«La chiesa è come la vecchia fontana del villaggio». Con queste parole San Giovanni XXIII solitamente definiva la fondamentale funzione di presidio della Carità svolta dalla Chiesa nella sua storia. Ma queste parole sono state riprese anche da don Aniello Tortora – vicario episcopale per la Carità e la Giustizia e parroco della chiesa Maria SS. Del Rosario di Pomigliano D’Arco – quando nell'intervista telefonica ha definito il ruolo svolto dalla parrocchia nei giorni pieni dell’emergenza da Covid-19. «Questa fontana vecchia – spiega Don Aniello - subito si è prestata nell’assistere tutti coloro che avessero bisogno d’aiuto. Anche grazie alla nostra lunga esperienza, la nostra parrocchia si è trovata pronta ed organizzata a gestire l’alta domanda di generi alimentari e non che ci è pervenuta nei primi tempi della quarantena». Infatti, nelle prime quattro settimane della quarantena la parrocchia del Rosario si è trovata esposta ad un’ingente richiesta di assistenza. «In totale, fino ad oggi, - precisa don Aniello - ci sono pervenute da più di 300 famiglie richieste di ogni tipo. Ovviamente la preoccupazione della nostra chiesa non si è limitata solo alla spesa alimentare, ma abbiamo cercato di far fronte anche alla richiesta di beni farmaceutici e per i neonati».
Ma questo fiume di carità non è stato incontrollato e gestito alla sprovvista. In merito, delle spiegazioni sono state offerte dal referente Caritas e vice-presidente regionale per i Vincenziani Antonio Palmese, membro del consiglio pastorale della parrocchia: «Abbiamo cercato di gestire la cifra esorbitante di richieste secondo criteri di prudenza e di buon senso – spiega –. Questo per vari motivi. Il più importante era quello di arrivare a rispondere correttamente a tutte le richieste di beni pervenutici, cercando di soddisfare anche le richieste che andavano oltre la spesa. Ma un altro motivo che ci ha spinto alla prudenza, vagliando attentamente le varie domande di assistenza, era quello di evitare che le risorse accumulate dalla parrocchia potessero andare in mani sbagliate, disperdendo così tanta carità raccolta». Effettivamente quello che la parrocchia del Rosario è riuscita a creare è stato un vero flusso di solidarietà tra persone costrette alla distanza. Questo ha premesso la formazione di un vero e forte abbraccio tra chi poteva offrire questa sorta di ‘risorse sospese’ e chi ne aveva bisogno. «Infatti – ribadisce Antonio Palmese – la risposta solidale della nostra comunità è stata molto forte, non solo per quanto riguarda i volontari (i quali però abbiamo dovuto limitare nel numero per evitare la possibile formazione di assembramenti), ma soprattutto relativamente alla concreta risposta di solidarietà. Siamo stati inondati di offerte. Anche il piccolo gesto di una signora anziana che dal suo carrello riponeva nel cesto delle offerte una bottiglia di olio, è stata un grande atto di amore».
Ma se questa è stata la risposta concreta per quanto riguarda i bisogni materiali, la parrocchia del Rosario non è venuta meno neanche sul fronte dell’esigenza spirituale. «Anche per quest’esigenza – riprende don Aniello – abbiamo voluto subito attrezzarci per venire incontro ai bisogni spirituali dei fedeli. Grazie al supporto di Pomigliano Live abbiamo trasmesso durante tutta la quaresima e ora nel periodo pasquale la messa domenicale in diretta live». In merito alcune osservazioni vengono date da Salvatore De Falco, direttore di Pomigliano Live (testata locale di informazioni): «Il servizio che offre la mia pagina di informazioni, cioè la diretta streaming delle messe domenicali, era rodato già da tempo per venire incontro al bisogno spirituale di tanti malati che non potevano assistere alla messa in presenza. A causa dell’emergenza, insieme a don Aniello abbiamo approntato queste modalità nuove per permettere a tutti di poter partecipare, anche se virtualmente, alla messa». Un risvolto interessante di queste modalità riguarda le sensazioni dei fedeli. «Il riscontro alle dirette della santa messa – riprende Salvatore De Falco – è stato positivo durante tutta l’emergenza. Le persone hanno interagito molto durante le dirette, con un amen, con alleluia o ripetendo semplicemente il verso di un salmo. Una faccia di questa medaglia è che tramite le dirette siamo arrivati a tutti». Ma se questo è l’aspetto positivo, ci sono anche altri risvolti. «La faccia scura della medaglia – sostiene Salvatore De Falco – riguarda l’assenza della comunità. Questa si percepisce molto, infatti durante tutta la trasmissione in streaming del triduo pasquale si respirava un’aria particolare. È ovvio che la messa è tale con la presenza dei fedeli. Come può arrivare l’odore dell’incenso oppure il profumo dei rapporti umani con una diretta streaming?».
