Lo scorso 11 marzo, presso il Seminario vescovile di Nola, l'abate Donato Ogliari osb ha guidato la meditazione durante il ritiro di Quaresima del presbiterio nolano. «La vita nuova in Cristo», il titolo della sua mediatazione che ha preso spunto dalla lettera di san Paolo agli Efesini: "«Vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore. (…) Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, 23a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità" (Ef 4,20-24).
«Come possiamo far sì che il nostro spirito e la nostra vita siano rivolti al Signore in modo tale che vi sia una ricaduta benefica non solo sulla nostra vita interiore, ma anche sul nostro ministero, sul modo di interagire con gli altri e con ciò che ci circonda, secondo quel principio di “conversione integrale” di cui ci ha parlato papa Francesco nella Laudato si'? », è la domanda che l'abate ha rivolto ai presbiteri dopo aver ricordato che «bisogno di rinnovamento accompagna quotidianamente la nostra vita cristiana. Non esiste, infatti, un cammino di fede che non sia accompagnato da un diuturno impegno di conversione. Il tempo favorevole (kairòs – tempus acceptabile: 2Cor 6,2) – come ci è stato ricordato nella liturgia del Mercoledì delle Ceneri – non è solo quello della Quaresima. Ogni giorno, infatti, siamo chiamati a rinverdire e ad esplicitare sempre più e meglio la nostra adesione al Vangelo di Gesù».
Quaresima: un tempo per poter "ri-cominciare"
Il tempo Quaresimale, ha sottolineato l'abate Ogliari, è un tempo che consente prima di tutto per accogliere la misericordia del Padre: «Alla luce di quanto siamo venuti dicendo, risalta ancora di più il significato profondo del carattere penitenziale che la Chiesa ha conferito al tempo quaresimale. Esso dovrebbe infatti provocare in noi una sorta di “sussulto spirituale” capace di farci ri-centrare il cuore in Dio e di lasciare che la potenza della sua grazia rinvigorisca quelle zone della nostra vita dove la superficialità, la pigrizia, la rilassatezza o forse un po’ di egoismo hanno potuto avere buon gioco. In fondo la Quaresima dovrebbe proprio portarci a questo: a una più lucida presa di coscienza dello stato nel quale ci troviamo, in vista di una più acuta percezione delle cose di Dio e di una più alacre sequela del Signore, alla luce del suo mistero pasquale di morte e risurrezione». Ma, ha anche ricordato, che la «longanimità e la bontà di Dio non devono, dunque, costituire un pretesto per lasciarci scivolare sul piano inclinato della pigrizia e del lassismo. Intuendo le potenzialità di conversione e di grazia racchiuse nel tempo che Dio ci concede, l’apostolo Paolo – senza mezzi giri di parole – ci invita a non "prenderci gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza», ma a «riconoscere che la bontà di Dio ci spinge alla conversione" (Rm 2,4). In altre parole, se Dio è buono, longanime e paziente con noi, e ci dà il tempo per ravvederci e cambiare vita, è perché ci lascia liberi e non vuole imporre nulla. Egli vuole piuttosto attrarci a Sé dolcemente facendo breccia nel nostro cuore ostinato con la soavità e la liberalità della sua grazia».
La quaresima è anche occasione per crescere in umiltà ricordando che il cammino di conversione e adesione a Cristo è un cammino di costante crescita: «Un rischio sempre in agguato, e che dobbiamo far di tutto per evitare nel nostro cammino di fede, è quello della presunzione, il credere cioè di poter corrispondere al Signore con mezzi e capacità di cui non disponiamo ancora», ha precisato l'abate Ogliari ricordando anche l'importanza della purificazione dei desideri: «Se infatti c’è in noi qualche desiderio che, anziché spingerci a un “di più” di bene, ossia alla gratuità e alla gioia del servizio, ci spinge ad assecondare un “di meno” dettato da un’inclinazione egoistica, allora risulta evidente che essi non sono bene ordinati, non sono cioè sostenuti e guidati dallo Spirito dell’amore, ma risentono delle contraddizioni che si annidano nel nostro cuore e che non sono state ancora risolte. E forse risentono anche di antiche ferite non ancora raggiunte e guarite dall’amore di Dio, dal suo perdono, dalla sua misericordia. In tal caso occorre essere onesti nell’ammettere e smascherare questi “desideri travestiti” per poterli purificare alla luce della gratuità dell’amore a Dio e ai fratelli».