La Campania è ancora lontana dalla sostenibilità economica, sociale e ambientale. E lo è il Paese, e non è solo in Europa. Il rapporto Asvis di dicembre, I territori e lo sviluppo sostenibile, che ha integrato quello pubblicato ad ottobre, pur evidenziando la scelta degli enti territoriali di assumere l’Agenda 2030 come riferimento strategico, fa emergere l’assenza di una strategia nazionale che possa consentire di invertire la rotta che vede l’Italia lontana da ben quattordici dei diciassette goal per la sostenibilità. La pandemia non ha certo favorito il cammino, anzi. Sono emerse ancor di più le diseguaglianze tra nord e sud del Paese, tra ricchi e poveri. E il dato sulle povertà deve allarmare: in regione, il 53,6% (dato 2018) della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, e le strategie di medio e lungo periodo non promettono diminuzioni. Non basta la buona volontà di associazioni ed enti assistenziali, non basta l’impegno di parrocchie e Caritas, anzi, è proprio la logica dell’assistenzialismo, dal pacco alimentare al bonus governativo, che va superata: l’emergenzialità deve restare tale, se la si assume come strumento principe nella lotta alla povertà, diventa un cancro diffuso capillarmente. Se un solo cittadino soffre, tutta la comunità ne soffre, anche se quella sofferenza non si vede, non è percepita, perché come il cancro, non fa rumore, almeno finché non esplode in tutta la sua violenza. La sostenibilità passa per la cura della fragilità. Il tempo di Natale che liturgicamente è in atto ci ricorda proprio questo, ci ricorda che Dio ha scelto la nostra fragilità perché il mondo potesse cambiare rotta. Ha inviato la sapienza del mondo a contemplare quella fragilità perché l’intelligenza potesse servire la vita e non la morte ricercata da Erode. Ha chiamato i pastori perché fosse evidente che la giustizia sociale aveva ben altre basi rispetto a quelle reddituali. Ha coinvolto nel suo ‘programma di rinascita’ una donna, perché il cambiamento fosse per tutti, senza schiavitù fondate sul genere. Ha scelto per sé un padre lavoratore e non un re, perché nell’impegno delle sue mani fosse evidente la dignità di ogni uomo, partecipe in quell’operatività della creatività divina. Nella fragilità di quel bambino scartato Dio ha disegnato la mappa per la felicità: per leggerla, gli occhi vi si devono posare. Su quella fragilità di duemilaventi anni fa attraverso le fragilità di oggi, scartate come quella. Scartate oggi, anche in questo Natale. ‘Scartate’, come i regali, ma mentre questi restano a riempire le nostre case nella loro oggettualità, quelle creano vuoto intorno a noi, vite ignorate, vite uccise nella loro oggettiva unicità.
La prima pagina di domani