È su questo fronte, sul vuoto di comunità generato dell’emergenza che si riscontrano le amarezze più profonde. Soprattutto uno dei più importanti presidii per le relazioni personali è stato intaccato dall’impossibilità dell’incontro de visu, ovvero l’Azione Cattolica. Quest’ultima, guidata dal presidente Fabio Coppola, ha cercato di approntare delle modalità per mantenere viva l’assistenza formativa, ma soprattutto i contatti umani. «Certamente quando tutto è iniziato – afferma Fabio Coppola – si è sentito un colpo al cuore. Il non poterci più vedere, incontrare e stare insieme ha fatto vivere dei momenti di confusione a noi associati». Ma la speranza non è andata persa. «Infatti – riprende Fabio Coppola – abbiamo cercato subito di rispondere alla situazione, senza cadere nella disperazione. Dopo qualche settimana dall’inizio dell’emergenza, quasi tutti i gruppi associativi hanno ripreso le riunioni con l’aiuto delle nuove tecnologie. Ma quello che più importa – sottolinea Fabio – è alimentare i rapporti umani. Ecco, dico sempre ai vice-presidente e ai consiglieri: non fissiamoci sul tema delle riunioni, tanto le ricupereremo dopo. L’importante è vedersi, scambiarsi qualche parola, mantenere i contatti anche con una video-chiamata. Penso sia questo il ruolo che l’Azione Cattolica può e deve svolgere in questo periodo: tutelare le relazioni e non far sentire nessuno da solo».
Ma l’assistenza è andata anche oltre le associazioni già da tempo attive in parrocchia. «Quello che ho avvertito subito – afferma don Aniello – è stato il bisogno di offrire un supporto paterno a tutti coloro che lo volessero, appartenenti e non alla comunità. Infatti, ho subito messo a disposizione il mio personale numero di telefono, al quale tutti possono chiamarmi. A volte le telefonate – riprende dopo un attimo di commozione – mi hanno fatto sentire il rumore delle lacrime, la profonda disperazione delle persone. Ma siamo qui per sostenerci, per non perdere la speranza». Però, i problemi e le preoccupazioni delle persone che ha assistito la parrocchia non si fermano all’oggi. «Come mi ha detto un disoccupato lavoratore a nero – racconta don Aniello – ‘quando ci sarà la ripresa economica, io verrò in parrocchia e aiuterò i più bisognosi’. Ecco, l’emergenza non finisce con i pacchi spesa di questi giorni. Io personalmente sono sempre stato in totale disaccordo con l’assistenzialismo che spesso è presente nelle nostre parrocchie. Questo è il momento storico della solidarietà in tutte le sue espressioni. Solo il lavoro dà dignità alla persona umana, non la carità. Già da ora bisogna pensare a tutti i livelli, anche e soprattutto politico, quali dovranno essere gli strumenti e i mezzi per evitare un crollo economico, sociale ed umano». Ma nonostante tutte queste preoccupazioni e paure conclude don Aniello che «questa vecchia fontana, come diceva San Giovanni XXIII, è pronta a dare ristoro e pace a tutti coloro che ne hanno bisogno. La quaresima passata e il periodo pasquale che stiamo vivendo, attraverso la mancanza di poter percepire e gustare la presenza fisica del Maestro, ci ha fatto riscoprire il profondo desiderio di Lui. Sia questo momento un insegnamento di sopportazione e di pazienza, ma anche di speranza e di attenzione al dopo. Tutto andrà bene perché Cristo è risorto veramente!».