a cura di don Salvatore Purcaro
docente di teologia morale
Non conosciamo fino in fondo i motivi per i quali la Santa Sede ha chiesto a Enzo Bianchi di lasciare la Comunità di Bose e sarebbe bene non scadere nella fantascienza dietrologica. Sappiamo però che ancora una volta oggi, come in questi cinquantacinque anni di vita, da questa comunità ecclesiale “alternativa” (ecumenica, mista, dialogica) ci arriva un nuovo stimolo a pensare la nostra presenza nella Chiesa e con la Chiesa.
Eravamo abituati negli ultimi anni, purtroppo, a vedere fondatori di comunità religiose rimossi per questioni di moralità, in questo caso si parla di questioni di autorità.
Ritorna la dialettica ecclesiologica tra “carisma” e “istituzione”, un tema antico, almeno quanto gli Atti degli Apostoli. Si tratta di comprendere che non é facile nella successione delle figure di governo/servizio ecclesiale custodire la fedeltà al carisma di “Apollo” e l’obbedienza alla guida di “Cefa” (Cfr. 1 Corinzi 1, 12). Spesso la paura di perdere il proprio carisma, o i propri pallini tematici, spinge a ripudiare l’autorità costituita per restare ancorati a quella figura che ci ha affezionati al carisma; alla nostra scelta di vita.
Se vogliamo essere realmente fedeli alla Chiesa cattolica, cioè universale e per questo compatibile con ogni carisma e sensibilità personale, è necessario da un lato seguire lo Spirito che dà continuità al carisma attraverso l’istituzione costituita, evitando schieramenti partigiani; dall’altro lato, dal versante di chi governa è sapienza non arroccarsi sul potere ricevuto dall’alto, ma mettersi a servizio del carisma in una continuità di successione, piuttosto che in una rigidità di ruolo istituzionale.
La storia della Chiesa custodisce questa dialettica teologica nell’alternanza tra fallimenti e ripensamenti. Mi piace ricordare quella continuità di carisma che San Paolo VI seppe raccogliere dall’intuizione del Concilio Vaticano II generata nel cuore pastorale di Giovanni XXIII. È innegabile che Papa Paolo, uomo vissuto per tutto il ministero sacerdotale a servizio della curia romana, seppe dare a quello che nelle intenzioni iniziali di Roncalli era poco più di un Sinodo per la Chiesa di Roma, un valore istituzionale superiore. Accade così quando ci si affida realmente allo Spirito Santo e in obbedienza a Cristo, non si vuole imporre una propria mentalità ma si è disposti a fare la Sua volontà. Paolo VI, rivestito di autorità, carico della responsabilità istituzionale, ma scevro da personalità attrattiva, ha saputo testimoniarci che quando si mette la propria vita a servizio del carisma dello Spirito si impara ad amare e a far amare di più la chiesa.
In foto: "Anello del Concilio", 6 dicembre 1965, offerto da Paolo VI ai Padri conciliari: Cristo, Pietro e Paolo sotto la Croce