Oggi, giovedì 11 luglio, si celebra la memoria di San Benedetto da Norcia, padre del monachesimo occidentale, proclamato patrono d'Europa nel 1964 da Paolo VI.
La vita e la memoria di San Benedetto da Norcia
San Benedetto è nato a Norcia intorno al 480 d. C. da una famiglia romana agiata. La fonte storica che ha riportato le notizie sulla vita del Santo è San Gregorio Magno, autore del libro "Dialoghi". Da giovanissimo il Santo di Norcia viene mandato dai genitori a Roma per studiare. Tuttavia, Benedetto decise, dopo poco, di dirigersi verso la località di Enfide (suo monti ad est di Roma), dove visse per tre anni come eremita in una grotta, per poi spostarsi a Subiaco. L'addio alla città di Roma, secondo San Gregorio Magno, fu dettato dal suo disgusto verso il modo dissoluto in cui vivevano i suoi compagni di studi: «Soli Deo placere desiderans», ossia «voleva piacere solo a Dio», scrive San Gregorio.
Nell'anno 529, un'altra tappa importante per San Benedetto fu Montecassino, dove fece costruire una grande abbazia con stalle, biblioteca, infermeria, celle per i monaci e per i pellegrini. Nei secoli a seguire, in Europa, i conventi benedettini si moltiplicano e diventano importanti centri di cultura e di lavoro. San Benedetto, morì a Montecassino il 21 Marzo dell’anno 547, quaranta giorni dopo la scomparsa di sua sorella Scolastica con la quale ebbe comune sepoltura. San Gregorio Magno scrisse che spirò in piedi, con le braccia sollevate in preghiera verso il cielo.
La Regola di San Benedetto: preghiera e lavoro
Presso l'abbazia di Montecassino, San Benedetto scrisse la sua famosa Regola fondata su due cardini: «Ora et labora», ossia «prega e lavora». «L’ozio – scrive San Benedetto nella Regola – è nemico dell’anima; è per questo che i fratelli devono, in determinate ore, dedicarsi al lavoro manuale, in altre invece, alla lettura dei libri contenenti la parola di Dio».
Gli scritti di San Benedetto non sono rivolti solo ai monaci ma anche a tutti quelli che desiderano mettersi in cammino nel nome della fede. «Il Signore – ricorda ancora San Benedetto - attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti».
Questo il testo tratto dalla Regola che oggi è proposto dall'Ufficio delle Letture della Liturgia delle Ore: «Prima di ogni altra cosa devi chiedere a Dio con insistenti preghiere che egli voglia condurre a termine le opere di bene da te incominciate, perché non debba rattristarsi delle nostre cattive azioni dopo che si è degnato di chiamarci ad essere suoi figli. In cambio dei suoi doni, gli dobbiamo obbedienza continua. Se non faremo così, egli, come padre sdegnato, sarà costretto a diseredare un giorno i suoi figli e, come signore tremendo, irritato per le nostre colpe, condannerà alla pena eterna quei malvagi che non l’hanno voluto seguire alla gloria.
Destiamoci, dunque, una buona volta al richiamo della Scrittura che dice: È tempo ormai di levarci dal sonno (cfr. Rm 13, 11). Apriamo gli occhi alla luce divina, ascoltiamo attentamente la voce ammonitrice che Dio ci rivolge ogni giorno: «Oggi se udite la sua voce non indurite i vostri cuori» (Sal 94, 8). E ancora: «Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese» (Ap 2, 7).
E che cosa dice? Venite, figli, ascoltate, vi insegnerò il timore del Signore. Camminate mentre avete la luce della vita, perché non vi sorprendano le tenebre della morte (cfr. Gv 12, 35).
Il Signore cerca nella moltitudine del popolo il suo operaio e dice: C’è qualcuno che desidera la vita e brama trascorrere giorni felici? (cfr. Sal 33, 13). Se tu all’udire queste parole rispondi: Io lo voglio! Iddio ti dice: Se vuoi possedere la vera e perpetua vita, preserva la lingua dal male e le tue labbra non pronunzino menzogna: fuggi il male e fa’ il bene: cerca la pace e seguila (cfr. Sal 33, 14-15). E se farete questo, i miei occhi saranno sopra di voi e le mie orecchie saranno attente alle vostre preghiere: prima ancora che mi invochiate dirò: Eccomi.
Che cosa vi è di più dolce, carissimi fratelli, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, poiché ci ama, ci mostra il cammino della vita.
Perciò, cinti i fianchi di fede e della pratica di opere buone, con la guida del vangelo, inoltriamoci nelle sue vie, per meritare di vedere nel suo regno colui che ci ha chiamati. Ma se vogliamo abitare nei padiglioni del suo regno, persuadiamoci che non ci potremo arrivare, se non affrettandoci con le buone opere.
Come vi è uno zelo cattivo e amaro che allontana da Dio e conduce all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. In questo zelo i monaci devono esercitarsi con amore vivissimo; e perciò si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza le infermità fisiche e morali degli altri, si prestino a gara obbedienza reciproca. Nessuno cerchi il proprio utile, ma piuttosto quello degli altri, amino i fratelli con puro affetto, temano Dio, vogliano bene al proprio abate con sincera e umile carità.
Nulla assolutamente anteponiamo a Cristo e così egli, in compenso, ci condurrà tutti alla vita eterna».