Il Concilio Vaticano II si apriva a Roma l'11 ottobre di 62 anni fa. L'avvenimento ecumenico fu fortemente voluto da papa Giovanni XXIII - di cui oggi ricorre la memoria liturgica - che convocò i vescovi di tutto il mondo «per indagare più accuratamente e ampiamente», disse il Santo Padre nel discorso di apertura, quale fosse «la condizione della fede, della pratica religiosa, dell'incidenza della comunità cristiana e soprattutto cattolica».
Adolfo Binni: il vescovo nolano del Concilio
Il vescovo di Nola che prese parte al Concilio Vaticano è stato monsignor Adolfo Binni, alla guida della Chiesa nolana dal 1952 al 1971.
«Vari segnali mostrano, nei suoi interventi e iniziative, una sensibilità già incline alle novità del Concilio - ha scritto Mariella Vitale su inDialogo del 23 ottobre 2022 -. Il primo annuncio dell’assise compare nei bollettini diocesani già col primo numero del 1959 e vi ritorna a più riprese, riportandovi svariati documenti. Vi sono inoltre numerosi articoli pubblicati per tutti gli anni ’60, a cura di vari autori su La Campana, periodico diocesano da lui promosso. Non pare condividere con i settori più tradizionalisti l’auspicio di un Concilio che rinnovi la condanna del comunismo, in cui pure vede un pericolo sempre incombente. Piuttosto sembra condividere con papa Roncalli l’auspicio di un profondo rinnovamento spirituale. Il sincero apprezzamento dell’impegno appassionato del Papa nella gestione del Concilio e del pontificato stesso oltre che dalla sua amabilità, è espresso da Binni con accenti sentiti ed espliciti. Chiuso il Concilio, ne accoglie i frutti - ha scritto ancora Vitale - . All’inizio del ’66, a Ottaviano, concelebra una Messa con i parroci del luogo alla presenza dell’Archimandrita greco-ortodosso di Napoli, Gennadios Zervos, al termine della quale abbraccia l’Archimandrita, nell’applauso commosso dei presenti. Nello stesso anno promulga il decreto vescovile per l’istituzione della Commissione pastorale diocesana, a norma del decreto conciliare Christus Dominus, e i decreti vescovili per la istituzione del Consiglio presbiterale e del Collegio dei vicari foranei con la ratifica delle nomine della Commissione pastorale diocesana e l’Istituzione della Cassa comune del clero diocesano».
Nel 1968 Binni, rispetto alle turbolenze di quell’anno, commenta con fiducia non comune: «Il Concilio Vaticano Secondo – si legge nel Bollettino diocesano del novembre di quell’anno - mostrò fin dalle prime assemblee quanto profondo fosse il desiderio e quanto slancio apostolico è nascosto nel grembo della Santa Chiesa […]. E anche questo tormento post conciliare, nel quale il superficiale vede soltanto la scompostezza di alcune resistenze, è lì a testimoniare che meravigliose energie sono già in fermento per un riassetto globale in Cristo Signore. L’odierno travaglio, le intemperanze sconvolgenti, le forti resistenze, le prove e riprove delle arti e della meccanica, formano un groviglio di idee deliranti che vanno però ricomponendosi, sia pure con lentezza, come avviene per ogni conquista morale, in armonia di pensiero, di indagine, in serietà di lavoro, che fanno prevedere non lontano il ‘giorno del Signore’. L’altissimo insegnamento di Paolo VI, così preciso, congruente, ammonitore è garanzia di successo».
Un’offerta a Maria in un tempo provvidenziale
Il Concilio iniziò nel segno di Maria. Nel 1962, infatti, la Festa liturgica della divina maternità di Maria si celebrava ancora l’11 ottobre. Alla Vergine papa Giovanni XXIII affidò, nel suo discorso di apertura dell’ecumenica assemblea, l’«esito felice, fausto, propizio» del Vaticano II.
Lo stesso aveva fatto pochi mesi prima, dalle pagine del giornale diocesano di allora «La Campana», il vescovo di Nola, Adolfo Binni, annunciando la realizzazione di una corona d’oro per l’immagine della Madonna Liberatrice dai Flagelli di Boscoreale, alla quale il vescovo era particolarmente devoto. Lo scritto di Binni risale al 20 giugno 1962, il Concilio si sarebbe aperto pochi mesi dopo. «E non vi sembra provvidenziale – scriveva il vescovo – il tempo scelto per la raccolta dei grammi d’oro che abile mano d’artista trasformerà in ramoscello di rose e di olivo da porre sul capo della Celeste Regina? Questo è l’anno del Concilio Vaticano II...La nostra offerta così – che chiameremo la corona del Concilio – avrà valore di impetrazione e di ringraziamento per l’assistenza che la Regina degli apostoli donerà alla Chiesa Docente». L’intera diocesi fu coinvolta nella raccolta di offerte per la corona, anzi per le due corone: quella della Vergine e quella del Bambino Gesù che l’accompagna. Il 26 maggio 1965, pochi mesi prima della chiusura del Concilio, il vescovo Binni guidò un grande pellegrinaggio diocesano a Roma per la benedizione papale delle due corone. Il 29 maggio, il quadro fu portato in processione nel Duomo di Nola, dove si tenne una veglia notturna conclusasi con una celebrazione eucaristica celebrata a mezzanotte. L’incoronazione avvenne il 30 maggio, a piazza Duomo, alla presenza di tutti i vescovi e arcivescovi della Campania.
