San Felice vescovo: alle origini della Chiesa di Nola

In vista delle prossima festa patronale, ripubblichiamo lo speciale dedicato da inDialogo a San Felice Vescovo, patrono della città e della diocesi di Nola

In vista del 15 novembre, solennità di San Felice vescovo e martire, patrono della città e della diocesi di Nola, la riproposta  dello speciale dedicato da inDialogo al santo protettore. Contiene contributi sulle origini del culto, sul miracolo della manna, sulla passio di San Felice, sulle origini della diocesi nolana, sulle indagini archeologiche dedicate alla cripta.

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In copertina è proposto il dipinto dedicato all'Apoteosi di San Felice, parte della straordinaria decorazione del soffitto della navata centrale della Cattedrale di Nola, dedicata ai protagonisti della storia diocesana.

Speciale San Felice Novembre 2013

Così descrive l'opera la storica dell'arte Luisa Panagrosso, nel suo contributo: 

«Il soffitto della navata centrale del Duomo di Nola, ricoperto da cassettoni in cartapesta che fingono il legno dorato, è decorato con opere plastiche e pittoriche che fanno riferimento ai principali protagonisti della millenaria storia della diocesi; senza dubbio, tra esse emerge, per il forte messaggio iconografico, il magnifico dipinto, ricoverato nell’alloggio centrale della volta, raffigurante l’Apoteosi di San Felice. L’opera, olio su tela, è divisa in due registri: in quello inferiore è rappresentato un episodio relativo alla morte di san Felice, in quello superiore è descritta l’assunzione del protovescovo nolano nella schiera dei santi.

Guardando il dipinto, in basso vediamo un fertile e dolce declivio, forse antica memoria della Campania felix, in cui si consuma, tra la commozione degli astanti e del pietoso sacerdote Elpidio, il rito straziante del compianto, e successivo seppellimento, del corpo martirizzato di Felice; quest’ultimo, di cui si intravede poco discosta la testa individuata da un’aureola, ancora grondante di sangue, è ricoperto da un umile lenzuolo bianco. Inoltre, probabilmente per sottolineare che l’evento si svolse in un’epoca ancora fortemente intrisa di paganesimo, sul margine sinistro della scena è raffigurato un tripode posto su un base quadrata, utilizzato per compiere sacrifici agli dei.

Alzando lo sguardo, in alto a sinistra, la mestizia lascia spazio ad un clima di giubilo: tra i bagliori di un cielo abbacinante, una fanfara festante di cherubini e tubicini scorta il santo vescovo,
sorretto da un carro di nubi e vestito del pallio e del pastorale, verso la luce dell’Eterno; e ormai, quando Felice è già stato sottratto al mondo dei morti e condotto nella sfera del divino, il dolore del martirio subìto è solo un ricordo, affidato ad una palma, orgogliosamente ostentata da un angelo.

L’autore del dipinto, realizzato nel primo decennio del secolo XX, è Salvatore Postiglione, pittore napoletano formatosi presso la scuola del celeberrimo Domenico Morelli, di cui seppe
riproporre la novità, rivoluzionaria per l’arte figurativa napoletana dell’epoca, della pittura “di macchia”».




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