di Giuseppe Lubrino
Ricorre oggi, 7 febbraio, la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. Le scuole si mobilitano per promuovere attività di prevenzione, contrasto e sensibilizzazione. I dati dell'Osservatorio indifesa sono allarmanti: il 63% dei ragazzi ha subito bullismo e il 19% cyberbullismo. Questi numeri impongono una riflessione urgente e una comprensione più profonda di questi fenomeni, per individuare e applicare strategie efficaci all'interno del mondo della scuola.
Il bullismo si riferisce ad azioni violente e intimidatorie, spesso perpetrate da un individuo o un gruppo, contro una vittima specifica. Queste azioni possono includere aggressioni fisiche, molestie verbali, persecuzioni e si verificano principalmente nell'ambiente scolastico. Il cyberbullismo, invece, è una forma ancora più subdola violenza che si svolge online, principalmente attraverso i social media. Si manifesta attraverso la diffamazione, l'incitamento all'odio e la diffusione di discriminazioni. I danni causati alle vittime sono significativi: danni alla reputazione, isolamento sociale, depressione, ansia fino a generare pensieri suicidari.
Tutti i soggetti impegnati nell'educazione scolastica delle giovani generazioni sono chiamati a collaborare per frenare atteggiamenti del genere e supportare chi ne è vittima. L'insegnamento della religione cattolica può fornire un contributo significativo alla lotta contro il bullismo e il cyberbullismo. Tuttavia, è fondamentale adottare un approccio educativo che si concentri su due aspetti fondamentali: ascoltare attivamente la vittima, offrendole attivo sostegno, ma anche ascoltare attivamente il bullo, per provare a disinnescare gli atteggiamenti di violenza. Spesso, dietro l'atteggiamento tipico del bullo - prepotenza, prevaricazione, egocentrismo - si nasconde un profondo "grido di aiuto". Questo grido può derivare da gravi problemi esistenziali, come situazioni di svantaggio sociale, culturale ed economico, che rendono i giovani più fragili e li spingono a cercare nella violenza una via di fuga o un riscatto dal vuoto che li opprime.
È importante sottolineare che nessuna situazione giustifica il bullismo, e la violenza non va mai tollerata. Tuttavia, comprendere le cause profonde del comportamento del bullo è fondamentale per poter intervenire in modo efficace. La fragilità del carattere e la difficoltà nella costruzione della propria identità personale possono spingere molti giovani verso il bullismo e il cyberbullismo, che diventano strade per cercare - in maniera inadeguata- un'affermazione di sé.
Partendo da queste considerazioni, ci si chiede cosa le istituzioni scolastiche possano fare concretamente per promuovere attività di prevenzione, sensibilizzazione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo. L'Irc, in questo contesto, può offrire un contributo significativo valorizzando iniziative pratiche come lo sportello di ascolto, uno spazio sicuro dove confrontarsi e dialogare figure specializzate.
Ma soprattutto l'Irc può aiutare i ragazzi a sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide dell'adolescenza, come il confronto, il dialogo, la solidarietà e l'empatia. Anche la comprensione della Bibbia tra i banchi di scuola - oltre a rientrare tra le prerogative dell’Irc - costituisce per i giovani studenti un’ulteriore opportunità per acquisire e sviluppare conoscenze, abilità e competenze applicabili nel concreto del loro vissuto quotidiano.
Penso ad esempio ai tanti santi che, sull'esempio di Gesù, con la loro grande capacità di accogliere i loro persecutori hanno innescato in loro un cambiamento del cuore, stravolgendone la vita. Tanti sono i nomi da poter fare, su tutti, mi viene in mente il giudice Rosario Livatino che con la sua vita e il suo sacrificio è divenuto "seme di conversione".