Domani, in edicola e in parrocchia, il numero di ottobre di inDialogo, dorso regionale di Avvenire.
In anteprima, come sempre, l'editoriale. A cura di Mariangela Parisi.
Un dialogo mancato che oscura l’orizzonte. Il caos di questi ultimi giorni generato dall’impennata di contagi e dal timore – almeno al momento della stesura di questo editoriale – di un nuovo lockdown, mette questo in evidenza. Si poteva e si doveva dialogare di più per prevenire, e non è stato fatto. Con un doppio danno: prossimo, legato alle difficoltà serie, sul piano socioeconomico e sanitario, cui la nostra regione e Paese tutto andranno incontro; futuro, nella stroncatura di reali interventi di conversione dei sistemi di gestione dei vati settori del sistema–Paese. Eppure, si poteva – e ancora si dovrebbe – pensare e agire diversamente. Ce lo hanno dimostrato i giovanissimi del Movimento studenti di Azione cattolica: questo tempo è un tempo di sfide, di sfide possibili, ad iniziare dalla scuola, rispetto alla quale, nei mesi scorsi si poteva e doveva fare di più. Proprio in virtù di una priorità del diritto alla salute: ospedali e scuole andavano resi sicuri e pronti alla seconda ondata: non è stato fatto.
Certo, l’estate ha portato ad un abbassamento della vigilanza da parte dei cittadini, bisognava proteggersi ancora con le mascherine, che oggi contribuiscono ad arginare la carica virale del contagio: ma non possono essere i cittadini responsabili del mancato controllo del rispetto delle regole. Così come non si può non ascoltare la loro voce, espressa attraverso le tante associazioni che, da sempre, fanno da sentinelle di bene sul territorio, costruiscono ponti di dialogo con le istituzioni, operano in un’ottica non di vicinanza ma di prossimità. Sono loro la concreta possibilità per le istituzioni di avere il polso delle situazioni, sono loro a richiamare lo sguardo della Repubblica sulle realtà fragili dei territori, quelle che spesso non hanno voce. E sopperiscono, e pensano, progettano, sognano, danno speranza.
Diversamente abili, anziani, disoccupati, ammalati, poveri corrono sempre il rischio di divenire, in condizioni di stato d’emergenza, se già non lo sono, ancora più invisibili, di passare in secondo piano. Questo non può accadere e non deve accadere. Si ascolti quindi chi può dare loro voce, che poi è la voce delle famiglie italiane troppo spesso costrette a fare i salti mortali per garantire ad ogni proprio componente il diritto alla vita e al rispetto della stessa. Anche dalle famiglie, come dai circoli del Movimento studenti di Azione cattolica, viene fuori la testimonianza che è il che salva, riportandoci con la memoria all'ultimo Venerdì Santo, a quella piazza San Pietro vuota e bagnata dalla pioggia; ma ci riporta anche alle bare di Bergamo, a quel mancato dialogo che avrebbe forse aiutato a limitare il numero delle vittime.
Il virus ci ha messo a metri di distanza l'uno dall'altro, ma non ci ha reso invisibili l'uno all'altro; ci ha imposto le mascherine ma non ci ha tolto la parola; ci ha sfidato, ha sfidato la nostra capacità di dire ed essere , ma non ha ancora vinto, ce lo ricordano i ragazzi del Msac e ce lo ricorda il Forum delle Famiglie Campane che chiede alle istituzioni dialogo, confronto. Riprendiamoci il valore della parola, con le parole diamo un senso a questo tempo tragico, solo così potremo sottrarre al virus la penna con cui sta cercando di scrivere il futuro della nostra regione, del nostro Paese, dell'umanità. Come anche il vescovo Marino ricorda alla Chiesa di Nola nella sua prima lettera pastorale, questo è il tempo del dialogo, questo è il tempo dell'ascolto reciproco, questo è il tempo del 《noi》.