Lo scorso 3 dicembre, presso il Seminario vescovile di Nola, l'abate Donato Ogliari osb ha guidato la meditazione durante il ritiro d'Avvento del presbiterio nolano. «La parola fatta carne», il titolo della sua mediatazione: «La Parola di Dio abbreviata in Cristo Gesù, “Parola-fatta-carne”, è la Parola definitiva di Dio» ha esordito l'abate, invitando i presenti ad accostarsi, seppur balbettando, allo “spazio” dell’Incarnazione nel quale il Verbo di Dio si è abbreviato», per contemplarlo «partendo dalla costatazione di un Dio infinitamente grande e onnipotente che si lascia rinchiudere nella finitudine della nostra carne mortale, pur di venirci incontro e poterci raggiungere con la forza luminosa, redentrice e salvatrice del suo Amore».
Mosè, Maria e l'inno della Lettera ai Filippesi di san Paolo
Tre i brani scritturistici ai quali l'abate ha fatto riferimento durante la meditazione: Es 25,22, relativo alla costruzione dell'Arca dell'Alleanza da parte di Moseè; Lc 1,26-33, che narra l'annuncio dell'arcangelo Gabriele a Maria, e Fil 2,6-8 che contiene l'Inno cristologico della Lettera ai Filippesi. I passi citati hanno delineato l'orizzonte per approfondire «due attitudini che ci aiutano ad affacciarci sul mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio e a contemplarlo: l’umiltà e il silenzio, viste nella prospettiva del Verbo di Dio, della Vergine Maria, e di noi stessi», ha continuato l'abate Ogliari.
«Per descrivere il cammino di umiltà - ha sottolineato l'abate - san Benedetto ricorre alla famosa immagine della “scala” che congiunge la terra al cielo, e che Giacobbe aveva visto in sogno (cf. Gn 28,12-13; Regola di Benedetto 7). Con questa immagine egli vuol farci comprendere che la vita dell’uomo non è una condizione, ma una via che percorriamo, una via che coinvolge la nostra umanità con tutte le sue aspirazioni. È al cuore di questa nostra umanità che l’umiltà si costruisce la sua casa, dentro la concretezza di questa nostra vita in cammino, e alla luce dell’Amore che scaccia il timore (cf. RB 7,67; 1Gv 4,18). È alla luce di questo amore, infatti, che Dio e i fratelli attendono di essere cercati, riconosciuti, amati e serviti, ad imitazione di Gesù che è venuto «non per essere servito, ma per servire» e che ci ha offerto l’esempio di come darci e spenderci per i fratelli».
Nel cammino è importante riconoscere, per questo, ha aggiunto Ogliari, l’essenziale relazione che il silenzio intrattiene con la Parola di Dio: «Proprio perché nella Parola di Dio sentiamo palpitare il suo cuore, è fondamentale che ogni giorno ci ri-affidiamo a essa con fiducia, per ritrovare, ogni volta daccapo, le ragioni dell’Amore umile e silente, quell’Amore che è la fonte inesauribile da cui la nostra sequela di Gesù trae forza, luce, bellezza, gioia».
E alla gioia, il predicatore, ha dedicato la conclusione della sua meditazione: «Desidero far mie le parole dell’apostolo Paolo che sentiremo risuonare nella liturgia della III Domenica di Avvento, la cosiddetta “Domenica Gaudete”, parole che trasformo in augurio per tutti noi: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4). Una tale esortazione potrebbe sembrarci un’utopia. Lo stesso Paolo sente la necessità di ripeterla come se – nello scrivere – intuisse l’obiezione che gli sarebbe stata fatta: Come è possibile essere sempre nella gioia? E tuttavia – poiché si tratta di una gioia che non dipende da circostanze esterne propizie, ma che è radicata nel Signore, non siamo noi – in ultima analisi – a renderla possibile e a determinarla, ma il Signore stesso. La gioia cristiana, frutto dello Spirito (cf. Gal 5,22), è, infatti, una gioia limpida, radicata nel profondo del cuore, una gioia che non si corrompe e che arriva ad esprimere un’armonia raggiunta di vita perché – anche nelle contrarietà – essa dischiude quel senso di sicurezza che proviene dal sapersi saldamente appoggiati sulla roccia che è Cristo, nostro Signore, nostro fratello, nostro amico, nostro tutto».