a cura della comunità vocazionale
Tante volte siamo stati individualmente ad Assisi, ma questa volta – in cui ci siamo stati come comunità vocazionale, insieme a don Gennaro - il nostro rettore - dal 27 al 30 luglio – è stata diversa. Per tanti motivi.
Innanzitutto, per il difficile momento di pandemia che stiamo vivendo. Camminare per le strade sfollate, entrare nelle chiese e trovarle quasi vuote ci ha fatto un po’ male al cuore. Abbiamo sentito la grossa responsabilità di dover stare lì e pregare non soltanto per le persone che prima di partire ci avevano chiesto di pregare per loro, ma anche per tutti coloro che hanno a cuore Assisi e, purtroppo, in questo periodo ne sono lontani. Ma ciò ci ha anche dato modo di cogliere più profondamente la bellezza sempre disseminata da Dio nella natura più che mai eloquente, ora che non è coperta dalle nostre frenetiche attività, con i suoi suoni, colori e profumi – bellissime sono state le nostre trasferte a piedi all’Eremo delle carceri e alla Verna – oltre che nelle chiese invase dal silenzio: portiamo con noi l'immagine potente e suggestiva della Basilica Superiore, semideserta, con gli affreschi di Giotto invasi dalla luce: in questo modo ci è sembrata ancora più immensa e piena di pace, gravida di mistero e santità.
Poi, per il silenzio e l’ascolto. Ce ne siamo ritagliati diversi momenti. Alla Porziuncola, sulla tomba di Francesco, all’Eremo, alla Verna. Momenti di ascolto di sé, di Dio, di quella santità felice di Francesco di cui sono impregnati quei luoghi. Per riscoprire nel silenzio la disponibilità a Dio, il fascino di una vita bella spesa nel dono di sé, che l’esempio del Poverello di Assisi ci ha reso ancora più desiderabile. Pregare e ascoltare per capire in prospettiva quanto ancora dobbiamo camminare per assomigliare a Cristo, che abbiamo deciso di seguire e imitare, per essere – se Dio vorrà – preti non solo concentrati su ciò che ci circonda, ma anche aperti a ciò che ci trascende, per amare – vivendo e pregando – l’amore non amato di Dio e la Chiesa. Il tutto con l’umiltà, di cui il nostro cuore – ci ha ricordato don Gennaro sulla tomba di Francesco la mattina del 28 luglio – ha tanto bisogno per essere eco del cuore di Dio.
Ancora, per gli incontri, attraverso cui Dio ha sempre parlato ai nostri cuori. Innanzitutto, l’incontro con Francesco e Chiara. Abbiamo scoperto, infatti, un uomo e una donna capaci di essere attenti alla voce di Dio che parlava al loro cuore, lasciandosi trasportare da Lui – magari anche nel riannodare i fili di un’esistenza da ri-organizzare ogni volta –, perfino nell’esperienza della Passione. Un uomo e una donna, aperti all'imprevedibilità di Dio, appassionati della vita, che si sono lasciati amare e, perciò, sono stati capace di donarsi totalmente, imparando a mettersi da parte, facendo spazio all'A/altro, costruendo autentiche relazioni fondate sulla carità! Seguirne in questi giorni le orme è stato seguire delle orme molto più grandi, le orme del Maestro che ci ha invitato nuovamente a seguirLo nell'ascolto della Sua Parola e nel fare la volontà del Padre.
Poi, l'incontro con Carlo Acutis, prossimo beato, di cui abbiamo conosciuto la mamma. La signora Antonia ci ha dato una testimonianza appassionata della vita e della testimonianza del figlio. Attraverso di lei, Carlo ci ha invitato alla preghiera, all’ascolto della Parola e a tenere lontano dalla nostra vita il male: una vita sarà veramente bella solo se si arriverà ad amare Dio sopra ogni cosa, come amava ripetere spesso Carlo con il suo motto: Non io ma Dio.
Ultimo ma non ultimo l’incontro prima con Suor Rosaria Carpentieri, alcantarina figlia della nostra terra, che ci ha accolto all’arrivo alla Porziuncola e ci ha dato con una estrema sintesi una chiave di lettura della vita di Francesco e, poi, con monsignor Domenico Sorrentino, nostro condiocesano e vescovo di Assisi. La sua vivacità culturale, la sua passione pastorale e le sue intuizioni ecclesiali su Francesco – molto vicino, come ci ha confidato, al nostro amato Paolino – ci hanno portato al cuore della sua esperienza, racchiusa in nuce in quell’evento totalizzante e icastico che è stata la sua spogliazione, iniziata quel giorno nella piazza di Assisi davanti al vescovo Guido e finita nella totale nudità sulla nuda terra quel sabato dopo i vespri del 3 ottobre del 1226.
Infine, per la fraternità tra di noi. Qualcuno, commentando una nostra foto scattata durante la permanenza ad Assisi e pubblicata sui nostri social, ci ha fatto notare che siamo in dodici, come i discepoli e come i primi compagni di Francesco. Questo particolare, forse a volte sfuggitoci, a dire il vero ci è piaciuto non poco, anche perché uno dei doni più preziosi che portiamo con noi da questi giorni – vissuti insieme tra preghiera, chiacchierate, confronti e tavola – è proprio quello di esserci riscoperti fratelli e amici in cammino verso una meta comune. A noi spetta coltivarlo, anche perché questo dono è quello che il nostro vescovo Francesco, che abbiamo incontrato al rientro, ci ha dato come compito e missione per il futuro: «Amatevi, vogliatevi bene, siate un domani un clero unito, una Chiesa unita… perché questo tiene lontano il male». E allora vogliamo continuare a così, imparando da Francesco proprio la profezia e la sfida della fraternità e la gioia dell’essere Chiesa.