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Questa sera, il vescovo Marino ha presieduto, presso il Santuario di San Giuseppe presso San Giuseppe Vesuviano, la celebrazione di apertura, in diocesi, dell'anno giubilare dedicato a San Giuseppe.
"Carissimi, - ha detto il vescovo durante l'omelia - voglio esprimere innanzi tutto la mia gioia per questo anno speciale dedicato a San Giuseppe che oggi in diocesi iniziamo solennemente. La celebrazione eucaristica che stiamo vivendo ė un mettersi in spirito di comunione con il Papa che ci ha fatto questo speciale dono, a 150 anni dalla dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa Cattolica. Diamo inizio a questo anno nella Festa della Sacra Famiglia che giunge subito dopo quella del Natale perché la Chiesa vuole ricordare la verità da cui non possiamo prescindere: come Dio ha impresso nella prima famiglia di Adamo ed Eva la sua immagine, così la famiglia di Nazareth è all'inizio della seconda creazione nella redenzione in Gesù Cristo, quella redenzione che porta a compimento quell'immagine dell'uomo che Dio aveva da sempre. Le nostre famiglie sono invitate a rispecchiarsi nella famiglia di Nazareth in cui tutte le virtù umane sono perfezionate dalla grazia: silenzio, preghierea, obbedienza, dedizione al lavoro, all'educazione dei figli. Nella fede e nella devozione guardiamo alla Sacra famiglia pensando che possiamo contemplare quelle virtù e farle nostre. Ogni famiglia è gemmazione di quella di Nazareth: lì vediamo il vivere le relazioni familiari incentrate sulla carità, sull'amore. E stasera vorrei soffermarmi su Giuseppe il cui atteggiamento offerente è la condizione che apre le porte alla redenzione, che fa sì che Gesù venga rivelato a tutte le genti come il Salvatore. Giuseppe è appena evocato dal vangelo di oggi ma le altre letture ci fanno capire la statura della sua presenza, allora come oggi. La prima e la seconda lettura ci parlano di Abramo: la liturgia ci fa comprendere che Gesù Cristo compie promesse che sono secolari, di generazioni. Da Abramo nasce Isacco, che è avvenimento prodigioso, essendo Sara sterile. Promessa di una discendenza numerosa, come le stelle del cielo. Abramo non la vede realizzarsi con i suoi occhi, se non nel volto del figlio il cui nome significa 'sorriso di Dio'. Quel figlio che per fede Abramo è disposto a donare a Dio. Quella stessa fede che porta Giuseppe ad accogliere Maria incinta per opera dello Spirito Santo, e a farsene custode contribuendo all'umanità di Gesù e anche alla nostra, contribuendo con la sua paternità. Una paternità d'azione, nel silenzio. Non c'è una sua parola nei vangeli, ma c'è il suo fare la volontà di Dio"
"Carissimi, - ha detto il vescovo durante l'omelia - voglio esprimere innanzi tutto la mia gioia per questo anno speciale dedicato a San Giuseppe che oggi in diocesi iniziamo solennemente. La celebrazione eucaristica che stiamo vivendo ė un mettersi in spirito di comunione con il Papa che ci ha fatto questo speciale dono, a 150 anni dalla dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa Cattolica. Diamo inizio a questo anno nella Festa della Sacra Famiglia che giunge subito dopo quella del Natale perché la Chiesa vuole ricordare la verità da cui non possiamo prescindere: come Dio ha impresso nella prima famiglia di Adamo ed Eva la sua immagine, così la famiglia di Nazareth è all'inizio della seconda creazione nella redenzione in Gesù Cristo, quella redenzione che porta a compimento quell'immagine dell'uomo che Dio aveva da sempre. Le nostre famiglie sono invitate a rispecchiarsi nella famiglia di Nazareth in cui tutte le virtù umane sono perfezionate dalla grazia: silenzio, preghierea, obbedienza, dedizione al lavoro, all'educazione dei figli. Nella fede e nella devozione guardiamo alla Sacra famiglia pensando che possiamo contemplare quelle virtù e farle nostre. Ogni famiglia è gemmazione di quella di Nazareth: lì vediamo il vivere le relazioni familiari incentrate sulla carità, sull'amore. E stasera vorrei soffermarmi su Giuseppe il cui atteggiamento offerente è la condizione che apre le porte alla redenzione, che fa sì che Gesù venga rivelato a tutte le genti come il Salvatore. Giuseppe è appena evocato dal vangelo di oggi ma le altre letture ci fanno capire la statura della sua presenza, allora come oggi. La prima e la seconda lettura ci parlano di Abramo: la liturgia ci fa comprendere che Gesù Cristo compie promesse che sono secolari, di generazioni. Da Abramo nasce Isacco, che è avvenimento prodigioso, essendo Sara sterile. Promessa di una discendenza numerosa, come le stelle del cielo. Abramo non la vede realizzarsi con i suoi occhi, se non nel volto del figlio il cui nome significa 'sorriso di Dio'. Quel figlio che per fede Abramo è disposto a donare a Dio. Quella stessa fede che porta Giuseppe ad accogliere Maria incinta per opera dello Spirito Santo, e a farsene custode contribuendo all'umanità di Gesù e anche alla nostra, contribuendo con la sua paternità. Una paternità d'azione, nel silenzio. Non c'è una sua parola nei vangeli, ma c'è il suo fare la volontà di Dio"