«La comunità interparrocchiale di Brusciano ha sentito l’esigenza di ripensarsi. L’emergenza sanitaria in corso ha inciso sui modi di vivere la comunità – il relazionarsi, l’abbracciarsi, lo stare a stretto contatto. Durante la quarantena sono stati minati alla base gli elementi di coesione parrocchiale». Così don Salvatore Purcaro, guida della chiesa bruscianese, descrive l’impatto della pandemia sulla parrocchia, anzi sulle tre parrocchie. Ma aggiunge anche che il periodo pandemico è stato anche una cartina di tornasole, facendo emergere più chiaramente diverse problematiche. «L’emergenza covid-19 – riprende – ha sottolineato le differenze interne del paese. A Brusciano sono presenti tre anime diverse verso cui si è svolta l’attività pastorale: la dimensione del centro storico (parrocchia di Santa Maria delle Grazie) abitato prettamente dagli anziani; la realtà composta da famiglie giovani e di coppie recentemente trasferitesi a Brusciano (parrocchia di San Sebastiano); e infine la terza zona legata a casi di precarietà e povertà (parrocchia di San Giovanni)». Senza dubbio, a seconda dei casi questa mission pastorale ha assunto caratteri propri. Per quanto riguarda gli anziani, don Salvatore ricorda che «per queste persone più a rischio il compito della comunità è stato conservare le relazioni con esse. Attraverso le telefonate dei ministri straordinari per l’eucaristia, abbiamo conservato la nostra vicinanza presso gli anziani».
Tale modalità di relazionarsi è stata attivata anche con i disabili. Lo testimonia Mafalda Ruggiero, ministro straordinario per l’eucaristia e responsabile Ualsi: «L’emergenza sanitaria – risponde Mafalda – è stata critica per gli ammalati anziani che visitavamo così come per i disabili che assistiamo. A causa della quarantena la telefonata è stata l’unica modalità per mantenere un contatto. Oggi, nonostante la fase di riapertura, riscontriamo la difficoltà di riprendere le attività ricreative, soprattutto quelle dedicate alle persone diversamente abili». Per Mafalda la ragione di questa difficoltà sta nella paura delle famiglie di esporre i propri disabili ai pericoli legati al coronavirus. «Ma già per esempio – riprende Mafalda – una diretta facebook, una videochiamata, è stata fondamentale per non far perdere loro la speranza e la gioia dell’incontro. Infatti, il 31 maggio scorso abbiamo organizzato un rosario comunitario, insieme ai gruppi Ualsi della Calabria che ci fanno compagnia solitamente nel ‘treno verso Lourdes’, dove i disabili si sono potuti incontrare e hanno potuto esprimere la loro gioia nel rivedersi. Quello che continuo a dire loro e alle loro famiglie: noi ci siamo, la nostra disponibilità per loro non ha limiti».
Ma anche sul fronte 'giovani' non è mancato il da farsi. «La parrocchia di San Sebastiano - spiega don Salvatore - rappresenta la realtà più giovane di Brusciano. In questo contesto la mission è stata quella di restituire speranza e coraggio alle numerose giovani coppie che da poco si sono trasferite. Durante la quarantena abbiamo deciso come comunità di accompagnare attraverso messaggi e dirette queste famiglie che hanno vissuto la sofferenza di una separazione forzata dalle famiglie di origine e che hanno bambini piccoli o figli giovani, molto sofferenti per lo stop delle attività». In merito, ricorda la Presidente dell’Azione cattolica bruscianese Bice Lanza: «L’Azione Cattolica ha svolto un ruolo fondamentale. Gli incontri Acr via web sono riusciti a venire incontro alle esigenze delle famiglie giovani con bambini piccoli, non facendo perdere loro questi momenti ricreativi e di svago. Ovviamente, queste modalità hanno comunque mostrato tutta la difficoltà dei genitori di non poter soddisfare i giusti bisogni dei bambini e dei giovani di voler uscire di casa». Ma l’Ac secondo la presidente Lanza è stata essenziale nell’evitare uno sfaldamento delle relazioni sociali. «I giovani e gli adulti – riprende – hanno trovato nelle modalità web di incontro un momento per non venire meno alle relazioni. Anche con una telefonata, magari con l’avviso ai ragazzi e agli adulti che c’era la riunione, non si sono sentiti soli. In questa fase di riapertura, poi, abbiamo deciso di riprendere gli incontri di formazione in presenza per i ragazzi, sospendendo però quelli per gli adulti. Comprendiamo che è necessaria la formazione associativa, ma capiamo che soprattutto gli adulti in ripresa con il lavoro hanno bisogno di tempo per rimettere insieme i cocci rotti dalla quarantena».
