Cari sacerdoti, vi abbraccio uno ad uno col bacio santo

Festa di san Giuseppe: la lettera ai sacerdoti del vescovo Marino

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"Carissimi presbiteri, nella solennità di San Giuseppe, tanto cara alla devozione del nostro popolo e tradizionalmente legata al senso della paternità e ai sentimenti filiali ad essa correlati, il mio pensiero e la preghiera va ancora una volta a tutti voi nei tempi difficili che stiamo vivendo, ben consapevole che questi sono senz’altro avvolti dalla misericordia di Dio e dalla sua insondabile Provvidenza di Padre. Mi è sembrato bello, oltre che doveroso, sollecitare la vostra paternità spirituale e confortare il vostro impegno pastorale che in questi giorni porta i segni dolorosi della privazione, dell’inquietudine e dell’apprensione, ma anche lo slancio della ricerca di forme di comunicazione essenziali e vere, della preghiera e della vicinanza caritatevole di cui state dando prova. Apprezzo con gratitudine quanto state vivendo, nella fatica e nella solitudine, a servizio dei figli di Dio delle vostre comunità. L’impegno e la creatività dei vostri cuori è motivo di gioia per il cuore del vescovo. Ci accomuna, infatti, lo stesso sentimento amorevole verso la chiesa, suscitato in noi dal Padre celeste. In questo ci sentiamoci uniti nell’ufficio sacerdotale: una cosa sola con Gesù, in Gesù e per Gesù a gloria di Dio Padre, nell’abbraccio dello Spirito Santo".

Con queste parole si apre la lettera del  vescovo Marino al presbiterio diocesano.  Un lettera che giunge nella Festa di San Giuseppe, chiamato a custoire la paternità dei sacerdoti .

E con paternità il vescovo si rivolge ai sacerdoti nolani, rivolgendo loro parole di gratitudine e incoraggiamento: "È il momento  - scrive il vescovo - di vivere la nostra fragilità con l’unico potere che abbiamo: la speranza che ci fa essere certi che niente è vano, soprattutto il sacrificio.  Una speranza che illumina la solitudine e il dolore, da custodire nel cuore. Quella che ti fa dire “grazie... sia fatta la tua volontà”, certi che “tutto concorre al bene di coloro che Dio ama”. Il punto, infatti, non è rendere le cose “facili”, fare miracoli a tutti i costi, il punto è vivere bene ogni tempo che ci è dato, anche quello della sofferenza e della prova attraverso cui stiamo passando. I nostri fedeli potranno guardare al futuro più o meno luminoso che li aspetta, con serenità quando hanno visto noi affrontare il buio con una luce salda nel cuore".

La foto abbinata alla notizia è del 2017, ingresso in diocesi del vescovo Marino



Il testo completo

Carissimi presbiteri,

nella solennità di San Giuseppe, tanto cara alla devozione del nostro popolo e tradizionalmente legata al senso della paternità e ai sentimenti filiali ad essa correlati, il mio pensiero e la preghiera va ancora una volta a tutti voi nei tempi difficili che stiamo vivendo, ben consapevole che questi sono senz’altro avvolti dalla misericordia di Dio e dalla sua insondabile Provvidenza di Padre. Mi è sembrato bello, oltre che doveroso, sollecitare la vostra paternità spirituale e confortare il vostro impegno pastorale che in questi giorni porta i segni dolorosi della privazione, dell’inquietudine e dell’apprensione, ma anche lo slancio della ricerca di forme di comunicazione essenziali e vere, della preghiera e della vicinanza caritatevole di cui state dando prova. Apprezzo con gratitudine quanto state vivendo, nella fatica e nella solitudine, a servizio dei figli di Dio delle vostre comunità. L’impegno e la creatività dei vostri cuori è motivo di gioia per il cuore del vescovo. Ci accomuna, infatti, lo stesso sentimento amorevole verso la chiesa, suscitato in noi dal Padre celeste. In questo ci sentiamoci uniti nell’ufficio sacerdotale: una cosa sola con Gesù, in Gesù e per Gesù a gloria di Dio Padre, nell’abbraccio dello Spirito Santo.

