Don Giuseppe Autorino, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale della diocesi di Nola e incaricato della Conferenza episcopale campana (Cec) per lo stesso settore, Giuseppina Orefice, responsabile della Scuola sociopolitica e imprenditoriale diocesana, Alfonso Siciliano, membro dell’equipe diocesana di Pastorale sociale, Rita Romano, animatrice del Progetto Policoro di Nola, si metteranno oggi in viaggio riportando a casa il tesoro condiviso a Trieste dai più di 1000 delegati provenienti da tutta Italia e le parole di incoraggianti del Santo padre.
Con loro, anche Nello Tuorto, il presidente di Finetica Onlus, associazione che a Trieste ha raccontato l'impegno sul territorio attraverso l'esperienza dell'Albergo Libera Gioventù, realizzato in un bene confiscato alla camorra: l'opera è un progetto segno del Policoro diocesano.
Papa Francesco: " Siate artigiani di democrazia e testimoni di partecipazione"
"La crisi della democrazia è come un cuore ferito. Ciò che limita la partecipazione è sotto i nostri occhi. Se la corruzione e l’illegalità mostrano un cuore “infartuato”, devono preoccupare anche le diverse forme di esclusione sociale. Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani. Il potere diventa autoreferenziale, incapace di ascolto e di servizio alle persone", ha detto il Papa, giunto a Trieste in questa giornata conclusiva. "Se il processo sinodale ci ha allenati al discernimento comunitario, l’orizzonte del Giubileo ci veda attivi, pellegrini di speranza, per l’Italia di domani. Da discepoli del Risorto, non smettiamo mai di alimentare la fiducia, certi che il tempo è superiore allo spazio e che avviare processi è più saggio di occupare spazi. Questo è il ruolo della Chiesa: coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente ma non si costruisce il futuro, Vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione", ha concluso il Santo Padre.
I primi frutti della Settimana Sociale di Trieste
L'esperienza triestina porterà di sicuro grandi frutti, dato il grande entusiasmo che l'organizzazione 'a misura di tutti' ha saputo suscitare, sottolinea al telefono la delegata Giuseppina Orefice: "Siamo stati accolti bene dalla città! Tanti i volontari posti nei punti nevralgici per supportare i delegati negli spostamenti. Una grande macchina organizzativa ha costituito un’impalcatura efficace per rendere la partecipazione allargata: gli stand delle buone prassi collocati in vari punti della città e le piazze tematiche hanno coinvolto non solo i delegati e gli espositori ma la città di Trieste. La presenza delle forze dell’ordine ha contribuito a meglio gestire un così grande numero di partecipanti. Anche gli spettacoli che hanno animato le piazze in serata hanno offerto altrettanti spunti di riflessione attraverso l’arte: la musica, la drammatizzazione".
"Il tema centrale della 50esima edizione delle Settimane Sociali dei Cattolici ci invita a esplorare come la partecipazione attiva e il senso di comunità possono rafforzare la nostra democrazia. La partecipazione non è uno strumento della democrazia ma il fine verso il quale essa tende - ha aggiunto la delegata Rita Romano - Relazioni, reciprocità, sogni e aspirazioni. Questo quanto emerso nei 44 laboratori condotti secondo il metodo Giovanni Grandi: ascoltare, condividere, orientarsi. Con l’utilizzo della web app, lavorando in circle e in triade, il confronto tra i delegati supportati dal facilitatore è stato fluido, sintetico e costruttivo. È emersa la necessità di una nuova grammatica della collaborazione per costruire la democrazia del “noi”. Il lavorare con e in relazione agli altri deve tornare ad essere una priorità, con il desiderio di produrre da una visione plurale nuovi immaginari - ha continuato Romano -. Se vogliamo andare al cuore della democrazia, dobbiamo avere la democrazia nel cuore. Così ha sottolineato nel suo intervento Michele Nicoletti. Il compito per fare in modo che tutti prendano parte alla vita della società e delle istituzioni non si esaurisce mai. La democrazia è un esercizio dal basso, legato alla vita della comunità, perché la democrazia significa camminare insieme".
A casa, conclude Orefice, "porteremo l'apertura verso una sana condivisione e di ascolto, maggiore capacità di visione critica per comprendere l’oggi, valorizzare il soggetto (colui che conta) e non l'individuo (entità numerica). La domanda del nostro tempo è il riconoscimento, abbiamo bisogno che l'altro ci dica continuamente chi siamo e se siamo riconosciuti. Non si può essere felici da soli, il nostro benessere è necessariamente interdipendente dagli altri. L'economia civile è uno sguardo che si ha sulla dimensione dell'agire economico. É anche una storia, una disciplina. È la scienza della pubblica felicità. C'è anche la capacità di donare, c'è la gratuità, c'è la reciprocità. L’impotortanza di costruire reti territoriali, tessere relazioni autentiche non strumentali ma umane e continuative, lavorare insieme come il sinodo ci chiede e senza sbarramenti generazionali".