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Ieri, presso il Seminario vescovile di Nola, il vescovo Marino ha presieduto la Santa Messa per la celebrazione della Giornata mondiale del malato.
«Oggi il nostro cuore, nella nostra esperienza di fede intorno al Signore Gesù, nell’Eucaristia, si rivolge particolarmente a voi cari ammalati; oggi, in questa giornata mondiale di preghiera per gli ammalati, nata da un’intuizione spirituale di san Giovanni Paolo II che anche con la sua vita ci ha dato testimonianza di un vissuto nella sofferenza che diventa espressione dell’unione a Gesù Cristo: san Paolo nella lettera ai Colossesi dice “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo”, cioè “completo quello che manca in me alla passione di Cristo”; ogni cristiano è chiamato a partecipare alla passione del Signore che è passione di salvezza per il mondo, salvezza che viene da Dio e che salva tutto l’uomo: corpo, anima e spirito. E nell’unione a Gesù Cristo nel dolore che comprendiamo questa salvezza poiché comprendiamo quel sentimento di compassione, del compatire -con, dell’essere solidali anche nel dolore, facendoci crescere nell’unità, nell’amore reciproco, fino al dono della vita. Questo è il senso della nostra partecipazione alla passione di Cristo alla cui scuola impariamo la fraternità e l’obiettivo finale dell’uomo, che è la comunione con Dio. A Lourdes la Madonna ha voluto indicare questo cammino, da fare accanto agli ammalati, possibilità di un cammino di conversione e di amore fraterno: un’indicazione che ci ricorda che la nostra fede ci spinge ad umanizzare la malattia e non a nasconderla come ci invita a fare la cultura individualista dominante. La nostra fede ci fa scoprire quanto siamo legati gli uni agli altri e la parola di Dio che abbiamo ascoltato, il racconto del miracolo di Cana, ci offre un esempio di questa vicinanza proprio nella figura di Maria, di cui emerge la materna sensibilità, proprio nel venir meno del vino, evocazione del venire meno della gioia, mancanza della pienezza che solo Gesù può sanare. Mi piace sottolineare la sensibilità di Maria per noi, di colei che è simbolo di vicinanza e conforto, di maternità. E ognuno di noi può essere, come Maria, capace di generatività della speranza nella vicinanza all’altro, stando vicino all’uomo che soffre, che sperimenta una tentazione nella sua infermità. Vediamo nella Madonna un esempio di vicinanza e di amore per tutti i nostri ammalati, un atteggiamento, quello di Maria, che raccomandiamo e benediciamo negli ospedali e nelle famiglie».