Giornata mondiale del malato: per ricordare di non fare del male

In occasione della XXXIII Giornata mondiale del malato, nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes, la riflessione di Mariateresa Falco, medico genetista dell'Azienda ospedaliera San Pio di Benevento

di Mariateresa Falco*

La giornata mondiale del malato fu istituita nel 1992 da Papa Giovanni Paolo II, qualche anno dopo aver ricevuto la diagnosi di malattia di Parkinson, e fu suo desiderio che questa giornata coincidesse con la ricorrenza della Vergine di Lourdes, punto di riferimento per molti malati.
Quando si parla di malato ci si trova inevitabilmente a parlare del medico, figura che nel corso dei secoli si è trasformata, seguendo i progressi scientifici, ma ha mantenuto alcuni aspetti etici fondamentali.

Se pensiamo che il medico nasce per assistere il malato e curarlo, quando possibile, e che uno dei fondamenti della vita cristiana è l'aiuto del prossimo, appare chiaro che lo spirito del medico e lo spirito cristiano seguono una direzione comune, anche se, come in ogni ambito, ognuno è libero di decidere quale impronta dare alla propria vita.

Qualche giorno fa in occasione di un evento parrocchiale, in cui si incontravano tutti i battezzati dell'anno 2024, al quale mi trovavo a partecipare in veste di mamma, mi è stato chiesto di parlare della maternità e le prime parole che mi sono venute in mente sono state «una mamma e un papà nascono quando nasce un bambino»; prima di quel momento infatti si può immaginare cosa significhi essere genitore, ma la realtà è che si cresce insieme ai propri figli e che alcune cose si possono imparare soltanto vivendole. Allo stesso modo il medico, dopo i fondamentali anni di studio in cui apprende gli aspetti scientifici necessari per la sua professione, "nasce" quando conosce i primi pazienti; il contatto con le anime delle persone che si rivolgono a noi lascia dei segni, a volte apparentemente impercettibili, che, come in qualsiasi relazione, inevitabilmente ci portiamo dentro, nel bene e nel male,  e contribuiscono a formare la parte "umana" del medico, dell' infermiere e di tutte le figure che si trovano in contatto con il malato.

Nella mia attività clinica ho modo di occuparmi da diversi anni dei pazienti affetti da quelle che vengono definite "malattie rare", malattie che singolarmente sono rare ma che messe insieme comprendono un grande numero di persone, spesso con bisogni clinici e assistenziali specifici e peculiari, spesso costrette a dover fronteggiare difficoltà di vario tipo. Quasi tutte queste persone rientrano nella categoria dei "pazienti fragili", che non comprende solo i malati rari ma tutti i pazienti con patologie complesse sia per la tipologia di diagnosi che per la gestione, e confrontandomi con le loro famiglie mi rendo conto che a fronte del supporto medico che posso dare ricevo insegnamenti umani di "rara" bellezza.

"Primum non nocere"  è l'insegnamento cardine che viene attribuito al buon vecchio Ippocrate, padre storico della Medicina vissuto nell'antica Grecia, ed è uno dei fondamenti su cui si costruisce la morale di chi si appresta a diventare medico: per prima cosa, non fare del male. Se tutti, medici e non, avessimo la capacità di seguire anche soltanto questo semplice principio, molte delle pagine di cronaca nera non verrebbero mai scritte.

* medico dell'Azienda ospedaliera San Pio di Benevento




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