Sperimentiamo che le separazioni non contano, perché, anche se continuiamo ad essere fisicamente privati di molte attività proprie del nostro ministero, tuttavia avvertiamo di esser una cosa sola tra di noi e con tutto il popolo nell’unità di Cristo. In questo tempo penitenziale di una Quaresima speciale, mentre si avvicina una Pasqua altrettanto singolare, confessiamo che questa presenza solo spirituale ci brucia, tuttavia se essa rientra nel progetto di Dio e nel nostro offertorio, la mettiamo volentieri sulla patena che ogni giorno, nella nostra solitudine, eleviamo al Signore per il suo popolo. 

Cari presbiteri, in questi giorni di meditazione e preghiera, il Signore sembra dirci una parola che, nell’unum Presbiterium e nell’Ecclesia una è per tutti noi motivo di coraggio e di gratitudine. Nel cuore delle nostre comunità, continuiamo ad avere fede, continuiamo a confidare in Lui! Confidiamo nel suo amore per la chiesa che è anche amore di predilezione per ciascuno di noi.

Ascoltiamo la sua voce: “Sì, voi siete i miei servi prediletti e in voi io mi sono compiaciuto. Vi ho chiamati per nome e mi prendo cura di voi. Restate abbandonati alla mia volontà come un bimbo svezzato braccio alla madre. Restate abbandonati a me perché io possa completare la mia opera in voi. Se voi sapeste quanto siete preziosi ai miei occhi! Sì, voi siete preziosi ai miei occhi, siete degni di stima ed io vi amo. Vi ho chiamati per nome e vi ho chiamati miei sacerdoti, perché vi ho scelto come mio strumento per portare la salvezza al mio popolo. Talvolta vi ho potati, perché il tralcio quando viene potato porta molto frutto. Vi ho purificati nel fuoco perché ho bisogno della vostra santità, ho bisogno che la vostra pura carità sia luce per le nazioni. Siete miei servi; vi unisco alla mia passione per rendervi partecipi della gloria della Resurrezione. Sì, anche in questa Pasqua voi contemplerete la manifestazione della mia gloria e niente e nessuno potrà togliere la mia gioia dal vostro cuore”.

Infatti, siamo certi che il tempo presente, con il suo passaggio impastato di sacrificio e di croce, per alcuni anche di dolore e di morte, vissuto nella fede e unito a quello di Cristo Redentore, è preludio e speranza di Risurrezione e di vita migliore per un mondo più giusto e fraterno. Questa è la nostra Pasqua. Perché Gesù continua a donarsi totalmente a noi, a versare il suo sangue per noi, affinché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena. Questa certezza di fede continui a farsi visibile in tanti segni di fede e di carità nascosti, eppur presenti nella nostra società, tra i nostri fratelli!

È il momento di vivere la nostra fragilità con l’unico potere che abbiamo: la speranza che ci fa essere certi che niente è vano, soprattutto il sacrificio.  Una speranza che illumina la solitudine e il dolore, da custodire nel cuore. Quella che ti fa dire “grazie... sia fatta la tua volontà”, certi che “tutto concorre al bene di coloro che Dio ama”. Il punto, infatti, non è rendere le cose “facili”, fare miracoli a tutti i costi, il punto è vivere bene ogni tempo che ci è dato, anche quello della sofferenza e della prova attraverso cui stiamo passando. I nostri fedeli potranno guardare al futuro più o meno luminoso che li aspetta, con serenità quando hanno visto noi affrontare il buio con una luce salda nel cuore.

Carissimi ed amati presbiteri, facciamo nostre le parole di Paolo ai Filippesi: ”So che tutto questo servirà alla mia salvezza (…) secondo la mia ardente attesa e speranza (…) anzi ho piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia infatti per me vivere è Cristo” (Fil 1,19-21) . Sono certo che qualunque cosa Dio abbia preordinato per noi, questa è un gesto del suo amore.

Gesù Salvatore, salvaci; liberaci dalla paura e apri il nostro cuore alla fiducia e alla speranza. Facci capaci di sempre più generosa dedizione alla fede dei fratelli. Fa di noi costruttori di una Chiesa servizievole, di una Chiesa povera per i poveri, di una chiesa unita per il servizio della fede e la salvezza del mondo. Tu povero in noi, fragile e debole in noi, ama in noi e innamoraci della tua povertà! Te lo chiediamo per intercessione di Maria e di Giuseppe, genitori in cui hai resa a noi più prossima e trasparente la tua umanità. Amen. 

Vi abbraccio uno per uno col bacio santo.  

+ Francesco Marino

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