Pittore, scultore, designer, poeta, Prisco De Vivo conduce la sua ricerca artistica in continuo dialogo con l'elemento della 'luce', costante presenza nelle sue opere, caratterizzate, solitamente, dalla spiccata presenza di cromie dorate e bianche. Tratto, quest'ultimo, che ritroviamo anche nella sua ultima opera, "Facies Panis", fino a pochi giorni fa esposta alla Basiliche Paleocristiane di Cimitile nell'ambito della sedicesima edizione del “Maggio dell’Architettura”.
Un'installazione "essenziale": attraverso tre segni, De Vivo ha provato ad invitare i visitatori a misurarsi con il mistero dell'Eucaristia. Un pane dorato, che richiama la vita eterna; un lenzuolo, come quello sindonico, segnato da una croce azzurra, a richiamare il divino; un volto, con i tratti tradizionalmente attribuiti a Gesù, contornato da un'aureola che richiama, nel colore, il 'pane' poco distante.
De Vivo: «È un'opera generata dalla fede»
De Vivo, come nasce questa sua nuova opera?
Nasce dall’amore che ho per Nostro Signore Gesù Cristo, "l’alfa e l’omega”, “il nostro futuro”, come spesso sottolinea il cardinale Angelo Comastri nelle sue omelie. Nella fattispecie, in questa installazione, presso la tomba di San Felice nel Complesso Basilicale Paleocristiano di Cimitile, ciò che mi premeva era confrontare il Pane eucaristico - il cibo della nostra salvezza – con il Volto di Cristo, tra pittura e scultura: pane aureo che splende per gli uomini di ogni generazione, di oggi come di ieri.
La sua installazione si caratterizza anche per un dialogo tra arte contemporanea e antica. Come ha portato avanti questo confronto? E quali tracce ha lasciato nella sua persona e nel suo pensiero artistico?
Nel passato l’arte antica sapeva essere “spirituale”, se pensiamo all’arte sacra antica, ai Bizantini, a Cimabue, oppure ai pittori di icone russe come il grande Andrej Rublëv: a tali esempi luminosi amo guardare quando produco e rifletto sulla mia prassi di artista. E la mia è anch’essa, a suo modo, opera di “rivelazione” del sacro nell’arte contemporanea, tra i colori, ad esempio, ne sono una cifra significativa - quanto constante - l’oro e il celeste che sto impiegando da qualche tempo per esprimere il mio concetto di “chiarità dell’anima”: l’anima umana è fatta a immagine e somiglianza di quella divina, non dimentichiamocelo mai.
I luoghi della sua installazione sono legati alla figura di San Paolino di Nola. La storia di questo santo vescovo ha contribuito alla realizzazione di “Facies Panis”?
Sicuramente. San Paolino è un punto di riferimento imprescindibile. Nel santo vescovo di Nola c’è la bellezza della vocazione profonda, l’attenzione verso gli ultimi, il profondo sentimento della carità cristiana: la fede è davvero il mistero più grande che si pone all’attenzione e alla sensibilità dell’uomo per Paolino, che è stato anche un fine poeta. La sua lezione di umiltà è viatico per chi ricerca la volontà di Dio: una ricerca oggi più che mai necessaria per il nostro tempo.
Chi è Prisco De Vivo
Nato a Napoli nel 1971, già all'inizio degli anni Novanta, De Vivo inizia la sua attività artistica. Nel 1998 comincia la sua collaborazione con la Galleria Mimmo Scognamiglio di Napoli, che presenta il suo lavoro, articolato in cicli, presso Arte Fiera di Bologna, Art-Cologne e Art-Brussels.
Ha esposto in Italia, Germania, Svizzera, Finlandia, Nizza, New York e Argentina, in gallerie private e in spazi pubblici. Le sue opere sono in importanti collezioni italiane ed estere; fra i tanti, hanno scritto di lui: Lorenzo Canova, Vitaldo Conte, Maurizio Cucchi, Michel Dansel, Alberto Dambruoso, Gillo Dorfles, Janus, Francesco Gallo Mazzeo, Rubina Giorgi, Gustav Krefeld, Wanda Marasco, Plinio Perilli, Gaetano Romano, Enzo Rega, Annibale Rainone, David Ross, Manlio Sgalambro, Leo Strozzieri, Massimo Sgroi.
Nel 2014 inaugura Lucis – Art Studio Gallery, a Quadrelle, all’interno del Parco Regionale del Partenio (Avellino), nel suggestivo territorio boschivo del torrente Vallelonga: studio e atelier, Lucis è anche luogo di contaminazione che germina suggestioni di realtà trascendenti per chiunque ne attraversi liberamente gli spazi, configurandosi come un vero e proprio laboratorio dell’evanescenza e della ricerca artistica contemporanea.