Domani, 19 gennaio alle 19:30, presso la Comunità Missionaria di Villaregia di Piazzolla di Nola, avrà luogo una testimonianza di riconciliazione, organizzata dall'associazione in collaborazione con l'Ufficio di Pastorale carceraria di Napoli. I testimoni saranno Claudia Francardi e Irene Sisi, rispettivamente vedova del carabiniere Antonio Santarelli, ucciso in servizio a Grosseto, nel 2011, e madre del ragazzo che si è macchiato del delitto di Santarelli, Gorelli Matteo, attualmente recluso nel carcere di Bollate (MI).
L'incontro presso la Comunità Missionaria di Villaregia
L’incontro si terrà a Piazzolla di Nola, presso la Masseria de Siervo, dove è situata la Comunità Missionaria di Villaregia (Via de Siervo 1). L'appuntamento, dal titolo «Dal buio del dolore alla luce del perdono», sarà un momento anche per rendere «omaggio ad Antonio, caduto nel compimento del proprio dovere e stare vicini alla vedova che ha vissuto con coraggio questo distacco, crescendo da sola il figlio allora adolescente, Nicolò. Nel contempo sentiamo di stare vicini anche alla mamma di Matteo Gorelli, che all’epoca dei fatti aveva 18 anni», fanno sapere i missionari di Villaregia.
La serata si aprirà con la presentazione del responsabile della Pastorale carceraria di Napoli, don Franco Esposito. Seguiranno gli interventi delle due ospiti, Irene Sisi e Claudia Francardi.
La storia di cronaca di Antonio e Matteo
Matteo Gorelli, originario di Cerreto Guidi (Firenze), nella notte del 25 aprile 2011, di ritorno da un rave party vicino a Grosseto, aggredì due carabinieri che lo fermarono per un controllo. L’appuntato Antonio Santarelli morì un anno dopo per le lesioni riportate, il carabiniere scelto Domenico Marino perse un occhio. Gorelli fu condannato, inizialmente, all'ergastolo per poi vedere la pena ridotta a 20 anni.
Gorelli, durante la sua permanenza nel carcere di Bollate, ha conseguito la laurea, con 110 e lode, in Pedagogia all'Università di Milano-Bicocca. Grazie alla onlus Kayros, una comunità per ragazzi difficili, è diventato un educatore. «Cosa vuol dire per me rinascita? Rompere la catena del male, io purtroppo per romperla sono passato attraverso un gesto di violenza che ha comportato una condanna molto lunga. Ma questo ha portato a una rivoluzione per me e la mia famiglia. Dentro di me ho nutrito il sentimento di voler in qualche modo aiutare chi non aveva aiutato me da piccolo», spiega Gorelli, oggi 32enne, in un video pubblicato dalla onlus Kayros sul proprio sito.
«Sono arrivato in Kayros dopo una lunga trafila, ho studiato per 5 anni e mi sono laureato alla Bicocca con l'avallo dei giudici e degli educatori del carcere - racconta ancora nel video Gorelli -. Dopo la laurea mi è stata negata la possibilità di fare il lavoro per il quale avevo studiato. Ho scritto un'impugnazione di dieci pagine e il tribunale mi ha dato ragione contro il parere del giudice. Adesso sto realizzando il mio sogno».