E poi la comunità ha dovuto affrontare povertà e precarietà. In particolare nella zona della parrocchia di San Giovanni, che serve «le case popolari della legge ‘219’. Lì le persone per lo più lavorano a nero ed a causa della quarantena non hanno potuto lavorare. Anche se da tempo avevamo interrotto il banco alimentare, in questo periodo il Centro di Ascolto della parrocchia di San Giovanni ha fornito assistenza alle famiglie di questa zona, mediante la distribuzione di pacchi alimentari e l’offerta di aiuti economici». Il ruolo svolto dal Centro di Ascolto è stato chiarito dalla referente Rosanna Travaglino: «Si può definire come un’esperienza inedita. La nostra attività, in tempi normali, era orientata a dare un indirizzo lavorativo alle numerose famiglie che vivono nelle ‘219’ di Brusciano, superando la vecchia modalità del banco alimentare. Ma durante questa emergenza, ci siamo sobbarcati di una fatica che solitamente non conoscevamo, come per esempio radunare le spese offerte dalla comunità e ridistribuirle ai vari richiedenti. Tre cose non ci sono mancate: la prudenza, la forza di volontà e la provvidenza.» Infatti, come Rosanna chiarisce, il contesto verso cui si è dispiegata la distribuzione dei pacchi alimentari è molto particolare. «Sebbene siamo partiti subito, circa qualche settimana dopo il lockdown, nei primi tempi abbiamo riscontrato la difficoltà di conoscere chi avesse reale bisogno della nostra assistenza. A questo fine, grazie anche all’aiuto del Comune di Brusciano, abbiamo avviato un cernita di coloro che avessero reale bisogno dei pacchi alimentari. In totale, la nostra assistenza si è rivolta a cinquecento soggetti, tra casi singoli e famiglie meno abbienti. Molti sono stati i casi, sottolineati anche dalla costante premura e attenzione di don Salvatore, di coloro che venivano a chiederci i pacchi alimentari, ma che non erano in condizione di necessità». Ma i volontari impiegati in quest'opera di assistenza, sostiene la Travaglino, hanno potuto sperimentare un legame nuovo. «Questa esperienza – che ha visto il coinvolgimento di tutti i gruppi parrocchiali bruscianesi – ha integrato davvero tutte le tre parrocchie in cui è divisa la Comunità di Brusciano. Sulla base di questo, abbiamo affrontato le diverse problematiche legate alla quarantena e alla fase di riapertura con uno spirito nuovo».
Sulla formazione di questo spirito nuovo ritorna anche don Salvatore: «Soprattutto le esperienze del quotidiano hanno permesso la nascita di questo nuovo legame di appartenenza. Oggi, durante questa fase di riapertura, dobbiamo fare i conti con la destabilizzazione provocata dal coronavirus. Dalle persone che ho ascoltato, la pandemia è avvertita con un sentimento di profonda incertezza. Non sappiamo quando finirà e dove questo virus colpirà. Pastoralmente, con la ripresa delle messe aperte ai fedeli, ho cercato di fare entrare le persone in un nuovo clima. Quindi ho puntato a ridurre i dispositivi previsti dal protocollo per la celebrazione delle messe allo stretto necessario, facendo leva sulla fiducia nelle persone. La Chiesa è la casa della comunità, in cui la fiducia reciproca è il collante necessario per superare questa fase destabilizzante. La nostra libertà garantisce quella altrui, e l'altro non è un pericolo, ma una persona che ha paura come noi. Davanti a questa realtà ci ha messo l'attuale pandemia. Su questo principio si potrebbe pensare di sviluppare un progetto culturale, un’umanità 2.0, capace di riorientare l’attuale sentimento di destabilizzazione ed incertezza vero un rinnovato sentimento di speranza e appartenenza».