le lacrime per la
sofferenza, la solitudine, la fame e pesava il non poter celebrare con il popolo l’eucaristia. Eppure quel popolo ha dato segni di presenza, ha fatto leva sugli insegnamenti ricevuti e anche sui rimproveri, ha condiviso con il proprio pastore il ‘forzato digiuno eucaristico’ presentandosi al Signore come la Cananea, in cerca delle briciole. Questo popolo, nella carità, ha mostrato la sua fede, e attende ora di ritornare ad alimentarla alla mensa perché quella stessa carità sia segno della comunione ecclesiale, sgorgata dal costato di Cristo. I racconti riportati ci presentano la Chiesa locale come ‘un ospedale da campo’ e forse proprio ad un ospedale andrebbe equiparata nel considerare tutte le possibilità di riapertura degli edifici di culto per la celebrazione, in sicurezza, dell’Eucaristia. Ma i racconti presentano anche una Chiesa fatta di persone attente al bene comune, di laici che, non solo nell’emergenza, operano secondo quei principi che papa Francesco ha indicato nell’Evangelii Gaudium (nn.217–258) come imprescindibili per un mondo di pace, giustizia e fraternità: il tempo è superiore allo spazio, ci si è impegnati per affrontare l’emergenza srotolando una narrazione di bene tra le pieghe dei tragici bollettini sulla diffusione e i danni del coronavirus; l’unità prevale sul conflitto, non ci si è sottratti al fare squadra con le istituzioni civili e alla collaborazione interreligiosa; la realtà è più importante dell’idea, si è messa in campo una pastorale che fosse vicina alle persone, anche se imperfetta, si è adottato lo spazio dei social, anche se non propriamente adeguato per una celebrazione liturgica; il tutto è superiore alla parte, la solidarietà non era solo per il ‘vicinato’ ma desiderosa di arrivare lì dove fosse necessaria, perché nessuno restasse indietro. Dalla barca in tempesta si è cercato di non far cadere nessuno, e chi fosse in acqua si è cercato di recuperare. Così continuerà ancora il viaggio, certi che il Signore è a poppa.


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