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Ieri, il vescovo Francesco, in Cattedrale, ha presieduto la liturgia del Mercoledì delle Ceneri. Questo il testo della sua omelia:
«Carissimi fratelli sacerdoti e diaconi, seminaristi, religiosi e religiose, carissimi fratelli e sorelle nel Signore, tra poco tutti insieme - anche il vescovo - riceveremo il simbolo delle ceneri sul capo e su di noi verrà proclamata la Parola di Gesù: “Convertiti e credi al Vangelo”(Mc 1,15). Una parola austera, come il simbolo al simbolo delle ceneri al quale è legata, ma che è Vangelo, buona notizia, annunzio gioioso di salvezza al quale noi siamo invitati a partecipare con la totalità della nostra esistenza, partendo dal centro personale di ciascuno di noi, partendo dal nostro cuore. È nel segreto del cuore che si consuma questa compenetrazione tra annuncio del Vangelo e impegno missionario di ciascuno di noi: alla presenza di Dio, con tutta l’ampiezza della sua misericordia e la bellezza della sua trascendenza, e dunque del mistero verso cui ci attira; mistero di felicità eterna verso cui noi tendiamo.
Il cammino che oggi iniziamo è orientato alla Pasqua ed è un cammino di sequela . Certo fatto di lotta, contro lo spirito del male che siamo chiamati a contrastare con la Croce di Gesù, con la Grazia della Pasquale che già abbiamo ricevuto. Dio viene a noi con questo annuncio di conversione e salvezza e le Parole di san Paolo che abbiamo ascoltato ci dicono come è possibile come noi possiamo camminare in questi quaranta giorni verso la Pasqua del Signore: il fondamento di questa possibilità è Gesù. Lui è il dono di Grazia che ci trasfigura, ci trasforma, che ci fa partecipi della misericordia di Dio: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2Cor 5,21). Questa è la verità per cui noi facciamo Quaresima, la ragione per cui la nostra vita ha un senso, una direzione.
Possiamo compiere il cammino quaresimale con impegno, seguendo le piste che il Vangelo ci traccia – la preghiera, il digiuno, l’elemosina – e ricordando che la pienezza ci sta davanti e coinvolge la nostra esistenza, non solo temporanea ma eterna: Gesù è il fondamento della nostra speranza, Cristo ha preso su di sé il nostro peccato e lo ha distrutto, per ridarci la vita di figli. Una vita che deve essere autentica e fondata su una relazione vera e autentica con Dio. Davanti al rischio contemporaneo di rendere ‘privata’ della nostra fede e di non professarla più pubblicamente attraverso il servizio ai fratelli, dobbiamo recuperare l’autenticità del rapporto con Signore, la cui presenza nel nostro cuore sappiamo essere un fuoco divorante, che non ci lascia tranquilli: ci chiede un di più di auto donazione, di seguirlo fino alla Croce.
Sentiamo con gioia questo annuncio che ci viene dato e avvertiamo l’importanza di viverlo con spirito comunitario, nell’autenticità del nostro rapporto con il Signore».