Così don Prezioso De Giulio raccontava le giornate romane concialiari
Quando l’11 ottobre 1962, papa Giovanni XXIII aprì il Concilio Vaticano II, monsignor Prezioso De Giulio era a Roma. Aveva 32 anni, da nove era prete. Tornato alla Casa del Padre lo scorso 20 agosto, così raccontava le giornate romane concialiari a inDialogo (23 ottobre 2022): «In quegli anni ero segretario personale del vescovo di Nola, Adolfo Binni. Date le difficoltà visive che questi aveva, chiese alla segreteria del Concilio che potessi accompagnarlo. Entravo nella Basilica con lui, lo accompagnavo fino al posto assegnatogli e ritornavo per aiutarlo a scendere le gradinate costruite per accogliere i tanti vescovi da tutto il mondo. E poi lo aiutavo anche a leggere le bozze. Dopo aver giurato riservatezza, gli leggevo quanto inviato dalla segreteria del Concilio e lui mi dettava le osservazioni che avrebbe restituito. Fu un’esperienza straordinaria».
Brillavano gli occhi a monsignor De Giulio mentre ricordava quegli anni, mentre provava a restituire anche il clima di quei giorni a Roma: «C’era un certo spaesamento. Tutti i vescovi erano alla ‘prima esperienza’ conciliare. Anche questo aspetto però contribuiva a rinsaldare la comunione, a far sì che ogni vescovo chiedesse aiuto agli altri. Era bello vedere il bisogno che avevano l’uno dell’altro. Così come resta indimenticabile il corteo iniziale che attraversò piazza San Pietro». Uno ‘spettacolo’ cui era difficile rinunciare: «Qualche volta lo confesso, mi sono nascosto sotto gli spalti, disubbidendo all’invito a lasciare la Basilica, rivolto dal segretario generale Pericle Felice a chi non fosse deputato a partecipare. Restavo un po’ lì ad ascoltare il dibattito, in latino. Ma anche a respirare la presenza dello Spirito che si sentiva con forza».
Quasi ogni settimana poi, Binni e De Giulio ritornavano a Nola. «E il vescovo - ricordava monsignor De Giulio - raccontava ai seminaristi e ai laici impegnati, come i dirigenti di Azione cattolica, il clima che si respirava a Roma. Anche a Nola, infatti, c’erano attese per quanto sarebbe venuto fuori dal Concilio. In particolare - aggiungeva - ricordo l’entusiasmo dei laici. Sia durante il Concilio che nei primi anni dopo la chiusura. Grande fu la gioia, ad esempio, per la costituzione del primo consiglio pastorale diocesano. Né minore gioia ci fu per le nuove norme liturgiche e l’apertura all’uso dell’italiano nella celebrazione eucaristica. C’era la percezione che il Concilio stava dando impulso alla partecipazione del popolo di Dio, lo rendeva più consapevole e corresponsabile. Quell’entusiasmo - concludeva De Giulio - si è un po’ perso. Andrebbe ritrovato. E il Cammino sinodale può aiutarci».
Maria Rosaria Del Genio: «Ricordo l’euforia di noi giovani per quell’evento»
Sfogliando le pagine del Bollettino della diocesi di Nola del 1967, il nome della studiosa di storia della mistica, Maria Rosaria Del Genio, compare - aveva 26 anni ed era socia dell'Azione cattolica - nell’elenco dei membri del primo Consiglio pastorale diocesano, tra gli organismi frutto del Concilio Vaticano II pensati, scriveva il vescovo di allora monsignor Binni, perché aiutino a conoscere meglio «i bisogni reali dei fedeli» e «si pratichino i doveri della vita cristiana».
«Ricordo oggi con commozione quella nomina sia perché mi rivedo giovanissima e mingherlina tra tante persone importanti e poi perché oggi ne colgo tutta la valenza personale. Allora ero ed eravamo tutti entusiasti, perciò quando veniva pubblicato un documento subito lo studiavamo con l’aiuto di teologi e sociologi e poi lo diffondevamo. Facevamo proprio da cerniera tra il popolo di Dio e la Chiesa, come sottolinea monsignor Binni. Era certamente un momento di euforia per i più giovani e spesso motivo di preoccupazione per i più anziani, ma si coglieva in tutti il desiderio di rispondere allo Spirito che vibrava nelle situazioni della Chiesa e del mondo», raccontava Del Genio a inDialogo nell'ottobre del 2022.
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